Giancarlo Cerini pone alcune domande ai relatori:
1. Quale sarebbe per voi l'agenda?
2. Quale rapporto tra politica e scuola?
3. Quale politica per la scuola?
4. Quali priorità?
Domenico Chiesa
La scuola oggi è in una posizione di difesa rispetto al mondo politico ed è soprattutto preoccupata per la filosofia che ispira le riforme del governo. E' necessario che ci sia un cambiamento radicale del rapporto tra politica e scuola; gli insegnanti devono essere coinvolti nel processo di riforma in quanto intellettuali. (De Bartolomeis sosteneva che gli insegnanti non sanno eseguire; ciò significa che devono essere chiamati ad agire in prima persona).
La politica deve costruire una prospettiva alla scuola, che è un sistema, ciò vuol dire che gli interventi di riforma non possono seguire una logica lineare: basta toccare un punto del sistema e tutto è coinvolto. Il settore fondamentale, che richiede un importante intervento riformatore è la scuola dopo i quattordici anni: se non si cambia quel segmento non si riuscirà a cambiare niente. La scuola è pronta. E la politica?
Marcello Messori
Per il rapporto economia, politica, formazione potrei cavarmela con uno slogan: i risultati dell'educazione sono di medio e lungo periodo, quelli della politica agiscono sul breve periodo. Ma voglio sostenere la tesi che il problema non è solo nelle risorse, è che queste vanno coniugate con il progetto. Ho notato nel filmato che è stato proiettato una grande consapevolezza presente nel livello della politica, i problemi sono stati posti sul tavolo ma non affrontati. Un punto mi ha colpito: l'affermazione del voler contrapporre una formazione professionale con una formazione del cittadino. Le due cose non così distanti come sembra. La formazione prevista dalla Legge Moratti non serve all'economia.
Maria Coscia
Vorrei dire che i politici mi sono sembrati competenti e credo che vi sia la necessità che essi interloquiscano con gli esiti di questo 34° Convegno nazionale del Cidi. C'è bisogno di una scuola capace di essere in sintonia con i cambiamenti della società, questo si può realizzare se i provvedimenti relativi alla scuola non vengono calati dall'alto ma , in una società complessa come quella attuale, sono attenti a recuperare la ricchezza presente nella scuola italiana. Per formare le giovani generazioni bisogna essere consapevoli che ciascuna bambina e ciascun bambino hanno diritto a percorsi educativi e di formazione significativi. Il Comune di Roma che io rappresento sta cercando di essere punto di riferimento per gli insegnanti e le insegnanti. I governi locali possono essere dei facilitatori nell'avvicinare la politica alla scuola reale, nel creare un'interazione forte tra città e scuola.
Daniela Monteforte
Quale Welfare municipale?
Il rapporto tra politica e formazione è "losco". Il diritto al sapere è riconosciuto come elemento fondamentale; c'è la disponibilità all'ascolto; si riconosce non solo l'importanza delle risorse ma anche della ricchezza di esperienze, dalle buone pratiche. Nelle risposte c'è, però, una visione segmentate del mondo della scuola. L'ascolto deve essere la premessa sulla quale gli enti locali possono fare mediazioni e realizzare relazioni necessarie alla costituzione del Welfare. Agli enti locali deve essere data la capacità economica di sostenere le riforme.
Beniamino Brocca
Due impressioni e indicazioni ricavate:
nel filmato che abbiamo visto i politici sono stati "generici", si notava che c'era una fatica sofferta nel cercare gli argomenti; le stesse espressioni erano generiche, sono stati usati luoghi comuni (per chi come noi lavora dentro alle questioni) che dimostrano una strana (poca) meditazione dei problemi.
Sono state comunque ricavate alcune indicazioni: la prima riguarda la parte economico-finanziaria (si rinnova a partire dalla Finanziaria). E' difficile parlare altrimenti di riforme. Occorre che la scuola acquisti una priorità nella politica, "mi sembra che non ci sia oggi".
Nel passato alcuni governi caddero sulla scuola (la scuola deve avere una sua importanza), "oggi molto si dice, poco si fa".
Bisogna recuperare, per la scuola, una priorità rispetto agli altri problemi.
Bruner fa riferimento a un'idea di cultura, occorre partire dalle strategie da lui proposte.
Albertina Soliani
Le interviste danno il senso di un "buon approccio alla politica. Perché? Perché tra un anno dovremo aver messo a punto un grande progetto condiviso nel quale la scuola occupi il centro.
C'è nelle risposte ad esempio la necessità della consapevolezza critica, dell'educazione democratica.
