La
scuola e la "città"
Beatrice
Mezzina, che presiede i lavori della mattina, chiarisce il
senso della "città": non è semplicemente
il territorio, in una accezione molto ristretta, bensì
l'insieme delle molteplici relazioni con tutte le realtà
con le quali le scuole possono/debbono utilmente interagire.
L'autonomia
delle scuole nel nuovo ordinamento dello Stato - Alessandro
Pizzorusso
Le
modifiche al titolo quinto della seconda parte della Costituzione,
legge3/ 2001, influiscono in modo ampio ed incisivo sull'ordinamento,
ridisegnano i rapporti centro- periferia, presentano nodi problematici
e pongono vari problemi di interpretazione.
In primo luogo, la legge 3/2001 dà copertura istituzionale
a tutti i provvedimenti già adottati in nome del federalismo;
pone, però, il problema sia delle caratteristiche del
federalismo sia della eventuale definizione, nella Costituzione,
dei rapporti con l'Europa.
Accanto alle valutazioni positive, i dubbi sulle prospettive
di sviluppo riguardano:
-
La
nozione di federalismo, della quale è difficile definire
i contorni.
-
Il
rapporto con il diritto regionale e gli Enti locali (rafforzamento
del ruolo delle Regione e ruolo degli statuti regionali).
-
Il
completamento della riforma con eventuale istituzione di una
Camera delle Regioni o, in alternativa, la possibilità
di modifica dei regolamenti parlamentari per aprire ai rappresentanti
delle Regioni e degli Enti locali in alcuni momenti della
vita parlamentare.
E' in corso
una nuova stagione dell'ordinamento regionale, che si succede
a varie azioni passate, di rilancio della prospettiva regionalistica.
E' solo l'ennesimo rilancio? Forse no, perché le modifiche
attuali sono profonde e radicali e inoltre perché l'evoluzione
ipotizzata è in linea con le tendenze europee e risponde
al principio di sussidarietà; il rafforzamento delle
Regioni e degli Enti locali dovrebbe corrispondere alla valorizzazione
dei diversi livelli di esercizio di poteri pubblici.
Questa riforma trasformerà l'Italia in Stato federale?
Sussidiaretà, differenziazione, adeguatezza sono termini
che la dottrina giuridica dovrà interpretare e definire,
soprattutto nelle conseguenze e nella portata.
Per quel che riguarda, in modo specifico, la scuola, le Istituzioni
scolastiche sono espressione di comunità con caratteristiche
particolari; che non possono essere territoriali così
come si intende per gli EE.LL..
La scuola ha componenti a cui sono attribuite funzioni diverse,
ruoli diversi che confluiscono nella gestione della scuola stessa.
In relazione a ciò, la riforma degli Organi collegiali
non può essere ripensata se non in termini di democrazia
partecipativa, fondata su principi collaborativi. Gli emendamenti
presentati ai disegni di legge già esistenti vanno in
direzione opposta, così come il disegno di legge di riforma
approvato dal CdM del 14 marzo scorso. (Mena
Pipicelli)
I
soggetti e le azioni - Aurelio Pellegrini
La proposta di legge sugli OO.CC., presentata dall'attuale maggioranza
parlamentare, ritorna al passato ripristinando il ruolo degli
EE.LL., nella scuola, come proprietari degli immobili; contestualmente
il ddl delega di riforma affida alle Regioni il 25% della definizione
dei piani di studio. Si vuole tornare a un rapporto di sospetto
e di paura tra scuola ed EE.LL., ignorando quanto previsto dalla
recente modifica della Costituzione. Ad esempio, era prevista
per la Regione la delega sulla formazione professionale e non
sulla istruzione professionale perché in questo caso
si avrebbe una formazione di serie C.
C'è bisogno di istituire tavoli di concertazione tra
le scuole e gli Enti locali, come i Pia (Piani integrativi di
area) che già la Regione Toscana ha istituito nell'ambito
del diritto allo studio, in cui si realizzano accordi di programma
che decidono e codificano i rispettivi interventi.
Anche se il ministro Moratti ha sospeso i Cis (Centri di sostegno
per l'autonomia) nulla impedisce che a livello territoriale
si istituiscano dei Centri con analoghe funzioni.
