30° Convegno nazionale Cidi
le sintesi di venerdi 22 marzo

 
ore 9.30/13.30

La scuola e la "città"

Beatrice Mezzina, che presiede i lavori della mattina, chiarisce il senso della "città": non è semplicemente il territorio, in una accezione molto ristretta, bensì l'insieme delle molteplici relazioni con tutte le realtà con le quali le scuole possono/debbono utilmente interagire.

L'autonomia delle scuole nel nuovo ordinamento dello Stato - Alessandro Pizzorusso
Le modifiche al titolo quinto della seconda parte della Costituzione, legge3/ 2001, influiscono in modo ampio ed incisivo sull'ordinamento, ridisegnano i rapporti centro- periferia, presentano nodi problematici e pongono vari problemi di interpretazione.
In primo luogo, la legge 3/2001 dà copertura istituzionale a tutti i provvedimenti già adottati in nome del federalismo; pone, però, il problema sia delle caratteristiche del federalismo sia della eventuale definizione, nella Costituzione, dei rapporti con l'Europa.
Accanto alle valutazioni positive, i dubbi sulle prospettive di sviluppo riguardano:

  • La nozione di federalismo, della quale è difficile definire i contorni.
  • Il rapporto con il diritto regionale e gli Enti locali (rafforzamento del ruolo delle Regione e ruolo degli statuti regionali).
  • Il completamento della riforma con eventuale istituzione di una Camera delle Regioni o, in alternativa, la possibilità di modifica dei regolamenti parlamentari per aprire ai rappresentanti delle Regioni e degli Enti locali in alcuni momenti della vita parlamentare.

E' in corso una nuova stagione dell'ordinamento regionale, che si succede a varie azioni passate, di rilancio della prospettiva regionalistica. E' solo l'ennesimo rilancio? Forse no, perché le modifiche attuali sono profonde e radicali e inoltre perché l'evoluzione ipotizzata è in linea con le tendenze europee e risponde al principio di sussidarietà; il rafforzamento delle Regioni e degli Enti locali dovrebbe corrispondere alla valorizzazione dei diversi livelli di esercizio di poteri pubblici.
Questa riforma trasformerà l'Italia in Stato federale?
Sussidiaretà, differenziazione, adeguatezza sono termini che la dottrina giuridica dovrà interpretare e definire, soprattutto nelle conseguenze e nella portata.
Per quel che riguarda, in modo specifico, la scuola, le Istituzioni scolastiche sono espressione di comunità con caratteristiche particolari; che non possono essere territoriali così come si intende per gli EE.LL..
La scuola ha componenti a cui sono attribuite funzioni diverse, ruoli diversi che confluiscono nella gestione della scuola stessa. In relazione a ciò, la riforma degli Organi collegiali non può essere ripensata se non in termini di democrazia partecipativa, fondata su principi collaborativi. Gli emendamenti presentati ai disegni di legge già esistenti vanno in direzione opposta, così come il disegno di legge di riforma approvato dal CdM del 14 marzo scorso. (Mena Pipicelli)


I soggetti e le azioni - Aurelio Pellegrini
La proposta di legge sugli OO.CC., presentata dall'attuale maggioranza parlamentare, ritorna al passato ripristinando il ruolo degli EE.LL., nella scuola, come proprietari degli immobili; contestualmente il ddl delega di riforma affida alle Regioni il 25% della definizione dei piani di studio. Si vuole tornare a un rapporto di sospetto e di paura tra scuola ed EE.LL., ignorando quanto previsto dalla recente modifica della Costituzione. Ad esempio, era prevista per la Regione la delega sulla formazione professionale e non sulla istruzione professionale perché in questo caso si avrebbe una formazione di serie C.
C'è bisogno di istituire tavoli di concertazione tra le scuole e gli Enti locali, come i Pia (Piani integrativi di area) che già la Regione Toscana ha istituito nell'ambito del diritto allo studio, in cui si realizzano accordi di programma che decidono e codificano i rispettivi interventi.
Anche se il ministro Moratti ha sospeso i Cis (Centri di sostegno per l'autonomia) nulla impedisce che a livello territoriale si istituiscano dei Centri con analoghe funzioni.
A Pisa, nell'ambito di un accordo con il ministro Berlinguer sulla sperimentazione dell'autonomia, tali Centri esistevano già tre anni fa. Si tratta di riprendere quella esperienza e di istituire nuovi Centri. La Provincia di Pisa li realizzerà a sue spese con l'intenzione di farli gestire direttamente da docenti delle scuole. (Velia Di Pietra)


