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Un anno dopo...
di Assunta Morrone - editoriale

È stato un anno di sosta forzata, con il blocco del processo di riforma, già avviato nella scorsa legislatura, e con una domanda di coesione e sistematicità da parte delle scuole dell'autonomia, rimasta inevasa. È stato anche un anno in cui si è ridisegnata una scuola che non riconosciamo. Operazioni mediatiche ed effetti-annuncio, che non hanno certo colmato il vuoto di una riforma mancata, né diminuito lo stato di incertezza e il disagio dei docenti, hanno accompagnato provvedimenti del governo il cui intento ultimo appare ormai chiaro: smantellare la scuola statale e non considerare la spesa scolastica come investimento.
Nella scuola italiana di solito i nuovi progetti che prendono forma sono supportati da valide motivazioni culturali e didattiche, da un ampio consenso, da riscontri visibili nel contesto entro cui si calano. Non è così per il disegno di legge delega del ministro Moratti, che, non ancora approvato dal Parlamento anche per contrasti interni alla maggioranza, ci si è affrettati a sperimentare senza la dovuta preparazione, quale che fosse il parere di importanti organismi, come il Cnpi e l'Anci e, in non pochi casi, degli stessi operatori scolastici direttamente coinvolti. Questo clima di improvvisazione e di "provvisorietà" disorienta la scuola e quanti in essa operano e studiano, tanto più che, nonostante le difficoltà derivanti dalla mancata riforma, numerose Istituzioni scolastiche hanno già da tempo intrapreso, in regime di autonomia, la strada di un'attività sinergica e integrata con Enti locali e altri soggetti, presenti sul territorio, proponendo una diversificazione dei percorsi formativi.
È mancato in questi ultimi dodici mesi un reale coinvolgimento degli insegnanti, né c'è stata la possibilità di un aperto confronto delle posizioni culturali, che dovrebbe configurarsi come contrassegno visibile di qualsiasi trasformazione. Sono state invece drasticamente penalizzate le associazioni professionali più rappresentative e attive nella scuola - il Cidi fra tutte - perché critiche e capaci di proposta, ma in una logica diversa da quella dell'Amministrazione!
La sperimentazione nella scuola dell'infanzia ed elementare,'imposta' dal ministro, è una risposta poco esaustiva, sicuramente insufficiente e inadeguata rispetto a quanto è già avvenuto in questi due ordini di scuola (sono altre le domande che la scuola si pone ormai da tempo!), un tentativo di far quadrare i conti senza tenere in considerazione l'esperienza che, in questi anni, entrambi gli ordini di scuola hanno accumulato. Piuttosto, da questa risposta parziale scaturiscono nuovi interrogativi che richiedono urgenti chiarimenti da viale Trastevere. Infatti, non convincono le motivazioni culturali, pedagogico-didattiche e operative dell'anticipo dell'età per le iscrizioni, né l'impianto culturale educativo di tale sperimentazione; e ancor meno convincono, per quanto riguarda la scuola superiore, le intese tra alcune Regioni e il Miur in tema di obbligo, da assolvere nella formazione professionale, in palese contraddizione con le leggi in vigore.
Un anno fa ci chiedevamo che cosa sarebbe accaduto nella scuola con il nuovo ministro, pur in presenza, già allora, dei primi 'significativi' provvedimenti.
Dopo un anno ci appare uno scenario statico e confuso, uno zibaldone di "pensieri in libertà" che non rendono giustizia al lavoro che in questi anni le scuole e gli insegnanti hanno svolto e continuano a svolgere. Ma se il processo di riforma degli ordinamenti si è indiscutibilmente arrestato, la scuola, quella reale, sicuramente più avanti, ha comunque riaperto i battenti, consapevole delle scelte complesse che pone il concreto 'fare scuola'.
Quel "Fare scuola di qualità per tutti" che è il tema del 31° Convegno nazionale del Cidi, il 25 e il 26 ottobre a Salerno, all'insegna di un dibattito che parli di scuola come di uno dei grandi temi della società contemporanea.



numero 10/2002


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