CIDI (centro di iniziativa democratica degli insegnanti)

Documento del CIDI presentato al Seminario Nazionale MPI di Verona (25/26/27 maggio 2000) sul tema:

"Quale formazione continua per i docenti?
Idee e proposte per la formazione dei docenti nel primo decennio del 2000"

Il processo di riforme in atto (dall'autonomia al riordino dei cicli) chiede che si affronti la questione docente come questione centrale e prioritaria per il buon esito delle riforme stesse.
Si tratta in primo luogo di definire quale debbano essere l'identità culturale e le competenze professionali dei docenti, in secondo luogo di pensare e realizzare un qualificato, efficace, permanente sistema della formazione in servizio, inteso come messa in atto di strategie di accompagnamento e di sostegno per la crescita professionale di ogni docente.

Professionalità docente
Già nel corso degli ultimi decenni sono entrati in crisi due tradizionali paradigmi del fare scuola: la trasmissione del sapere come percorso a senso unico e  il lavoro dell'insegnante circoscritto al lavoro in aula. E' entrata in crisi, insomma, l'idea della centralità del singolo, rispetto a un progetto collegiale e cooperativo di istruzione e di educazione. E' entrata soprattutto in crisi un'idea  di sapere scolastico statico e "monumentale".
Le innovazioni che dagli anni '70 sono state introdotte nella scuola e la nuova domanda di istruzione e formazione hanno  indotto cambiamenti nei comportamenti professionali di molti docenti.
La scuola dell'autonomia, che promuove la responsabilità dei soggetti,  richiede un profilo professionale più ricco e articolato per tutti.
Qual è allora  l'identità professionale del docente in una scuola che ha come finalità quella di garantire a ciascuno, a partire dai diversi e differenziati bisogni di istruzione e formazione, quel sapere di base necessario  per vivere  consapevolmente in una democrazia?
In una scuola dell'autonomia la professionalità docente dovrebbe configurarsi  come intreccio di tre grandi aree:

  • l'area delle competenze disciplinari continuamente aggiornate: saper padroneggiare il proprio sapere disciplinare, sapersi confrontare con altre discipline, saper collocare le finalità e gli obiettivi di apprendimento della propria disciplina all'interno delle finalità generali  del sistema scuola
  • l'area delle competenze psico-pedagogiche e relazionali: saper individuare i diversi stili e ritmi di apprendimento, saper riconoscere i problemi tipici delle varie fasi di età, saper governare le relazioni, le dinamiche, i conflitti all'interno della classe e in ogni altro luogo di lavoro collettivo all'interno della scuola
  • l'area delle competenze organizzative: saper costruire  il progetto educativo con i colleghi del team o del consiglio di classe,  saper lavorare nelle sedi di lavoro comune  e, in particolare, saper coordinare e gestire il lavoro dei consigli di classe, degli eventuali dipartimenti disciplinari, delle singole commissioni preposte a specifici problemi (aggiornamento, integrazione, recupero, ma anche rapporti con l'extrascuola, ecc.).
Le tre aree sono il necessario presupposto per costruire  il profilo professionale  di docente  "esperto e riflessivo", in grado di saper riflettere sul proprio lavoro, sapersi confrontare con gli altri colleghi sul piano della didattica, saper fare scelte culturali adeguate, saper adottare strategie didattiche efficaci, metodologie innovative  coerenti con gli obiettivi di apprendimento, saper regolare i tempi dell'insegnamento/apprendimento, saper valutare l'efficacia dei percorsi realizzati.
Il profilo professionale che viene delineato è certamente complesso e  in continua evoluzione rispetto ai  mutamenti del contesto scolastico (cambiamenti legislativi,  bisogni e domande di formazione che possono rapidamente cambiare).
E' a queste caratteristiche di insegnante che dovrebbe ispirarsi l'articolazione e l'organizzazione della prima formazione.
Una politica di formazione che possa sviluppare un profilo professionale complesso o, a seconda delle esigenze, alcuni dei suoi aspetti più significativi, diventa strumento importante per uno sviluppo professionale che cominci a configurarsi anche come "carriera".
La scuola dell'autonomia non dovrà in qualche modo prevedere un'articolazione di funzioni all'interno della scuola stessa? Tutto ciò senza ipotizzare cristallizzazione di figure; ma, accanto alle funzioni- obiettivo già esistenti, sicuramente  bisognerà cominciare a pensare  a compiti legati al coordinamento didattico-disciplinare, all'accoglienza e al tutoraggio dei colleghi di nuova nomina, allo sviluppo della ricerca didattica e della sperimentazione.
La scuola dell'autonomia presuppone insegnanti "autonomi" "autorevoli"  "professionisti dell'apprendimento-insegnamento", capaci  in ogni situazione di governare e regolare l'azione didattica.
Il problema allora è quello di far emergere comportamenti professionali che vadano in questa direzione. Si tratta di favorire tutte le potenzialità presenti nella scuola, di dare occasione di confronto, di verifica alle esperienze accumulate, di dare seguito e forza all'art. 6 del regolamento dell'autonomia: " autonomia di ricerca, sperimentazione, sviluppo" , definendo tempi, luoghi, funzioni che rendano praticabile la  riflessione,  il confronto sul lavoro, la ricerca didattica intesa, appunto, come strategia per programmare,  articolare, socializzare, verificare le varie  azioni didattiche.
Si tratta insomma di individuare tutte le modalità possibili, a cominciare dalle  strategie di formazione e aggiornamento, coerenti con  il profilo professionale che si vuole costruire.