Dalle istituzioni scolastiche autonome alle reti di scuole
- Emanuele Barbieri
Gli interventi di Pizzorusso e di Pellegrini permettono di inserire il discorso in una cornice giuridico istituzionale ben definita. Come le scuole non devono avere paura del loro coinvolgimento con gli Enti locali, così non devono esitare a potenziare la loro autonomia interna e a collegarsi con quella delle altre scuole. L'autonomia non è né riduttiva né difensiva ma è un modo di essere connaturato alla funzione istituzionale e culturale della scuola. Costituisce perciò un ribaltamento del punto di regolazione del sistema.
Proprio perché la scuola mette al centro di se stessa le esigenze formative della persona, essa deve usufruire dell'autonomia amministrativa, didattica, di ricerca e formazione.
Quali sono gli strumenti da potenziare e che tuttavia non possono essere modificati perché invarianti rispetto ai mutamenti e alle turbolenze della politica? Essi sono la libertà di insegnamento e il diritto all'istruzione dei cittadini. Fino alla legge Bassanini, lo Stato si identificava con la Repubblica, ma quando la Repubblica, come ora, viene rappresentata a differenti livelli istituzionali (Stato, Regioni, Province, Comuni), dove si colloca la scuola? Essa evidentemente non è più un'articolazione del ministero, ma continua ad esercitare il compito essenziale dell' art.33 della Costituzione di garantire il diritto fondamentale di cittadinanza. Questo è un punto di riferimento comune, di Costituzione condivisa. E' all'autonomia scolastica che si deve chiedere la garanzia e non all'autorità centrale. Allo stesso modo è indispensabile rivendicare l'autonomia amministrativa come prerogativa di salvaguardia del buon governo, indipendentemente dall'assetto politico nazionale e locale.
Gli ambiti di sovranità dell'autonomia scolastica sono quelli delineati dall'art.21 della legge Bassanini, e cioè, il Pof, la definizione del curricolo, l'incentivazione della ricerca e dello sviluppo.
In questo senso è contestabile l'idea di quota percentuale di curricolo come pacchetto di discipline aggiuntive. La quota deve essere in funzione delle esigenze didattiche di formazione sociale e civile specifiche di ogni Istituto scolastico autonomo. Inoltre si deve rifiutare che ci sia una quota di curricolo solo gestita dagli Enti locali.
Anche sulla fisionomia di rete c'è molto da lavorare. Da un esame dettagliati dell'art. 7 del Regolamento dell'autonomia, risulta che la rete è attualmente o sotto utilizzata in implicazioni esclusivamente amministrative, oppure non utilizzata da un punto di vista didattico. La rete deve invece rafforzare un' organizzazione dal basso di legami e di scambi di esperienze didattiche e culturali tra le varie scuole che non riguardino solo le esigenze di politica regionale sul territorio. Le reti, nei loro indirizzi tematici, per distinti settori scolastici e per progetti, potranno così illuminare anche le attività dei Centri di supporto.
D'altra parte, si temono per l'autonomia alcuni pericoli, sia perché essa potrebbe non essere praticata, sia per una specie di "asfissia" derivante da un'eccessiva sollecitudine verso le scuole da parte di amministrazioni locali troppo "attente" nelle loro prescrizioni: deve essere un'integrazione, non un'annessione. Quali gli antidoti?
Alcuni sono insiti nell'idea stessa di rete che permette lo sviluppo di un confronto molto ampio chiaro e flessibile. Ma un altro antidoto deve essere suscitato dalle iniziative delle varie componenti scolastiche tra cui i genitori e le associazioni culturali e professionali, come il Cidi, che con le loro esigenze potranno rendere concrete quelle conferenze scolastiche adatte a incrementare rapporti strutturati tra scuola e territorio. (Rosanna Angelelli)

