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Conoscenze, competenze:
come organizzare il curricolo scolastico (I)

di Carlo Fiorentini

Il problema del curricolo può essere affrontato in modo significativo soltanto sul terreno della complessità, all’incrocio di molteplici competenze. Il curricolo può essere rappresentato all’interno di un quadrilatero, che ha nei quattro vertici: 1) le discipline; 2) le epistemologie e le didattiche disciplinari; 3) le scienze dell’educazione (e in particolare la psicologia dell’appredimento); 4) la riflessione sulla sperimentazione didattica.
 
Discipline (scientifiche, linguistiche ecc.)
Epistemologie e didattiche disciplinari
IL CURRICOLO (che cosa e come insegnare)
Scienze dell’educazione
Riflessione sull’esperienza didattica
 
Storicamente, e ancora oggi prevalentemente, il problema del curricolo viene, invece, affrontato con prospettive riduttive (centrate spesso solo sulle discipline o a volte sulla moda più recente di qualche branca delle scienze dell’educazione), o per giustapposizione di prospettive riduttive, retaggio di una situazione socio-culturale profondamente diversa da quella attuale, dove la scuola era elitaria e svolgeva principalmente un ruolo selettivo.
In una scuola di questo tipo, il curricolo era, (ma purtroppo è ancora) ricavato, dedotto in modo meccanico dall’organizzazione accademica delle discipline. Per curricolo si intende in questo caso soltanto il che cosa insegnare del sapere accademico alle varie età.
Negli ultimi decenni, con lo sviluppo della scuola di massa, si è fatta strada la consapevolezza della necessità della mediazione pedagogico-didattica; tuttavia essa è stata spesso intesa essenzialmente come giustapposizione di strumenti e tecniche didattiche al curricolo scolastico tradizionale di derivazione accademica (è sufficiente pensare alle varie mode tassonomiche, alle griglie e grigliette, agli elenchi telefonici di obiettivi, sottoobiettivi e via dicendo). La necessità della mediazione pedagogico-didattica è spesso diventata il più trito didatticismo.
 Contemporaneamente, da alcuni anni si è sviluppata un’altra prospettiva, anch’essa riduttiva, essenzialmente di tipo metodologico relazionale, in particolare nella scuola di base, riassumibile nello slogan «ciò che è importante sono le relazioni e le metodologie».
Ora, indubbiamente metodologie e approcci relazionali profondamente innovativi rispetto alla scuola trasmissiva e nozionistica tradizionale sono fondamentali, ma soltanto in stretta connessione al che cosa si insegna. Il curricolo è affrontabile in modo sensato solo connettendo il che cosa e il come si insegna. Il problema del sapere disciplinare non può essere eluso. Si pone sempre, fin dalla scuola dell’infanzia, per non fare scelte premature, per individuare problematiche significative e adeguate.
Condividiamo molto la prospettiva costruttivista indicata dal lavoro dei saggi nella sintesi realizzata dal coordinatore, R. Maragliano: costituisce, tuttavia, soltanto un orizzonte pedagogico completamente da riempire.
La centralità delle discipline rimane fondamentale in una scuola che continui a ritenere centrale la finalità della formazione culturale e del pensiero critico. Tuttavia la dimensione formativa delle discipline, in una scuola di massa, non coincide più con la loro organizzazione accademica, specialistica.
Il problema del curricolo potrebbe, quindi, essere riassunto nel passaggio, radicale e arduo, dal sapere accademico specialistico a una struttura formativa delle discipline; nella distruzione, cioè, delle discipline per come sono presenti spesso nella scuola, e nella costruzione di una struttura formativa delle discipline. Questa è edificabile soltanto con una ricerca e sperimentazione di tipo multidisciplinare sul sapere disciplinare accademico, cioè con competenze intrecciate sia di carattere psicologico-pedagogico che epistemologico-didattico.
In realtà non siamo all’anno zero: in molti ambiti disciplinari, da decenni ci si sta muovendo in questa direzione, che è, tuttavia, rimasta confinata in ambiti minoritari per l’abbandono istituzionale in cui le scuole sono state lasciate fino ad oggi: è sufficiente pensare alla politica delle educazioni del ministero della Pubblica Istruzione che ha imperversato per un quindicennio, o all’indifferenza dell’università, come istituzione, nei confronti di questi problemi.

numero 6/2000


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