A Pisa, nell'ambito di un accordo con il ministro Berlinguer
sulla sperimentazione dell'autonomia, tali Centri esistevano
già tre anni fa. Si tratta di riprendere quella esperienza
e di istituire nuovi Centri. La Provincia di Pisa li realizzerà
a sue spese con l'intenzione di farli gestire direttamente da
docenti delle scuole. (Velia Di Pietra)
Dalle istituzioni scolastiche autonome alle reti di scuole
- Emanuele Barbieri
Gli
interventi di Pizzorusso e di Pellegrini permettono di inserire
il discorso in una cornice giuridico istituzionale ben definita.
Come le scuole non devono avere paura del loro coinvolgimento
con gli Enti locali, così non devono esitare a potenziare
la loro autonomia interna e a collegarsi con quella delle altre
scuole. L'autonomia non è né riduttiva né
difensiva ma è un modo di essere connaturato alla funzione
istituzionale e culturale della scuola. Costituisce perciò
un ribaltamento del punto di regolazione del sistema.
Proprio perché la scuola mette al centro di se stessa
le esigenze formative della persona, essa deve usufruire dell'autonomia
amministrativa, didattica, di ricerca e formazione.
Quali sono gli strumenti da potenziare e che tuttavia non possono
essere modificati perché invarianti rispetto ai mutamenti
e alle turbolenze della politica? Essi sono la libertà
di insegnamento e il diritto all'istruzione dei cittadini. Fino
alla legge Bassanini, lo Stato si identificava con la Repubblica,
ma quando la Repubblica, come ora, viene rappresentata a differenti
livelli istituzionali (Stato, Regioni, Province, Comuni), dove
si colloca la scuola? Essa evidentemente non è più
un'articolazione del ministero, ma continua ad esercitare il
compito essenziale dell' art.33 della Costituzione di garantire
il diritto fondamentale di cittadinanza. Questo è un
punto di riferimento comune, di Costituzione condivisa. E' all'autonomia
scolastica che si deve chiedere la garanzia e non all'autorità
centrale. Allo stesso modo è indispensabile rivendicare
l'autonomia amministrativa come prerogativa di salvaguardia
del buon governo, indipendentemente dall'assetto politico nazionale
e locale.
Gli ambiti di sovranità dell'autonomia scolastica sono
quelli delineati dall'art.21 della legge Bassanini, e cioè,
il Pof, la definizione del curricolo, l'incentivazione della
ricerca e dello sviluppo.
In questo senso è contestabile l'idea di quota percentuale
di curricolo come pacchetto di discipline aggiuntive. La quota
deve essere in funzione delle esigenze didattiche di formazione
sociale e civile specifiche di ogni Istituto scolastico autonomo.
Inoltre si deve rifiutare che ci sia una quota di curricolo
solo gestita dagli Enti locali.
Anche sulla fisionomia di rete c'è molto da lavorare.
Da un esame dettagliati dell'art. 7 del Regolamento dell'autonomia,
risulta che la rete è attualmente o sotto utilizzata
in implicazioni esclusivamente amministrative, oppure non utilizzata
da un punto di vista didattico. La rete deve invece rafforzare
un' organizzazione dal basso di legami e di scambi di esperienze
didattiche e culturali tra le varie scuole che non riguardino
solo le esigenze di politica regionale sul territorio. Le reti,
nei loro indirizzi tematici, per distinti settori scolastici
e per progetti, potranno così illuminare anche le attività
dei Centri di supporto.
D'altra parte, si temono per l'autonomia alcuni pericoli, sia
perché essa potrebbe non essere praticata, sia per una
specie di "asfissia" derivante da un'eccessiva sollecitudine
verso le scuole da parte di amministrazioni locali troppo "attente"
nelle loro prescrizioni: deve essere un'integrazione, non un'annessione.
Quali gli antidoti?
Alcuni sono insiti nell'idea stessa di rete che permette lo
sviluppo di un confronto molto ampio chiaro e flessibile. Ma
un altro antidoto deve essere suscitato dalle iniziative delle
varie componenti scolastiche tra cui i genitori e le associazioni
culturali e professionali, come il Cidi, che con le loro esigenze
potranno rendere concrete quelle conferenze scolastiche adatte
a incrementare rapporti strutturati tra scuola e territorio.