La risorsa insegnanti (1) - Carlo Fiorentini
Parlare degli insegnanti, del loro riconoscimento sociale, della loro formazione iniziale ed in servizio ecc., per un'associazione come il Cidi ha senso essenzialmente in relazione alla trasformazione democratica della scuola. E negli ultimi anni il nodo più importante, ma anche più problematico e controverso, del processo di democratizzazione della scuola si è rivelato essere il passaggio dalla scuola del programma alla scuola del curricolo. E qui il ruolo degli insegnanti è decisivo, perché soltanto essi, interpretando in modo progressivo la grande libertà sancita dall'autonomia scolastica, potranno effettivamente centrarla intorno all'articolo 6 del Regolamento, quello che si riferisce all'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo.
Occorre innanzitutto chiarire che cosa si intende con questa formulazione, con questo slogan, con scuola del curricolo.
La scuola del curricolo è la scuola della complessità: da molti decenni, per realizzare apprendimenti significativi, e quindi competenze culturali durature, occorre contemporaneamente selezionare saperi essenziali, strumenti e ambienti adeguati e praticare metodologie e modalità relazionali innovative.
E' necessario abbandonare la logica del programma che si affida essenzialmente all'organizzazione specialistica, accademica delle discipline, al disciplinarismo.
Qualcuno potrebbe osservare: ma dov'è la novità?
Queste consapevolezze, infatti, la parte più impegnata della scuola le ha fatte proprie e ha cercato di praticarle da molti decenni, ma occorre, tuttavia, ricordare che il ministero della Pubblica Istruzione non le ha mai sostenute, e che soltanto negli ultimi anni con Berlinguer e De Mauro, il rinnovamento del curricolo è diventato il tema centrale anche dell'iniziativa politica democratica.
In questi mesi sembrerebbe non essere più di moda, ma quella parte del mondo della scuola che ritiene che la scuola costituisca una delle istituzioni fondamentali della democrazia non può stare a guardare ed eventualmente essere subalterna alle mode del governo di centrodestra; deve anzi continuare ad impegnarsi, più di prima, nonostante gli ostacoli, per il rinnovamento curricolare e la democratizzazione effettiva, e non solo ordinamentale, della scuola.
Se non si realizza, infatti, una saldatura tra riforme strutturali e competenze culturali, la democratizzazione si trasforma in illusione democratica, con possibili, conseguenti ritorni al passato.
Il rapporto con la politica non è mai scontato, ma è decisivo che la politica progressista incontri nel suo cammino molti esempi di scuola democratica per potere elaborare politiche scolastiche conseguenti e non soltanto banalmente innovative.
E' quindi fondamentale per un'associazione di insegnanti come il Cidi la diffusione su tutto il territorio nazionale di buone pratiche e conseguentemente di un numero ampio di insegnanti ricercatori sperimentatori di una concezione democratica del fare scuola, non più selettiva-elitaria da una parte, né banalmente puerocentrica dall'altra. E ciò a prescindere dalle collocazioni politiche: quanti nostalgici di sinistra della scuola gentiliana sono emersi negli ultimi anni! Anzi le voci critiche nei confronti delle riforme degli ultimi anni che si sono fatte maggiormante sentire sono state prevalentemente le loro.
Tuttavia le difficoltà nella realizzazione della scuola del curricolo non sono state negli ultimi venti anni soltanto di tipo politico, ma anche di tipo culturale.
Gli approcci prevalenti sono stati e continuano ad essere di tipo riduzionistico, quali ad esempio:
1) il disciplinarismo; 2) il didatticismo; 3) la pedagogia per obiettivi (vari tipi di tassonomie); 4) l'attivismo, lo sperimentalismo; 5) l'ambientalismo; 6) le tecniche relazionali; 7) la computermania.
Molti esperti di settori molto specifici propongono il loro specialismo come La soluzione dei problemi della scuola (si va dalle mappe concettuali, ai moduli, dall'ambiente al computer, dalle attività fine a se stesse alle tassonomie, dalla didattica breve a qualche altra tecnica didatticistica).
Curricolo significa invece, indubbiamente, complessità, multidisciplinarità, interdisciplinarità. Ma di che tipo?
L'interdisciplinarità come proposta didattica immediata, in alternativa alle discipline, ma subalterna di fatto alle discipline impostate in modo tradizionale, legate sostanzialmente alla logica del programma o non piuttosto come ricerca interdisciplinare e multidisciplinare per costruire la cultura della scuola, per destrutturare, cioè, le discipline accademiche e per costruire un'organizzazione formativa delle discipline.
Scuola del curricolo coincide con il curricolo verticale delle varie discipline (lingua, matematica, scienze, storia, arte ecc.), ma molti pedagogisti che scrivono sul curricolo non la pensano in questo modo, parlano dei vari aspetti tranne di quello dei saperi.
C'è bisogno indubbiamente di pedagogia, di psicologia dell'apprendimento, in generale di scienze dell'educazione, ma non c'è nessuna necessità dei molti pedagogisti, psicologi relazionali, esperti di didattica generale, che nei corsi di formazione in servizio e nelle Siss o nei progetti ministeriali, ripropongono come unica soluzione dei problemi della scuola scorciatoie riduzionistiche, nella maggior parte dei casi fuori moda da molti decenni (è sufficiente pensare, per esempio, alla riproposizione acritica della pedagogia per obiettivi, alle tassonomie di Bloom, come se fossero invenzioni dell'altro ieri, e non di 40-50 anni fa). (Carlo Fiorentini)