Queste idee ci sono, vanno declinate, non ci sono ancora le strategie. dalla declinazione di strategia e impegno dobbiamo passare a costruire una nuova proposta, un progetto che faccia dell'Italia un Paese libero in Europa (attraverso la costruzione del welfare della scuola...).
Cosa fa un insegnante in Parlamento?
Alba Sasso
Sull'esperienza di parlamentare posso rispondere che in Parlamento si parla della scuola in momenti particolari e tra addetti ai lavori.
Il filmato che abbiamo visto prima è molto interessante e va utilizzato perché mette sul tappeto cose importanti per il futuro della scuola. Va sottolineato che c'è un'assunzione di responsabilità sulle scelte da fare in futuro.
Come e dove costruiamo i tavoli per un'interlocuzione tra politica e scuola?
Va costruito un percorso di lavoro che tenga conto dell'elaborazione della scuola e degli insegnanti. Le riforme non si fanno per gli insegnanti ma non si fanno nemmeno contro di loro.
E' questa una chiamata alla responsabilità per gli insegnanti.
Altro problema che voglio porre all'attenzione è la questione della formazione professionale che non può essere fatta se non dopo l'obbligo d'istruzione
e va ricondotto a 16 anni di età e in prospettiva a 18.
Infine, come si costruisce un progetto culturale?
Abbiamo ascoltato nel Convegno interventi interessanti in proposito: Vertecchi ci ha ricordato il carattere progressivo dell'istruzione pubblica; Simone ci ha fornito una riflessione (anche se pessimistica) sulla modificazione dei modelli cognitivi.
In un progetto culturale vanno tenuti presenti tutti questi elementi e ogni soggetto che opera nella e per la scuola deve fare la sua parte per portarlo a termine.
Lettera di Epifani
Scusandosi per non esser presente ai lavori conclusivi del Convegno, si richiama ad una prassi consolidata di confronto e scambio di idee fra le nostre organizzazioni che ha fatto crescere in questi anni stima reciproca e condivisione di valori fondamentali, prima di tutto la difesa della natura pubblica e laica del nostro sistema di istruzione.
"Siamo impegnati in una discussione molto vasta che parte dalla necessità di mettere in evidenza le priorità programmatiche necessarie per scuola, università e ricerca".
Il percorso messo in atto dalla CGIL è frutto di una scelta precisa: "siamo convinti che il comparto della conoscenza debba essere pubblico, laico e autonomo, individuiamo lì le risorse e le intelligenze sulle quali investire per uscire dal declino e delineare un pù avanzato quadro di sviluppo economico e democratico del nostro Paese".
L'ipotesi avanzata da Epifani è quella di delineare una proposta programmatica che vedrà la luce nei prossimi giorni alla vigilia dello sciopero generale del 18 marzo per imporre l'apertura delle trattative per rinnovi contrattuali scaduti da troppo tempo.
Con l'augurio di buon lavoro si dichiara vicino ad ognuno dei partecipanti al 34° Convegno Nazionale del Cidi.
Giancarlo Cerini propone ulteriori domande:
1. Perché è così difficile per gli insegnanti vedersi come soggetti politici, come intellettuali che partecipano alla vita politica?
2. Cosa chiedono gli insegnanti alla vita politica?
3. Come è possibile il protagonismo degli insegnanti?
Domenico Chiesa
In questi ultimi anni gli insegnanti che sono riusciti a "reggere" sono i più attrezzati culturalmente. Nell'incontro che Bruner ha avuto con le maestre del comune di Roma ha suggerito la "gentilezza" come "cifra" della professionalità dell'insegnante; infatti per essere gentili c'è bisogno di una enorme professionalità e un'alta consapevolezza del proprio ruolo. Questa forza è anche dell'associazionismo: stare dentro il miracolo dell'apprendimento, dentro questo meccanismo e contemporaneamente avere consapevolezza che tale meccanismo è in stretto rapporto con la politica. Gli insegnanti bravi hanno imparato in questi anni che il loro mestiere ha bisogno di un rapporto con il mondo "fuori" ma l'impossibilità di vedere spazi reali di lavoro ha ingenerato stanchezza. Per l'insegnante non è difficile la mediazione tra cultura e apprendimento, questo fa parte della sua professionalità; quello che è difficile è poter lavorare in condizioni di tranquillità create dal mondo esterno. Gli insegnanti sembrano un po' sprovveduti, ma c'è anche la consapevolezza che la scuola autonoma ha bisogno di alleati, cioè deve essere capace di rapportarsi ad altre istituzioni del territorio.