(Rosanna Angelelli)
La
risorsa insegnanti (1) - Carlo Fiorentini
Parlare degli insegnanti, del loro riconoscimento sociale, della
loro formazione iniziale ed in servizio ecc., per un'associazione
come il Cidi ha senso essenzialmente in relazione alla trasformazione
democratica della scuola. E negli ultimi anni il nodo più
importante, ma anche più problematico e controverso,
del processo di democratizzazione della scuola si è rivelato
essere il passaggio dalla scuola del programma alla scuola del
curricolo. E qui il ruolo degli insegnanti è decisivo,
perché soltanto essi, interpretando in modo progressivo
la grande libertà sancita dall'autonomia scolastica,
potranno effettivamente centrarla intorno all'articolo 6 del
Regolamento, quello che si riferisce all'autonomia di ricerca,
sperimentazione e sviluppo.
Occorre innanzitutto chiarire che cosa si intende con questa
formulazione, con questo slogan, con scuola del curricolo.
La scuola del curricolo è la scuola della complessità:
da molti decenni, per realizzare apprendimenti significativi,
e quindi competenze culturali durature, occorre contemporaneamente
selezionare saperi essenziali, strumenti e ambienti adeguati
e praticare metodologie e modalità relazionali innovative.
E' necessario abbandonare la logica del programma che si affida
essenzialmente all'organizzazione specialistica, accademica
delle discipline, al disciplinarismo.
Qualcuno potrebbe osservare: ma dov'è la novità?
Queste consapevolezze, infatti, la parte più impegnata
della scuola le ha fatte proprie e ha cercato di praticarle
da molti decenni, ma occorre, tuttavia, ricordare che il ministero
della Pubblica Istruzione non le ha mai sostenute, e che soltanto
negli ultimi anni con Berlinguer e De Mauro, il rinnovamento
del curricolo è diventato il tema centrale anche dell'iniziativa
politica democratica.
In questi mesi sembrerebbe non essere più di moda, ma
quella parte del mondo della scuola che ritiene che la scuola
costituisca una delle istituzioni fondamentali della democrazia
non può stare a guardare ed eventualmente essere subalterna
alle mode del governo di centrodestra; deve anzi continuare
ad impegnarsi, più di prima, nonostante gli ostacoli,
per il rinnovamento curricolare e la democratizzazione effettiva,
e non solo ordinamentale, della scuola.
Se non si realizza, infatti, una saldatura tra riforme strutturali
e competenze culturali, la democratizzazione si trasforma in
illusione democratica, con possibili, conseguenti ritorni al
passato.
Il rapporto con la politica non è mai scontato, ma è
decisivo che la politica progressista incontri nel suo cammino
molti esempi di scuola democratica per potere elaborare politiche
scolastiche conseguenti e non soltanto banalmente innovative.
E' quindi fondamentale per un'associazione di insegnanti come
il Cidi la diffusione su tutto il territorio nazionale di buone
pratiche e conseguentemente di un numero ampio di insegnanti
ricercatori sperimentatori di una concezione democratica del
fare scuola, non più selettiva-elitaria da una parte,
né banalmente puerocentrica dall'altra. E ciò
a prescindere dalle collocazioni politiche: quanti nostalgici
di sinistra della scuola gentiliana sono emersi negli ultimi
anni! Anzi le voci critiche nei confronti delle riforme degli
ultimi anni che si sono fatte maggiormante sentire sono state
prevalentemente le loro.
Tuttavia
le difficoltà nella realizzazione della scuola del curricolo
non sono state negli ultimi venti anni soltanto di tipo politico,
ma anche di tipo culturale.
Gli approcci prevalenti sono stati e continuano ad essere di
tipo riduzionistico, quali ad esempio:
1) il disciplinarismo; 2) il didatticismo; 3) la pedagogia per
obiettivi (vari tipi di tassonomie); 4) l'attivismo, lo sperimentalismo;
5) l'ambientalismo; 6) le tecniche relazionali; 7) la computermania.
Molti esperti di settori molto specifici propongono il loro
specialismo come La soluzione dei problemi della scuola (si
va dalle mappe concettuali, ai moduli, dall'ambiente al computer,
dalle attività fine a se stesse alle tassonomie, dalla
didattica breve a qualche altra tecnica didatticistica).
