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La scuola di base tra curricoli e competenze
editoriale - di Ivana Summa

Il 2000 si è chiuso per la scuola con due punti fermi: l’Autonomia scolastica, già  partita con il 1° settembre, e le Risoluzioni di Camera e  Senato (12 e 21 dicembre) a sostegno del Programma di Governo di attuazione della legge di riordino dei cicli scolastici.
Quest’ultimo atto è stato un segnale importante per la democrazia nel nostro Paese, poiché le prese di posizione di molte forze politiche di opposizione al momento dell’approvazione del Piano di attuazione del riordino dei cicli da parte del Consiglio dei ministri spingevano nella pericolosa direzione della non applicazione di una legge approvata qualche mese prima dal Parlamento. Un eventuale ritardo nei tempi di esame o il differimento a imprecisati anni futuri dell’attuazione del riordino del nostro sistema di istruzione sarebbe stato interpretato come una sorta di sospensione della riforma, dovuta alla scarsa convinzione e alla conseguente “presa di distanza” dalla legge 30/2000  da parte delle stesse forze della coalizione di governo. Questo pericolo c’è stato, non dimentichiamolo.
A seguito del parere delle Camere è stata rimessa al lavoro dal 18 dicembre la Commissione di studio - già nominata dal ministro De Mauro nel giugno scorso – «per esplorare i possibili percorsi innovativi da progettare, partendo dalle concrete esperienze consolidate dalle scuole, per la realizzazione di alcuni obiettivi qualificanti del riordino dei cicli.» Il lavoro dovrà essere pronto in tempo utile per consentire l’avvio del riordino il 1° settembre del 2001 con le future prime e seconde classi del settennio del ciclo di base e il 1° settembre 2002 con le prime classi del quinquennio del ciclo secondario.
Qual è lo scenario che si apre nell’immediato per la scuola di base?
Si tratta di far “quadrare il cerchio”, ovvero di combinare la capacità di autogoverno delle scuole con la trasformazione verso un modello sistemico e integrato di scuola e con la ri-professionalizzazione dei docenti. Non è un’operazione semplice, per la quale, tuttavia, è possibile essere ottimisti se si verificano tre condizioni.
La prima condizione riguarda le scuole, ovvero la loro consapevolezza che il nuovo ciclo primario potrà nascere sotto una buona stella soltanto se si mettono a punto strategie e piani di azione per favorire una contaminazione positiva tra le diverse culture educative, didattiche, organizzative e professionali della scuola elementare e della scuola media. Questa ‘fertilizzazione incrociata’ potrà avvenire se le scuole progettano se stesse e l’innovazione come un’attività di ricerca che prende l’avvio da ciò che già si fa o si è in grado di fare per individuare ciò di cui si ha bisogno per elaborare e realizzare il percorso che porta gradualmente ai nuovi  obiettivi formativi della scuola di base. Questo compito è affidato anche ai capi d’Istituto, la cui capacità dirigenziale dovrà essere messa alla prova proprio sulla capacità di favorire l’implementazione di processi di innovazione e miglioramento.
La seconda condizione riguarda l’Amministrazione centrale e regionale, ovvero la sua capacità di  indirizzo, dando poche e precise regole, monitorando e sostenendo i processi in atto, valutando i risultati innovativi  per riprogettare l’azione innovativa.
La terza condizione riguarda i docenti, ovvero la loro capacità di utilizzare questa straordinaria fase di cambiamento della scuola per riscattare sul piano del riconoscimento economico e sociale una professione posta a presidio della principale condizione d’esistenza delle società civili: l’istruzione.

numero 2/2001


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