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La “progressione” professionale

Documento delle associazioni professionali in merito al concorso per l’attuazione dell’art. 29 del ccnl 24.5.1999.*

La pubblicazione del bando di concorso per ottenere i benefici stipendiali previsti dal recente contratto ha provocato forti reazioni da parte di moltissimi docenti che si sono sentiti minacciati e offesi dalle procedure previste dal citato concorso. Tutto ciò mentre si sta sviluppando la consapevolezza che l’autonomia scolastica implica la responsabilità dei dirigenti e dei docenti nei riguardi del successo formativo degli studenti e quindi la necessità di una valutazione del contributo dei singoli professionisti al miglioramento della qualità della scuola.


Ripensare i principi e le modalità

Quanto accaduto ha indotto molti a ripensare sia ai principi che sono in gioco, sia alle forme attraverso le quali si possono applicare quei principi, senza incappare in effetti perversi, che provochino un arretramento anziché un avanzamento della cultura dell’autonomia e della valutazione.
Fra i motivi della protesta, esplosa in un momento particolarmente difficile anche per il sovraccarico d’impegno e di lavoro provocato da processi di trasformazione che non hanno uguali nella storia della scuola italiana, si segnalano:

  • la mancanza di una condivisa cultura della scuola e della professione docente, in un periodo di cambiamento del quadro normativo e operativo della scuola e, più specificamente, di parametri di valutazione, di prove affidabili e di commissioni sicuramente competenti;
  • la difficoltà da parte dei docenti di accettare di ridiventare oggetti di valutazione, dopo aver superato concorsi e dopo essere stati protagonisti dell’innovazione scolastica;
  • la difficoltà a essere valutati in base all’attività pregressa, con modalità non precedentemente rese note e coerentemente negoziate;
  • il rifiuto di parametri di valutazione basati su una quota fissa di vincitori, ripartita fra diverse articolazioni territoriali e professionali, con effetti di iniquità fra una provincia e l’altra;
  • il timore di una impropria classificazione dei docenti in due categorie, implicante di fatto la retrocessione della maggior parte di loro, sulla base, per di più, di criteri inaffidabili;
  • il timore dell’innesco di un’inopportuna conflittualità fra colleghi, in un periodo nel quale occorre massimamente la cooperazione collegiale;
  • il rischio che l’intera operazione privilegi alcuni, al di là di effettive considerazioni di merito.

Definire i criteri ispiratori
Il dibattito si è dilatato e trasferito dalla discussione della prova alla procedura nel suo complesso, alle sue finalità, ai suoi criteri ispiratori e alle sue modalità organizzative.
Il problema non sembra potersi risolvere solo attraverso piccoli ritocchi della formula del concorso, per evitare alcune delle fondate obiezioni avanzate dagli insegnanti.
Il ripensamento dev’essere più profondo e deve riguardare un nuovo accostamento all’intera problematica della valutazione della professionalità docente, con o senza procedure di tipo concorsuale.
Che la materia fosse delicata e ad alto rischio di fraintendimento, nel passaggio dall’enunciazione di principi generali all’adozione di procedure operative di valutazione, lo si poteva arguire da molteplici segnali. Nell’immaginario dei docenti, anche in rapporto ai soggetti proponenti, di parte governativa e di parte sindacale, fanno ressa istanze opposte, di adesione sia a principi che garantiscano l’uguaglianza sostanziale di tutti i docenti, che comunque continuano a insegnare e che vanno meglio valorizzati sul piano economico, in un quadro nazionale e pubblico certo di diritti e di doveri, sia a principi di differenziazione verso l’alto dei comportamenti, in cui vengano premiati i meriti in ordine al contributo al miglioramento del servizio fornito dalla scuola, contributo misurabile secondo parametri in parte dati e in parte da mettere a punto sul piano della ricerca.
La composizione equilibrata di queste istanze deve andare di pari passo con lo sviluppo dell’autonomia e della valutazione, che non si acquisiscono con la rapidità con cui si stendono i regolamenti e i contratti.
Le resistenze e le contestazioni sono dovute non solo (o non tanto) alla possibilità di valorizzare sul piano economico chi acquisisce una più efficace professionalità didattica, quanto soprattutto alla difficoltà di trovare tempi, modi e procedure capaci di evitare il corto circuito fra valori concorrenti e all’ambiguità e all’approssimazione della formula adottata.
Il problema, si dice da qualche parte, è di far emergere il legame fra comportamento professionale da un lato e risultati formativi dall’altro. Tale legame non è facile da stabilire, né è di per sé probante. Più agevole è individuare il legame esistente fra l’impegno professionale, la qualità della didattica e la partecipazione dei docenti al processo di innovazione scolastica.
Autonomia non significa totale libertà di fare ciò che si vuole; essa richiama piuttosto alla giusta correlazione tra il principio di responsabilità – ciò che la scuola, gli insegnanti debbono garantire secondo il patto democratico che ne è alla base – e il principio di libertà di ricerca, di sviluppo, di sperimentazione, anche questa tuttavia nella logica di garantire un servizio di qualità sempre migliore.
Si tratta, perciò, di sollecitare e favorire in questa direzione tutte le potenzialità presenti nelle scuole, di dare occasione di verifica alle esperienze accumulate; si tratta cioè di dar seguito, coerentemente, proprio a quella parte di autonomia che finora non sembra abbia trovato una presenza significativa e la cui assenza rischia di rendere asfittica e connotata burocraticamente l’autonomia didattica e organizzativa.
La qualifica (implicita) di docente “esperto” mediante concorso, può essere collegata immediatamente all’attivazione di questo importante pezzo di autonomia rimasto estraneo ai processi messi in atto per trasformare la scuola.
La formula “autonomia di ricerca, sperimentazione, sviluppo” comporta la messa a regime delle varie attività e operazioni, tutte attinenti alla professione docente, rispetto alle quali il docente “esperto” può svolgere un’opera diretta di elaborazione, ma anche di orientamento e sostegno verso gli altri docenti.