Curricolo significa invece, indubbiamente, complessità,
multidisciplinarità, interdisciplinarità. Ma di
che tipo?
L'interdisciplinarità come proposta didattica immediata,
in alternativa alle discipline, ma subalterna di fatto alle
discipline impostate in modo tradizionale, legate sostanzialmente
alla logica del programma o non piuttosto come ricerca interdisciplinare
e multidisciplinare per costruire la cultura della scuola, per
destrutturare, cioè, le discipline accademiche e per
costruire un'organizzazione formativa delle discipline.
Scuola
del curricolo coincide con il curricolo verticale delle varie
discipline (lingua, matematica, scienze, storia, arte ecc.),
ma molti pedagogisti che scrivono sul curricolo non la pensano
in questo modo, parlano dei vari aspetti tranne di quello dei
saperi.
C'è bisogno indubbiamente di pedagogia, di psicologia
dell'apprendimento, in generale di scienze dell'educazione,
ma non c'è nessuna necessità dei molti pedagogisti,
psicologi relazionali, esperti di didattica generale, che nei
corsi di formazione in servizio e nelle Siss o nei progetti
ministeriali, ripropongono come unica soluzione dei problemi
della scuola scorciatoie riduzionistiche, nella maggior parte
dei casi fuori moda da molti decenni (è sufficiente pensare,
per esempio, alla riproposizione acritica della pedagogia per
obiettivi, alle tassonomie di Bloom, come se fossero invenzioni
dell'altro ieri, e non di 40-50 anni fa). (Carlo
Fiorentini)
La
risorsa insegnanti (2) - Walter Moro
La riflessione sulla formazione mette in luce una serie di nodi
problematici che riguardano il rapporto con la formazione iniziale,
la formazione in servizio, gli strumenti per lo sviluppo della
professionalità dei docenti, lo stato giuridico, in particolare
il rapporto tra formazione e carriera degli insegnanti. Parlare
di formazione oggi significa discutere, porre al centro della
questione l'attenzione sulle politiche del personale, sulla
riqualificazione come condizione fondamentale per attuare i
processi di cambiamento.
L'investimento sulla formazione deve avere la finalità
di elevare la qualità dei processi di apprendimento degli
studenti; c'è un'evidente connessione tra formazione,
professionalità e sviluppo dell'apprendimento.
C'è bisogno di una nuova teoria della formazione, intesa
come apprendimento professionale; di uno sviluppo professionale
continuo che comprenda l'insieme dei processi formali e non
formali, attraverso i quali l'insegnante costruisce e ricostruisce
il proprio patrimonio di competenze e attitudini. Serve una
formazione integrata che accompagni l'insegnante per l'intera
vita professionale.
Il luogo di organizzazione degli apprendimenti è un contesto
più ampio, è il contesto dell'Istituto, sono le
reti di scuole, è il territorio. Il contesto, appunto,
in cui si organizza l'apprendimento. Il salto di qualità
del lavoro docente sta non solo nel sapere insegnare, nel saper
fare lezione - aspetto irrinunciabile della professionalità
dell'insegnante, che va difeso - ma anche nell'organizzare e
saper gestire la progettazione didattica; organizzare e progettare
contesti e ambienti di apprendimento. Per elevare la qualità
di un contesto organizzativo, stimolante per lo studente, serve
una dimensione organizzativa e progettuale della didattica da
sviluppare e sostenere in termini di formazione e di competenze
professionali.
Un altro versante riguarda la ricerca didattico-disciplinare
come condizione per elaborare il curricolo. L'offerta di formazione
in questo senso non può essere omogenea, ma diversificata,
plurima, commisurata al target, calibrata sulle esigenze professionali
dei docenti, profili professionali, sui ruoli, sui bisogni di
nuove competenze.
La gestione dei processi formativi, avviata con l'autonomia,
richiede una formazione dell'insegnante incentrata prevalentemente
sulle competenze professionali, che va realizzata nel contesto
scolastico, nel luogo in cui si sviluppa il processo di insegnamento-apprendimento.