Per quanto riguarda l'istruzione professionale la scuola non deve rinunciare al suo ruolo specifico che consiste nell'assicurare un processo di apprendimento e contemporaneamente deve sapere che c'è bisogno di complementarietà tra cultura e istruzione professionale, perché solo così al ragazzo si può evitare che subisca l'impatto con il mondo del lavoro. Per concludere le due parole chiavi su cui costruire il rapporto tra scuola e politica sono: consapevolezza e ascolto.
Marcello Messori
La maggiore difficoltà risiede nel fatto che la nostra modalità di crescita economica non ha giocato sul capitale sociale della formazione come elemento essenziale. Questa tendenza va invertita perché sono cambiate le regole del nostro sistema economico. Da economisti potremmo individuare un nesso tra livello di educazione e livello formativo e produttività totale dei fattori. La produttività del lavoro, pur scontando ritardi, è stata piuttosto elevata nel passato: questo paradosso è stato possibile per una serie di fattori che sostenevano tale rapporto. Due elementi risultano decisivi: la svalutazione della nostra moneta e la spesa pubblica generosa nei trasferimenti alle imprese e alle famiglie. Tale storia è finita grazie a tre fattori: l'Unione Monetaria Europea, le nuove tecnologie, l'ingresso nei mercati internazionali di Paesi meno sviluppati economicamente e socialmente. Ciò ha comportato un cambiamento radicale del mondo dell'economia. Questo aspetto si collega al mondo della scuola con due alternative: recuperare i fattori distorti della competitività in modo surrettizio e ripristinare i dazi doganali o cercare di costruire campioni nazionali.
È necessario inserire l'Italia in questa rivoluzione tecnologica e di conoscenza che caratterizza il mondo attuale. Un mondo ideale è quello in cui la flessibilità del lavoro interviene dal punto di vista di chi lavora. Educazione e cultura devono essere molto articolate, educazione e formazione dovrebbero essere elementi che spingono il nostro sistema economico ad innovarsi e ad avere una significativa inversione di tendenza.
Maria Coscia
Il Comune di Roma sta cercando di collegare le competenze ad un'idea di governo della nostra città. Sul Welfare parliamo di pieno piano regolatore sociale che pensa alla qualità della vita ad al livello urbanistico: al centro c'è la persona che abita tutti i luoghi della città. Stiamo lavorando alla riqualificazione e al recupero degli ambienti formativi con una progettazione partecipata per concorrere ad una nuova qualità dell'ambiente scolastico: i nidi per riconoscere cittadinanza ai più piccoli, nuovi insediamenti di scuole e strade con servizi qualificati per i più piccoli. C'è una reteb forte di servizi educativi e di educazione: abbiamo un modello diverso per opporci all'anticipo, servizi sperimentali posti in essere tra educatrici ed insegnanti, con una diversificazione dei percorsi formativi e con progetti di continuità 0-6 anni.
Ci siamo opposti all'eliminazione del tempo pieno ed abbiamo aperto circa 200 sezioni in più. Vogliamo essere sponda per il mondo della scuola, vogliamo dare fiducia per una scuola in sintonia con i cambiamenti della società. Scuola dell'infanzia e scuola primaria sono importanti, stiamo lavorando sulle criticità presenti nella scuola media e quindi abbiamo percorsi di lavoro tra ultimo anno della scuola elementare e scuola media per evitare il fenomeno il fenomeno della dispersione.
Elementi di innovazione sono presenti anche attraverso l'alimentazione ed il tempo mensa per favorire la multiculturalità.
Stiamo costituendo un centro che sia riferimento per le scuole in cui esse possano confrontarsi e dialogare, ricercando insieme per documentare le buone pratiche. Questa è la città educativa.
Rincalzano ancora le domande di Giancarlo Cerini:
1. La province fanno sistema?
2. Possono decidere?
3. C'è federalismo dell'autogoverno?
4. Le scuole dell'autonomia come stanno nella rete?
5. Gli enti locali possono essere costruttori di "fiducia"?
6. Come costruire un patto per l'educazione?
Daniela Monteforte
L'esperienza è esattamente essere punto di riferimento nello svolgimento del servizio alle scuole, oltre le competenze che sono state attribuite alla Provincia. Necessaria una riflessione sul rapporto tra autonomie scolastiche e autonomie locali. La realtà a cui si fa riferimento è una realtà ampia e complessa, molti studenti (circa 170.000) e territorio esteso. La priorità è qualificare le competenze sulla base della legge 59. La Provincia deve mostrare di essere in grado di sviluppare energie, di fare rete sociale sul territorio. Per mettere in atto il nesso scuola/territorio/territori/enti locali ci si scontra con una mancata sensibilità delle amministrazioni precedenti. La logica è di sviluppare azioni efficaci per il successo formativo, valorizzare le buone pratiche, definire quale sistema integrato. Il contesto nel quale si opera azzera gli strumenti di partecipazione democratica e rende le azioni più difficili. Per tale motivo sono state istituite conferenze territoriali, è stata istituita la consulta dei dirigenti, si sta costituendo una relazioni con i Consigli d'Istituto, creando altresì rapporti con i piani dell'offerta formativa in relazione alle esigenze emergenti, per sensibilizzare politica e istituzioni.