La risorsa insegnanti (2) - Walter Moro
La riflessione sulla formazione mette in luce una serie di nodi problematici che riguardano il rapporto con la formazione iniziale, la formazione in servizio, gli strumenti per lo sviluppo della professionalità dei docenti, lo stato giuridico, in particolare il rapporto tra formazione e carriera degli insegnanti. Parlare di formazione oggi significa discutere, porre al centro della questione l'attenzione sulle politiche del personale, sulla riqualificazione come condizione fondamentale per attuare i processi di cambiamento.
L'investimento sulla formazione deve avere la finalità di elevare la qualità dei processi di apprendimento degli studenti; c'è un'evidente connessione tra formazione, professionalità e sviluppo dell'apprendimento.
C'è bisogno di una nuova teoria della formazione, intesa come apprendimento professionale; di uno sviluppo professionale continuo che comprenda l'insieme dei processi formali e non formali, attraverso i quali l'insegnante costruisce e ricostruisce il proprio patrimonio di competenze e attitudini. Serve una formazione integrata che accompagni l'insegnante per l'intera vita professionale.
Il luogo di organizzazione degli apprendimenti è un contesto più ampio, è il contesto dell'Istituto, sono le reti di scuole, è il territorio. Il contesto, appunto, in cui si organizza l'apprendimento. Il salto di qualità del lavoro docente sta non solo nel sapere insegnare, nel saper fare lezione - aspetto irrinunciabile della professionalità dell'insegnante, che va difeso - ma anche nell'organizzare e saper gestire la progettazione didattica; organizzare e progettare contesti e ambienti di apprendimento. Per elevare la qualità di un contesto organizzativo, stimolante per lo studente, serve una dimensione organizzativa e progettuale della didattica da sviluppare e sostenere in termini di formazione e di competenze professionali.
Un altro versante riguarda la ricerca didattico-disciplinare come condizione per elaborare il curricolo. L'offerta di formazione in questo senso non può essere omogenea, ma diversificata, plurima, commisurata al target, calibrata sulle esigenze professionali dei docenti, profili professionali, sui ruoli, sui bisogni di nuove competenze.
La gestione dei processi formativi, avviata con l'autonomia, richiede una formazione dell'insegnante incentrata prevalentemente sulle competenze professionali, che va realizzata nel contesto scolastico, nel luogo in cui si sviluppa il processo di insegnamento-apprendimento. Per questo si parla sempre di più della scuola come laboratorio permanente per la crescita professionale. La formazione in situazione deve essere intesa come consulenza, gestita dalla scuola, dai docenti, incentrata sulla capacità di interpretare la normativa, senza più circolari dall'alto. Tocca alla scuola gestire anche i processi normativi, nel quadro della cultura dell'autonomia. La formazione non deve essere rivolta ogni volta a tutto il Collegio, ma a gruppi di insegnanti che, impegnati nei processi di innovazione, cercano momenti e forme di sostegno, attraverso un percorso di lavoro continuo.
La formazione deve prevedere l'utilizzazione delle tecnologie informatiche e l'uso della rete. La formazione deve nascere nel contesto del gruppo come riflessione e autoriflessione sulla didattica. Deve avere carattere storico documentaristico.
Non basta dire che abbiamo il curricolo, bisogna fare formazione sul curricolo, fare ricerca, come progettazione e costruzione dei curricoli rispetto ai contesti di apprendimento. È l'insegnante che ha la responsabilità culturale della progettazione, che assume la dimensione del ricercatore, che costruisce il curricolo rispetto ai bisogni di apprendimento degli alunni. Per ricerca si intende ricerca didattica applicata, riferita a due dimensioni: quella che nasce dalla capacità dell'insegnante di riflettere sulla propria esperienza di insegnamento-apprendimento, di rielaborarla, di comunicarla, e quindi di renderla in forma documentativa e trasmissiva. L'altro tipo di ricerca è quella organizzativo-relazionale, legata alle competenze relative al sistema scolastico come, per esempio, il coordinamento della didattica, le funzioni-obiettivo..
Quali strutture e supporti servono per la formazione? Bisogna passare dall'aggiornamento ai servizi professionali. Sono due le linee su cui lavorare; una è la creazione delle reti, di strutture tecniche leggere, di laboratori territoriali. L'altra è la costruzione dei Cis, dei centri interservizi, articolazioni delle Direzioni regionali. Si tratta di creare strutture tecniche, di supporto, di coordinamento, di indirizzo, in grado di offrire servizi professionali; strutture che siano effettivi luoghi di incontro tra domanda e offerta di formazione, tra bisogni della scuola ed esperienze del territorio.
Le condizioni per la realizzazione della formazione sono strettamente legate alla carriera e agli incentivi economici e professionali. Ricollocare la formazione dentro il profilo professionale è questione centrale. Vanno previsti incentivi professionali, che diano possibilità agli insegnanti di fare esperienze nell'università o presso associazioni professionali o centri di documentazione; vanno previsti anche dei bonus per l'acquisto di strumenti necessari allo sviluppo professionale. (Walter Moro)

Al termine della sessione mattutina interviene l'onorevole Luigi Berlinguer: stiamo attraversando un periodo molto difficile. C'è molta confusione. L'attacco più grave è alla scuola.
A noi il compito di ricercare le nostre motivazioni. È importante che continui un cammino di autoriflessione e di riposizionamento rispetto alle nostre scelte. Non c'è solo a rischio il pluralismo dell'informazione e l'indipendenza della magistratura. È legittimo nella scuola un moto di indignazione per quello che accade.
È giusto rispettare le "antenne" degli intellettuali, essere grati a queste sollecitazioni perché da esse deriva la percezione di un grosso rischio per la qualità della democrazia, di una democrazia evoluta di un Paese civile.
Il grande valore della giornata di domani (23 marzo 2002) non è un fatto solo sindacale, la manifestazione tutela il diritto di tutti i lavoratori. Un moto scorre lungo la spina dorsale del nostro Paese e questo moto è la libertà.
D'altra parte, l'alternanza di governo, che è il valore stesso della democrazia, viene letto come totale cambiamento, come blocco di tutto quello che era stato realizzato nel governo precedente. Da qui, un intreccio tra ideologia e puro potere che ci propone questo governo, con una riforma che non è tale. Ci sembra inquietante il messaggio aziendalistico, grave che si voglia estendere questo tipo di cultura con un messaggio di gerarchie all'interno delle Istituzioni scolastiche con un ulteriore messaggio di licenziabilità degli addetti. Si sta inserendo nella scuola pubblica una differenziazione di ceto che non è possibile accettare. Attraverso la cancellazione dell'obbligo scolastico si vuole dare corpo alla differenziazione tra istruzione e formazione professionale.
Sappiamo però che l'obbligo nella secondaria ha consentito a 40.000 ragazzi all'anno di proseguire dopo la terza media. Con questo governo si torna a prima del 1962, con l'apertura di una divaricazione di percorsi già a 14 anni. Il nostro articolo 18 è salvare l'obbligo scolastico, rompere il muro della scuola secondaria per almeno due anni.
Affermare il diritto per ciascuno di sapere, di imparare nella diversità riguarda davvero tutti, i giovani e gli adulti, i più capaci e i meno capaci, i ricchi e i poveri…
Il sapere diventa premessa di libertà perché sapere significa essere, scegliere la propria vita e quindi partecipare. La vera libertà è proprio data dall'imparare per essere.
La scuola è il presidio dell'autonomia, uno spazio ampio in quanto diritto costituzionale.
Ci sono alcuni valori della cultura che sono universali. Di questi valori bisogna farsi portatori per avere forza politica. Libertà e autonomia sono profili diversi della democrazia.
Il diritto di tutti ad imparare lungo tutto l'arco della vita deve essere un'opportunità continua nella crescita sociale. Occorre dunque reagire con la difesa della libertà sostenendo i curricoli e le sperimentazioni curricolari in quella riforma che viene "dal basso".
La scuola è il luogo della speranza perché è il luogo dove si costruisce il futuro.
La battaglia continua perché costruendo nella scuola una ricchezza di iniziative e di esperienze, facciamo l'interesse dei ragazzi esaltando in modo giusto la nostra funzione. (Assunta Morrone)

