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    mensile del centro di iniziativa democratica degli insegnanti

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      Editoriale - Contrattazione integrativa e professione docente - di Caterina Gammaldi
      La recente consultazione dei lavoratori della scuola sull'ipotesi contrattuale è stata attraversata da un'ampia e approfondita riflessione sulla professionalità docente. Non a caso la discussione nelle assemblee (migliaia, assicurano i sindacati) si è incentrata sulle trasformazioni in atto nel sistema scolastico, sulla formazione degli operatori della scuola, sullo sviluppo della professione, sulle funzioni di sistema, sui meccanismi di riconoscimento delle competenze.
      Sul terreno della formazione, per esempio, sebbene unanimemente condivisa la scelta contrattuale che essa sia un diritto per il personale e un obbligo per l'amministrazione, non sono mancate le preoccupazioni. Preoccupa particolarmente che la gestione delle azioni formative destinate al personale scolastico possa essere ancorata in futuro all'impostazione precedente (dal Mpi, ai Provveditorati, alle scuole), una modalità nei fatti inefficace, tanto più in una scuola autonoma, ove si ha bisogno di assicurare risposte immediate a concreti problemi culturali e professionali, intercettando veri bisogni formativi.
      Si richiamano in proposito i contenuti dell'ex art.28 - il Collegio dei docenti riconosce la partecipazione individuale del singolo docente anche al di fuori della pianificazione di Istituto - per l'evidente legame fra l'affermazione ivi contenuta e l'autonomia culturale e professionale dei singoli.
      Quanto ai contenuti dell'art.29 (ex 22) - trattamento economico concesso allo sviluppo della professione docente - si osserva che c'è bisogno di approfondire la nozione di profilo professionale e, nel contempo, quella di percorso.
      Si dovranno cercare criteri di valutazione dei titoli oltre che convergenze sulle tipologie delle prove, ma soprattutto si dovranno scegliere e formare i valutatori (preferibilmente docenti), indicando le strutture idonee ai diversi livelli (nazionali e periferici) perché siano evitate casualità e improvvisazione.
      Da ultimo le funzioni strumentali al Piano dell'offerta formativa, le cosiddette funzioni-obiettivo, utili per liberare energie e valorizzare competenze a vantaggio di tutte quelle attività di supporto al lavoro dei docenti o in favore degli studenti: convince che la scelta sia fatta nel e dal Collegio dei docenti.
      Perplessità si nutrono, invece, sulla formazione definita nei contenuti in sedi nazionali e svolta a livello provinciale.
      In quali sedi periferiche si pensa di poter fornire quella formazione culturale e professionale necessaria a qualificare, tra gli altri, la progettazione curricolare, la produzione di materiali didattici, la documentazione del lavoro svolto, il rapporto scuola - territorio - lavoro?
      Potranno anche enti e associazioni professionali, sulla base di esperienze debitamente documentate, formulare proposte formative al riguardo?
      Non c'è rifiuto, dunque, a discutere dell'evoluzione del profilo professionale o di valutazione del percorso compiuto, piuttosto si vogliono segnalare elementi di complessità nell'itinerario appena intrapreso: non giustamente considerati, potrebbero indurre ad un utilizzo scorretto dei meccanismi ipotizzati, poco o affatto rispondenti agli obiettivi ricercati. Bisognerà ricollocare il ruolo della formazione in servizio e dell'aggiornamento perché competenze disciplinari, pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali, di ricerca, quali sono richieste per garantire qualità dell'insegnamento e apprendimenti significativi, siano opportunamente riconosciute e valorizzate.
      Se la partita sulla professionalità docente è ancora aperta, occorre che l'ampio dibattito e la costruttiva partecipazione dei mesi scorsi si orientino verso una più convinta assunzione di responsabilità nel "governo del sistema".