Beniamino Brocca
Il doppio canale è il punto fondamentale di questa legge. Nel rapporto scuola - lavoro, la scuola non è al traino del mondo del lavoro. Maggiore duttilità della mano d'opera e maggiore consapevolezza nel lavoro, sono queste le richieste da tenere invece in considerazione. Ci sono attese di istruzione e il modello va costruito in base a questo. Il sistema integrato e quello binario hanno grande dignità scientifica ma non ammettono soluzioni pasticciate. La proposta attuale lo è.
È un errore la liceizzazione (trasformazione di tutte le scuole in licei), è un errore la considerazione della cultura liceale come la sola vera cultura. Nel passato non era così ed è oggi ancora valida un'altra possibilità. La banalizzazione della formazione professionale significa non aver capito i veri problemi perché il sistema integrato può essere limitato, rigido (a rischio di esclusione), pericoloso in quanto marginalizza la formazione professionale, in contro tendenza rispetto all'OCSE che insiste molto per la costruzione di un secondo canale nel nostro Paese. Non un sistema duale ma binario, due canali di pari dignità in un unico sistema. È necessario studiare la fondazione teorica dei due percorsi, due sottoinsiemi del sistema. Delicato il passaggio dell'esistente nella nuova realtà: tutta l'istruzione tecnica e quella professionale dovrebbero entrare nel secondo canale a cui affiancare la formazione professionale per compiti diversi. Importante è la costruzione dei piani di studio, la curvatura delle singole discipline nei piani di studio. Creare, dunque, su questo terreno la differenza tra i due canali, con la prospettiva di un indirizzo scientifico e tecnologico.
Si deve costruire un tavolo culturale delle idee e tavoli istituzionali al plurale.
Si organizzi un seminario di approfondimento su questi aspetti.
Come si può costruire un progetto che metta al centro gli insegnanti?
Albertina Soliani
C'è domanda di scuola pubblica e fiducia negli insegnanti.
Abbiamo visione lunga dei processi che sono dentro e fuori la scuola.
Dobbiamo immettere categorie e scenari nuovi accanto a quelli che abbiamo. Il ruolo della scuola può diventare forte se essa si colloca nei punti nodali già definiti da Messori.
Le scelte del Governo hanno determinato impoverimento culturale e strutturale. È necessario definire un sistema unitario che assicuri risultati e che eviti la spartizione di pezzi di ordinamento e di parti del personale. A questo deve corrispondere formazione e lo stato deve assicurare le risorse. Le Regioni devono essere competenti su tutto il sistema ma attenti ai propri compiti di organizzazione e gestione. Gli insegnati devono essere competenti in merito allo scenario precedente.
L'esempio mi viene dalla "Fabbrica" alla periferia di Bologna in cui si raccolgono idee, si discute, protagonisti incontrano esperti in una visione integrata per la costruzione del programma.
"Esserci" è democratico.
Alba Sasso
Il Cidi è uno dei pochi luoghi in cui si impara. Questi tre giorni sono stati importanti per quanto emerso. Nell'ultimo intervento di Brocca è Importante la proposta fatta di aprire un tavolo di riflessione sul secondo canale.
Le questioni da porre sono :
- Gli investimenti (le riforme a costo zero non si possono fare);
- Le battaglie di cultura e di valori (scuole di pari dignità e assi culturali forti).
Non partiamo dal nulla, si pensi al governo del sistema, alla questione docente...
Le leggi sono buone se portano a soluzioni legislative ciò che di buono è stato realizzato nella scuola. In questo modo è possibile garantire il diritto allo studio, investire e innovare per creare lavoro, innovare per creare lavoro.
Per ciò che riguarda il progetto che dovremo mettere in piedi per governare il Paese penso che si debba partire da alcune premesse fondamentali condivise.
(Daniela De Scisciolo, Mirella Filice, Rosamaria Maggio, Domenica Orifici, Mena Pipicelli, Luciana Scarcia)
|
|
|