ore 15.30/19.30

Forum di discussione

1. Essenzialità del curricolo/qualità formativa - D. de Scisciolo, M.Muraglia, M.Pacini
La scuola del curricolo è il cuore dell'iniziativa democratica nella scuola: questo dovrebbe essere lo slogan intorno al quale continuare a costruire il nostro ragionamento, con ancora più forza in un momento politico quale quello attuale in cui è necessario ribadire che il vero salto di qualità nella scuola dell'autonomia è costituito dal lavoro di ricerca sul curricolo.
Nel documento nazionale del Cidi, Il diritto di tutti alla cultura, abbiamo scritto: "Al centro della scuola si pone il processo di insegnamento-apprendimento per evitare che vengano privilegiati gli aspetti marginali e aggiuntivi dell'offerta formativa. Per promuovere, in questa direzione, il rinnovamento della scuola e dei suoi contenuti, è importante sostenere l'idea di una scuola che ricerca, sperimenta, riflette, lavora sui percorsi curricolari.
La scuola del curricolo è una istituzione capace
- di costruire un ambiente didattico (con una adeguata combinazione di tempi, spazi, strumenti) che aiuti bambine e bambini, ragazze e ragazzi a incontrare gradualmente (passando dai campi di esperienza, agli ambiti, alle discipline) il sapere adulto;
- di entrare nel merito delle scelte culturali e didattiche che connotano i compiti formativi essenziali per ogni scuola;
- di ricercare il percorso curricolare adeguato, di analizzare il rapporto fra i contenuti culturali e i ritmi e gli stili di apprendimento di bambini e ragazzi;
- di guardare i loro interessi e le loro esperienze, di scegliere le metodologie e gli strumenti più efficaci;
- di valutare i risultati, di riconoscere difficoltà e progressi.
È una scuola che matura competenze riflettendo e confrontandosi sul lavoro che svolge e che non perde di vista lo scopo per cui esiste: quello di promuovere il più alto livello di apprendimento per ciascun allievo".
Sembra, quindi, utile orientare la riflessione sul percorso da sviluppare per delineare gli elementi chiave del curricolo in funzione della sua qualità formativa, concentrando l'attenzione sulla centralità del soggetto che apprende. Certo, il lavoro non è facile giacché la scuola del curricolo è complessa; esige che si compiano scelte precise e motivate in ordine ai saperi essenziali di ciascuna disciplina senza che questo comporti banalizzazioni o semplici riduzionismi. E' la scuola che "costringe" i docenti a lavorare in ambiente multidisciplinare-interdisciplinare, mettendo in gioco le loro competenze professionali in ambito pedagogico, psicologico ed epistemologico-didattico- disciplinare.
Parlare, quindi, di essenzialità del curricolo e qualità formativa, significa interrogarsi sul significato che diamo alle parole che usiamo in ambiente didattico: termini come: conoscenze, competenze, capacità, standard, multi-pluri-interdisciplinare ecc. fanno parte di un lessico condiviso all'interno di ciascun Consiglio di classe? Qual è il valore che assumono nelle istanze collegiali di ciascuna Istituzione scolastica in ordine alle scelte formative operate nei confronti dei propri alunni? Come coniughiamo le specificità disciplinari nel più ampio quadro della individuazione degli elementi irrinunciabili di un curricolo? (Daniela de Scisciolo)