Promuovere non selezionare
In questo quadro normativo, scopo della valutazione dev’essere non tanto la selezione dei migliori per collocarli in modo permanente in una fascia di eccellenza, quanto la valorizzazione di tutte le risorse, attraverso il riconoscimento – anche economico – di quei docenti che, mettendosi con la loro concreta attività scolastica nella prospettiva degli obiettivi comuni da perseguire, accrescono il comune patrimonio di competenze pedagogico-didattiche in rapporto a criteri di valore e ad attese sociali, migliorano il clima e i risultati della scuola e forniscono punti di riferimento e stimoli ai loro colleghi.
Si tratta perciò di favorire tutte le potenzialità presenti nelle scuole, di dare occasioni di verifica alle esperienze accumulate, di aiutare le singole scuole a dar conto di sé, attraverso un’opera di autoriflessione e di documentazione per diffondere migliori pratiche pedagogico-didattiche.
La stessa cosa si tratta di fare con i singoli docenti, che debbono essere valorizzati nel momento in cui si “raccontano” e “si riprogettano”, in vista di nuovi traguardi di tipo professionale.
In tale contesto la valorizzazione dello sviluppo professionale dovrebbe costituire un riconoscimento e un incremento di valore sociale e quindi una sollecitazione permanente per i singoli e per tutto il sistema scolastico.
Ciò sarà più agevole quando, nell’ambito della nuova normativa, si renderanno più chiari i contorni del docente “esperto”, secondo una visione non monocorde di professione, date le molte competenze richieste da una società poliedrica come quella che ci caratterizza. L’individuazione e il riconoscimento di crediti professionali, cioè la via della valorizzazione di competenze plurali, attraverso un portfolio, che nascono dall’esercizio e dallo sviluppo della professione stessa, e la possibilità di accedere a una valutazione competente, anche al di fuori di procedure concorsuali, possono consentire un accostamento diverso al problema della valorizzazione del merito.
È in questa prospettiva che va progressivamente delineato e costruito un sistema di valutazione dei docenti che sia coerente con le nuove modalità di formazione iniziale, di accesso e in servizio dei docenti.

Qualche proposta
Il rinvio della prova di verifica ipotizzata dal contratto appare in queste condizioni obiettivamente facilitante una ripresa del dialogo fra il mondo della scuola e quello delle sue rappresentanze sindacali e politiche, anche perché l’impianto dell’articolo 29 del contratto presenta vincoli difficilmente accettabili. Le associazioni professionali dei docenti non dispongono, sulla base delle decisioni assunte da altri, in questa difficile fase di transizione, di elementi risolutivi di carattere tecnico e politico, ma ritengono di poter offrire contributi alla riflessione tesa a individuare criteri per identificare e valorizzare la professionalità dei docenti.
Nei tempi brevi, pertanto, qualora il ministro decidesse, nella sua responsabilità politica, di procedere alla riproposizione di un concorso su nuove basi, occorrerebbe procedere in via preliminare alla definizione del profilo del docente che si intende valorizzare per poi puntare al riconoscimento dei crediti professionali acquisiti; e siccome l’esercizio della professione è contestualizzato, non si può non investire in modo deciso il luogo di esercizio della professione, anche se non è possibile risolvere tutto in chiave localistica.
La centralità del lavoro d’aula come luogo promozionale della professione chiama in causa tre aree di competenza da prendere in esame: culturale, metodologico-didattica e relazionale-organizzativa. Da quanto detto può dedursi una procedura così articolata:
– composizione del curricolo professionale, come occasione di riflessività e di costruzione dell’autobiografia professionale, anche in riferimento alle esperienze condotte e ai soggetti con cui si è interagito;
– documentazione intesa come formalizzazione delle esperienze più significative realizzate nella scuola; oggi è vitale per gli insegnanti poter tesaurizzare le esperienze di formazione, innovazione, sperimentazione e accrescimento professionale sotto ogni punto di vista, poter dare visibilità a tutti i prodotti e realizzazioni che in anni di attività possono aver ottenuto. Misurarsi sotto ogni profilo può diventare in qualche misura un modello di costruzione del curriculum professionale del docente e, in questo senso, esso va diffuso presso tutti i docenti.
Potrà essere compito della scuola stessa (capo d’Istituto, comitato di valutazione?) certificare (non valutare!) la documentazione e spettare a commissioni (authority) sicuramente esperte di scuola e di didattica (docenti anziani in servizio opportunamente selezionati e preparati) con una presenza ponderata, interna ed esterna alla scuola, procedere alle ricorrenti verifiche dello sviluppo professionale.
Si tratta di cogliere nella professione docente gli elementi dinamici che ne fanno fattore di innovazione e di sviluppo in senso qualitativo della istituzione scolastica. Il docente che entra nel processo valutativo è un professionista calato in un contesto di trasformazione in atto. È importante considerare che egli ha certamente dietro di sé un passato di cui tener conto, ma anche dinanzi a sé un futuro nel quale dovrà dar prova di saper continuare a sviluppare quelle competenze che l’esperienza concorsuale abbia verificato e valutato.

Roma, 28 marzo 2000

* Aimc (Associazione italiana maestri cattolici); Cidi (Centro di iniziativa democratica degli insegnanti); Fnism (Federazione nazionale insegnanti); Mce (Movimento di cooperazione educativa); Uciim (Unione cattolica italiana insegnanti medi).

numero 5/2000


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