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    mensile del centro di iniziativa democratica degli insegnanti

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      Un commento (Riforma degli OO.CC. territoriali) - di Caterina Gammaldi

      Lo scorso 22 febbraio il Cnpi, in una pronunzia di propria iniziativa sulla riforma degli Organi collegiali di livello nazionale e periferico (art. 21, c.15, legge 59/97), sottolineava, tra l’altro, l’esigenza di procedere a una riflessione accurata sul significato e ruolo della partecipazione e sull’esperienza degli Organi collegiali sviluppatasi a seguito dell’emanazione dei decreti delegati del ‘74.

      Occorre, vi si legge, "una rinnovata attenzione al ruolo dei diversi soggetti interessati e coinvolti nei processi di istruzione e formazione", "un rilancio e una rivisitazione degli strumenti di partecipazione", ma soprattutto una distinzione tra "la rappresentazione dei bisogni, delle domande esplicite e delle esigenze dei diversi soggetti interessati alla vita, alle attività e ai risultati della scuola e la responsabilità di realizzazione dell’attività formativa, che deve essere chiaramente affidata alle competenze e alle responsabilità professionali del personale", superando, altresì, "il concetto di partecipazione indistinta, che nell’esperienza concreta si è andata sempre più caratterizzando come priva di ruolo, poteri e prerogative reali".

      Il decreto legislativo, approvato dal Consiglio dei ministri il 25 giugno scorso dopo essere stato sottoposto all’attenzione del Cnpi per il prescritto parere (espresso in data 22 giugno), non sembra coerente con quanto su esposto.

      Sebbene sia "condivisibile il concetto di fondo di un’articolazione territoriale che cerchi di creare una corrispondenza tra la riforma dell’amministrazione centrale e periferica del Mpi e i futuri organi collegiali", le scelte adottate contrastano con quanto auspicato.

      Per esempio, non sembra che venga pienamente riconosciuto il valore democratico della partecipazione: la scelta effettuata di proporre per questi organismi elezioni di secondo livello contrasta con quanto su espresso. Inoltre, si sarebbe dovuto maggiormente esplicitare il senso di tali Organi collegiali a livello nazionale, regionale e locale. Come non considerare, tra l’altro, che essi concorrono a garantire "l’autonomia delle istituzioni scolastiche e la libertà d’insegnamento" e, altresì, la funzione istituzionale sul territorio, tutelando il diritto allo studio e alla formazione degli allievi?

      Nel merito delle modifiche apportate, circa i compiti del Cnpi (nel decreto esso è denominato Consiglio superiore della pubblica istruzione) sarebbe stato opportuno, tra l’altro, assegnare a esso l’espressione di pareri obbligatori nonché vincolanti sulle materie relative allo stato giuridico del personale scolastico non disciplinate dai contratti collettivi di lavoro. Non appaiono, inoltre, equilibrate le modifiche circa la composizione del Consiglio, con particolare riferimento al rapporto fra eletti e nominati.

      Circa l’istituzione di organi collegiali d’interesse degli Enti locali (art.6), lo stesso Cnpi aveva chiesto la soppressione dell’intero articolo, sia perché in contraddizione con l’art. 21 (legge 59/97), sia perché incoerente anche rispetto al discutibile principio di sussidiarietà: un organismo di cui non si precisa l’ambito territoriale di riferimento, le materie affidategli, i criteri di costituzione, le modalità di funzionamento, non elimina le duplicazioni, se mai le incoraggia.

      Nuovi Organi collegiali senza il riordino dell’amministrazione centrale e periferica rendono problematico qualsiasi tentativo di "armonizzazione", pure prevista nell’articolo 21 della legge 59, necessaria per rinforzare il processo di autonomia in corso.