2. Eccellenza/solidarietà: obbligo scolastico e obbligo formativo - P.Citran, A.Cabona, A.Tocco
Una scuola democratica garantisce la qualità garantendo l'eccellenza ad un limitato numero di capaci, meritevoli e fortunati oppure formando il maggior numero di uomini colti e critici, in grado di esercitare i propri diritti e di praticare consapevolmente i propri doveri di cittadinanza?
Vorremmo sottoporre al vaglio critico-razionale alcuni aspetti di quel che ci sembra di capire della "pedagogia" - esplicita od implicita - di Letizia Brichetto Moratti.
Non è certo al principio di solidarietà a cui fa costante riferimento che potremmo opporci. Però ci disturba alquanto, diciamolo fino in fondo, l'accostamento ripetuto di solidarietà con eccellenza. Il principio di solidarietà ci pare sacrosanto, ma dovrebbe essere lasciato per conto suo. Non può essere soltanto un contentino per chi l'eccellenza non la raggiunge e non è in grado di conquistarla (molto spesso per motivi socioeconomici e socioculturali). Noi preferiremmo all'accoppiata eccellenza/solidarietà (senza peraltro escluderle) un richiamo alla giustizia, intesa come garanzia della maggiore possibile equivalenza di opportunità, di livelli di partenza e di esiti formativi.
Mantenendo il riferimento al principio di giustizia così inteso (u-topico nel senso migliore del termine), non ci si può esimere dall'affrontare il problema dei mezzi per conseguire il massimo possibile di realizzazione della giustizia nella scuola: occorre allora affermare e conseguentemente praticare la centralità della didattica, collegata funzionalmente allo sviluppo dei processi di apprendimento, l'attenzione ai condizionamenti socioculturali presenti e remoti accompagnata dalla prassi quotidiana dell'attivazione di interventi di decondizionamento, la messa in atto di un recupero serio, che non colmi solo fittiziamente debiti accumulati, la cura dei contesti di apprendimento (clima sociale, gratificazioni, motivazioni, ambiente scolastico ricco di stimoli favorenti l'apprendimento, occasioni culturali significative nella scuola e possibilmente anche in un extrascuola in dialogo con la scuola).
Occorre una didattica che poggi su solide basi psicopedagogiche, a partire dalla concreta realtà del soggetto che apprende in relazione a variabili di contesto. Anche su questo si dovrà giocare la carta della giustizia scolastica, coniugando il superamento delle difficoltà ed il conseguimento del successo formativo.
Tutto ciò è compatibile con l'enfasi che viene posta sul raggiungimento di un maximum di eccellenza per così dire a tutti i costi?
L'acquisizione dell'eccellenza per taluni può essere merce di scambio in funzione di una modesta qualità dell'apprendimento per i più, quelli a cui dare solidarietà?
Nella sopra indicata logica di giustizia, parrebbe preferibile una buona qualità dell'apprendimento ed un successo scolastico e formativo per molti ad un'eccellenza per pochi privilegiati: privilegiati prima di tutto da precondizioni e prerequisiti favorevoli originati socialmente, oppure cooptati, grazie alla solidarietà e per doti straordinarie, tra gli eccellenti, prelevandoli dalla massa delle persone "comuni".
Anche se questo non è di moda, preferiamo che ci sia, se si deve scegliere, qualche eccellenza in meno e qualche persona colta e capace in più: questa ci sembra la logica del successo scolastico e formativo e della qualità della scuola democratica. (Paolo Citran)

Gli elementi di novità dell'obbligo scolastico sono le "passerelle", le attività di orientamento integrate e l'accreditamento delle competenze. La legge prevede la possibilità di rivedere la scelta fatta all'inizio della scuola superiore con il passaggio ad un indirizzo diverso. Per realizzare tale situazione occorre prevedere un percorso individualizzato che valorizzi le parti curricolari comuni e permetta di superare le differenze tra i percorsi. Questo presuppone un successo scolastico ed un pari valore dei diversi percorsi scolastici. Occorre evitare scelte precoci condizionate socialmente ed occorre un cambiamento della metodologia di lavoro della scuola che valorizzi le potenzialità dei singoli studenti. La dispersione è ancora diffusa nel primo e nel secondo anno della scuola superiore. Con l'autonomia delle scuole si può migliorare la situazione ma è necessario operare in modo integrato sul territorio. Questo problema riguarda in particolare gli Istituti tecnici e professionali dove si sono concentrate le scelte degli studenti che prima dell'introduzione dell'obbligo non proseguivano gli studi. Le esperienze fatte dalle scuole in questi anni devono essere valorizzate e generalizzate.
L'obbligo formativo fino a 18 anni valorizza i percorsi integrati della scuola, della formazione professionale e del lavoro. L'attuazione di questa riforma richiede la pari dignità tra i diversi percorsi e il riconoscimento reciproco dei crediti tra i diversi sistemi. Il mondo del lavoro attuale e lo sviluppo futuro delle professionalità richiedono una base di conoscenze e di competenze più elevate. L'esperienza di questi anni di stage e tirocini, soprattutto negli Istituti professionali, ha messo in luce la capacità della scuola di dialogare con il mondo del lavoro. Con il federalismo si hanno competenze nuove di Regioni e Province che devono operare insieme alle scuole dell'Autonomia. Per realizzare realmente l'integrazione tra i diversi sistemi occorre valorizzare il ruolo della scuola in modo che sia messa in grado di guidare un processo che si avvale della collaborazione del mondo della formazione professionale e del lavoro. Questo richiede un coordinamento delle proposte formative, una preparazione del personale che si occupa del processo ed un sistema di crediti e certificazioni che permettano il passaggio da un sistema ad un altro.
L'obbligo formativo è una grande opportunità che deve vedere la scuola protagonista. (Ainino Cabona)