Sistema della formazione in servizio
La formazione in servizio e l'aggiornamento  dovranno, insomma, non solo tener conto delle modifiche in atto, ma costituire un investimento in termini di  qualità complessiva della scuola. Occorre allora costruire un sistema  in grado di  attivare un qualificato  ed efficace processo di formazione ricorrente e continua.
I punti fermi di tale sistema dovrebbero essere:

  1. centralità della scuola, ambiente di apprendimento continuo, come luogo di analisi dei bisogni formativi -dei singoli e della collettività-, di progettazione e gestione degli interventi formativi;
  2. pluralità dei soggetti pubblici e privati che concorrono  al sistema di formazione e aggiornamento;
  3. collegamento con le sedi della ricerca
E' importante che i soggetti centrali restino le scuole o le reti di scuole.  E' il contesto scolastico infatti che può stabilire  un intreccio proficuo tra quell'attività di ricerca, prevista dall'art.6 del regolamento dell'autonomia,  e  le scelte di aggiornamento. In questo modo l'aggiornamento, collegato alle necessità delle singole situazioni, potrà favorire  un autonomo  processo di  crescita professionale e far sì che le scuole stesse diventino "ambienti privilegiati di sviluppo professionale e di carriera".
Un sistema di formazione e di aggiornamento efficace e funzionale ai  bisogni veri della scuola e dei  docenti per funzionare  dovrebbe:
  • valorizzare le enormi risorse professionali e didattiche accumulate dalle scuole, da molti Irre, da diversi Istituti universitari, dalle Associazioni professionali;
  • fare scelte chiare nella direzione delle risorse intellettuali e professionali relativamente alle figure degli esperti e dei formatori;
  • investire sulla ricerca finalizzata: non è pensabile infatti che il sistema di formazione/aggiornamento sia fatto  solo dei tradizionali "corsi". Occorre ripensare le forme di aggiornamento e ipotizzare la compresenza di una pluralità di modelli.
In questo quadro l'Amministrazione dovrebbe avere compiti di indirizzo e definire le priorità  della formazione rispetto alle innovazioni introdotte dalle riforme. Dovrebbe inoltre avere il compito di controllo, valutazione, anche attraverso l'affidamento a soggetti esterni, fatta salva la capacità di autovalutazione delle scuole stesse.
Gli Irre dovrebbero  farsi carico della questione complessiva dei  formatori, della ricerca di modelli e procedure per la formazione in servizio, della ricerca didattico-disciplinare, anche in collaborazione con l'Università e con altri soggetti qualificati nel settore della formazione e della ricerca didattica. Dovrebbero diventare veri organismi scientifici direttamente collegati con le realtà scolastiche.
Il ruolo della Bdp dovrebbe essere quello di fornire alle scuole un servizio di documentazione informatico, facilitare l'accesso a documenti, dati, materiali didattici,  valorizzare lo scambio di esperienze.
Le Associazioni professionali non si configurano come agenzie di formazione/aggiornamento. Sono, infatti, ambienti professionali che favoriscono la ricerca, la riflessione, il confronto, l'elaborazione, e come tali costituiscono luoghi di formazione e di crescita professionale. Per la loro storia e tradizione sono anche soggetti qualificati a concorrere, al pari di altri soggetti, al sistema della formazione in servizio e dell'aggiornamento.

Un sistema permanente della formazione in servizio e dell'aggiornamento
Occorre allora costruire un sistema permanente, capillare, articolato sul territorio, ma nello stesso tempo "leggero" che  costituisca una rete di supporto ai bisogni formativi delle scuole e dei singoli e per questa strada sia strumento di potenziamento dell'autonomia professionale dei docenti. Per realizzare questo sistema occorre una precisa volontà politica sostenuta da scelte strategiche e da consistenti investimenti.
Si condivide pertanto l'idea di "sostituire all'architettura tradizionale (centralistica, verticistica e rigida nei modelli organizzativi) un modello a rete, che preveda la presenza di più soggetti, diversificato  nelle proposte e nelle metodologie, con  requisiti di relativa indipendenza, autonomia e funzionalità".
Quello che, soprattutto, ci sembra necessario è  la definizione di una rete di sostegno alle scuole, fatta di centri di documentazione e consulenza, banche-dati, centri multimediali, biblioteche, luoghi di coordinamento tra la ricerca delle scuole e  le strutture scientifiche di ricerca teorica.
Potrebbero rispondere  a queste esigenze le strutture che si ipotizzano, cioè i centri risorse o i laboratori territoriali, per la formazione e l'aggiornamento dei docenti? E come dovrebbero essere organizzati e articolati sul territorio? In che modo dovrebbero collegarsi tra loro, con le scuole, con gli altri soggetti della formazione in servizio e dell'aggiornamento? E con gli enti, istituzioni presenti sul territorio?
Diventa necessaria una struttura di coordinamento "leggera" che sappia aderire alle differenti esigenze e realtà, che sappia coordinare i vari soggetti della formazione,  che sappia essere strumento e supporto per la  crescita professionale delle scuole,  senza proporsi come super-struttura  che abbia, sia a livello nazionale sia periferico, il monopolio delle scelte e delle decisioni, comprimendo, di fatto, la capacità di autonoma iniziativa dei singoli docenti e delle scuole.