3. Sistemi europei a confronto - C.Olivari, M.Piscitelli, L.Scarcia
"Stare in Europa" significa cooperare per formare un cittadino europeo che possieda una solida cultura di base coerente con la storia dell'Europa che è storia di incontro e scambio tra culture e genti diverse. E significa anche condividere il modello sociale europeo, vale a dire una società della conoscenza competitiva e dinamica in un contesto caratterizzato dall'inclusione sociale. Per realizzare questo modello occorre l'interazione fra politiche economiche e per l'occupazione e politiche formative, che includano anche un progetto di formazione comune degli insegnanti.
Per quanto riguarda queste ultime ogni Paese membro è chiamato a realizzare un sistema di longlife learning, attraverso l'integrazione tra i sistemi d'istruzione e della formazione professionale e la cooperazione di diversi attori sociali e istituzionali.
I contenuti salienti dei più recenti documenti europei possono essere sintetizzati in tre punti chiave:
a) L'investimento in formazione contribuisce a: occupabilità, cittadinanza attiva, inclusione sociale; b) la centralità della persona nei percorsi formativi richiede nuovi modelli d'intervento; c) la maggiore flessibilità dei sistemi deve procedere insieme alla cooperazione dei diversi soggetti.
L'analisi dei sistemi d'istruzione e di formazione di alcuni Paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Finlandia e Norvegia) fa emergere alcune tendenze comuni. In particolare, l'esame della struttura e dell'articolazione dei curricoli nell'istruzione obbligatoria - che nella maggioranza dei Paesi è stata portata a 16 anni - evidenzia un rafforzamento dell'autonomia nella progettazione curricolare, sempre più centrata sull'allievo, e la tendenza a una valutazione globale che evidenzia le competenze piuttosto che le singole conoscenze.
L'analisi di alcuni dati consente di fare dei confronti sul comune fenomeno dell'illetteratismo, della qualificazione della forza-lavoro e della partecipazione della popolazione ad attività formative. Da questi confronti risultano dei ritardi del nostro Paese. (Carla Olivari e Luciana Scarcia)


4. Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo - I.Summa, R.Conserva, N.Iasiello
Oggi la scuola, con l'autonomia di ricerca/sperimentazione/sviluppo, ha un dispositivo endogeno in grado di garantire innovazione e miglioramento continuo, fornendo motivazioni "scientifiche" alle scelte organizzative e didattiche. Infatti, l'autonomia didattica e organizzativa, senza un supporto di ricerca e sperimentazione, si risolve in bricolage e pressappochismo.
Le coordinate essenziali di un metaforico quadrilatero della ricerca/sperimentazione/sviluppo sono:
- la "libertà di insegnamento";
- la necessità di "dare risposte mirate" ai bisogni educativi degli studenti e alle attese delle famiglie e del territorio (gli uni e gli altri concretamente rilevati);
- la "coerenza con le finalità"e gli obiettivi generali del sistema di istruzione;
- l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento.
In questa prospettiva , il cuore della ricerca è il curricolo, perché la sua stessa natura comporta scelte cruciali sotto diversi aspetti: disciplinari, psicopedagogici, metodologici, didattici, antropologici.
Su questo sfondo, delineato da Ivana Summa, si sono collocati gli altri contributi. Rosalba Conserva ha messo l'accento sulla risorsa rappresentata dal sapere degli insegnanti, i quali socializzando le conoscenze disciplinari, teoriche e di pratica didattica, possono, attraverso il 'pensare insieme' creare le premesse di una crescita culturale che superi la storica dicotomia tra materie scientifiche e umanistiche e fornisca a ognuno la possibilità di dialogare professionalmente a un progetto curricolare unitario.
Nicola Iasiello si è mosso su un altro versante, quello della innovazione organizzativa, che, superando il modello burocratico - il quale per sua natura non prevede la ricerca - crei le strutture adeguate, coerenti con una scuola che pratichi la ricerca e la sperimentazione come dimensione diffusa e ordinaria dell'agire educativo, e non come fatto straordinario o 'di nicchia'.
I numerosi docenti e dirigenti scolastici intervenuti nel dibattito hanno ripreso e approfondito questi temi, contemperando due differenti ma complementari aspetti dell'autonomia di ricerca: la spinta ad agire nella promettente dimensione della professionalità docente prima delineata, quali che siano le condizioni di lavoro e di gestione della scuola, e il timore che la dimensione politica attuale con cui si stanno affrontando nuovi e vecchi problemi della scuola (riduzione delle risorse, impoverimento della dimensione cooperativa dell'insegnamento, incertezza riguardante gli assetti istituzionali futuri) vanifichi qualsiasi sforzo teso a migliorare la qualità delle nostre scuole e deprima ulteriormente la funzione docente. (Ivana Summa e Rosalba Conserva)


5. Strumenti di lettura di un territorio - M.Pipicelli, G.Gambula, M.Cerosimo
La scuola, sistema formativo integrato, si realizza per una complessità di rapporti con l'esterno; rapporti che si costruiscono solo a partire da una forte identità, costruita e condivisa al proprio interno, riconosciutale dal territorio nel quale opera.
Agire e porsi in relazione in un sistema di rete comporta, per un istituto comprensivo, in primo luogo il riconoscimento delle varie esperienze ed esigenze di cui è portatrice; deve, quindi, essa stessa farsi rete, nel senso di vivere e realizzarsi rendendo esplicite le interne relazioni; collocarsi in un panorama costituito da istituzioni, enti, associazioni le piu varie,che parlano linguaggi diversi, si servono di modelli diversi di interazioni, hanno tempi e modalità comunicative differenti.
Le difficoltà segnalate sono, tra le altre:
- raccordare diverse logiche di azione;
- far interagire attori troppo diversi;
- creare connessioni tra livelli tecnico - contabili e tecnico- progettuali;
- evitare i conflitti d competenza e la mancanza di chiarezza sui ruoli e sui compiti. (Giancarlo Gambula)

Per una lunga fase storica l'economia, anche per opera e forza del fordismo, non ha parlato di territorio, ma di spazio fisico, "sito"nel quale si realizzano processi produttivi; solo di recente si è tornato ad apprezzare l'importanza del territorio / contesto e se ne è sottolineato l'aspetto della diversità, di bisogni e struttura
Esso si caratterizza come : spazio di prossimità, patrimonio, ecosistema, attori istituzionali, reti di soggetti. La lettura del territorio nel quale si opera serve a fare una scuola migliore, disegnata sui bisogni, sulla consapevolezza che essa stessa sia da considerarsi risorsa.
Un modello di lettura può essere fatto a partire dai seguenti indicatori: biografia e vocazione, demografia e mercato del lavoro, struttura fisica, contesto ambientale, istituzioni intermedie, risorse immobili, redditi e consumi, tutti indicatori alla luce dei quali è possibile la concertazione, la interconnessione, la costruzione di momenti di sintesi, dei quali necessità l'esercizio della democrazia.
La scuola può migliorare la qualità della propria offerta a partire da forme di concertazione selettiva, al fine di produrre valori più alti. (Mimmo Cersosimo)

Nel dibattito sono richiamati:il principio di responsabilità individuale; i criteri di selezione dei progetti, la valutazione della qualità.il bisogno di garantire i diritti degli studenti; la necessità di recuperare la partecipazione democratica dei genitori. (Mena Pipicelli)


6. Memoria storica, intercultura, mondializzazione - C.Amadio, G.Di Caro, M.Pucci
La relazione introduttiva dopo aver messo a fuoco i caratteri generali della globalizzazione e la problematica dei diritti, ha posto all'attenzione dei colleghi i seguenti problemi:
a) La globalizzazione sta mettendo in crisi gli Stati nella loro sovranità o piuttosto nella loro struttura democratica attraverso la limitazione dei diritti di cittadinanza?
b) Si può parlare di identità culturale di gruppi e di collettività che vanno difese e tutelate come tali?
c) Esistono organismi sopranazionali in grado di garantire effettivamente i diritti primari universali ed impedire una loro strumentalizzazione di tipo ideologico?
d) La scuola pubblica, proprio perché pubblica, ha tra i suoi compiti prioritari l'educazione a una cittadinanza attiva?
La prima relazione ha affrontato la trasformazione del ruolo dello Stato come una delle conseguenze prodotte dalla globalizzazione; la crisi della democrazia attraverso la negazione dei diritti umani e la minaccia ai diritti civili e sociali; la generalizzazione della cultura dell'impresa accompagnata da rivendicazione localistica.
Da questo contesto è stata posta in rilievo la necessità di riprendere la cultura dei diritti come catalogo aperto e la valorizzazione del "pubblico", come costituirsi di quell'arena simbolica mediata dalla cultura in cui si costituisce l'autonomia individuale.
Il secondo intervento è stato incentrato su come contestualizzare l'enorme problematica aperta nel quotidiano fare scuola, come dare gli strumenti di una cittadinanza democratica in una società planetaria. Essa deve essere assunta come finalità istituzionale della scuola in una pratica educativa in cui l'educazione interculturale non è niente di aggiuntivo o di occasionale, anche se di alta qualità, ma è una tensione etica e culturale che attraversa tutte le discipline.
Sono state proposte alcune esemplificazioni di percorsi tematici che meglio si piegano alla cittadinanza planetaria come la fiaba, il viaggio, i movimenti di popolo.
Il dibattito ha ripreso i temi proposti ampliandoli con il contributo di specifiche esperienze.


7. Funzione docente: stato giuridico, deontologia, articolazione della professione - C.Morrocchi, A.Mazzoni, M.Battistini
Il forum attraverso il riferimento alla normativa che delinea la funzione docente poneva alcuni quesiti relativi al modello di scuola e alle competenze dei docenti funzionali a tale modello.
Il dibattito, ricco di sollecitazioni e problematicità, ha evidenziato alcuni punti:
- La necessità di un codice deontologico condiviso che non sia un mansionario espressione dell'amministrazione, ma un codice di autoregolamentazione espressione delle rappresentanze autentiche della scuola gestito da un organismo tecnico non identificabile con l'ordine professionale;
- La necessità di riflettere su un nuovo stato giuridico che recepisca e formalizzi anche le esperienze didattiche consolidate come articolazione della professionalità docente.
- La necessità che le scuole siano connotate come luoghi di ricerca e di formazione adulta che attivino le indicazioni relative all'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo (art. 6 DPR 275).
- La necessità di incrementare il rapporto Scuola e Università per la formazione primaria valorizzando le competenze dei supervisori e dei tutors già sperimentale nelle Sis. (Cristina Morrocchi)

la sessione termina alle ore 19.00