Per questo si parla sempre di più della scuola come laboratorio
permanente per la crescita professionale. La formazione in situazione
deve essere intesa come consulenza, gestita dalla scuola, dai
docenti, incentrata sulla capacità di interpretare la
normativa, senza più circolari dall'alto. Tocca alla
scuola gestire anche i processi normativi, nel quadro della
cultura dell'autonomia. La formazione non deve essere rivolta
ogni volta a tutto il Collegio, ma a gruppi di insegnanti che,
impegnati nei processi di innovazione, cercano momenti e forme
di sostegno, attraverso un percorso di lavoro continuo.
La formazione deve prevedere l'utilizzazione delle tecnologie
informatiche e l'uso della rete. La formazione deve nascere
nel contesto del gruppo come riflessione e autoriflessione sulla
didattica. Deve avere carattere storico documentaristico.
Non basta dire che abbiamo il curricolo, bisogna fare formazione
sul curricolo, fare ricerca, come progettazione e costruzione
dei curricoli rispetto ai contesti di apprendimento. È
l'insegnante che ha la responsabilità culturale della
progettazione, che assume la dimensione del ricercatore, che
costruisce il curricolo rispetto ai bisogni di apprendimento
degli alunni. Per ricerca si intende ricerca didattica applicata,
riferita a due dimensioni: quella che nasce dalla capacità
dell'insegnante di riflettere sulla propria esperienza di insegnamento-apprendimento,
di rielaborarla, di comunicarla, e quindi di renderla in forma
documentativa e trasmissiva. L'altro tipo di ricerca è
quella organizzativo-relazionale, legata alle competenze relative
al sistema scolastico come, per esempio, il coordinamento della
didattica, le funzioni-obiettivo..
Quali strutture e supporti servono per la formazione? Bisogna
passare dall'aggiornamento ai servizi professionali. Sono due
le linee su cui lavorare; una è la creazione delle reti,
di strutture tecniche leggere, di laboratori territoriali. L'altra
è la costruzione dei Cis, dei centri interservizi, articolazioni
delle Direzioni regionali. Si tratta di creare strutture tecniche,
di supporto, di coordinamento, di indirizzo, in grado di offrire
servizi professionali; strutture che siano effettivi luoghi
di incontro tra domanda e offerta di formazione, tra bisogni
della scuola ed esperienze del territorio.
Le condizioni per la realizzazione della formazione sono strettamente
legate alla carriera e agli incentivi economici e professionali.
Ricollocare la formazione dentro il profilo professionale è
questione centrale. Vanno previsti incentivi professionali,
che diano possibilità agli insegnanti di fare esperienze
nell'università o presso associazioni professionali o
centri di documentazione; vanno previsti anche dei bonus per
l'acquisto di strumenti necessari allo sviluppo professionale.
(Walter Moro)
Al termine
della sessione mattutina interviene l'onorevole Luigi Berlinguer:
stiamo attraversando un periodo molto difficile. C'è
molta confusione. L'attacco più grave è alla scuola.
A noi il compito di ricercare le nostre motivazioni. È
importante che continui un cammino di autoriflessione e di riposizionamento
rispetto alle nostre scelte. Non c'è solo a rischio il
pluralismo dell'informazione e l'indipendenza della magistratura.
È legittimo nella scuola un moto di indignazione per
quello che accade.
È giusto rispettare le "antenne" degli intellettuali,
essere grati a queste sollecitazioni perché da esse deriva
la percezione di un grosso rischio per la qualità della
democrazia, di una democrazia evoluta di un Paese civile.
Il grande valore della giornata di domani (23 marzo 2002) non
è un fatto solo sindacale, la manifestazione tutela il
diritto di tutti i lavoratori. Un moto scorre lungo la spina
dorsale del nostro Paese e questo moto è la libertà.
D'altra parte, l'alternanza di governo, che è il valore
stesso della democrazia, viene letto come totale cambiamento,
come blocco di tutto quello che era stato realizzato nel governo
precedente. Da qui, un intreccio tra ideologia e puro potere
che ci propone questo governo, con una riforma che non è
tale. Ci sembra inquietante il messaggio aziendalistico, grave
che si voglia estendere questo tipo di cultura con un messaggio
di gerarchie all'interno delle Istituzioni scolastiche con un
ulteriore messaggio di licenziabilità degli addetti.
Si sta inserendo nella scuola pubblica una differenziazione
di ceto che non è possibile accettare. Attraverso la
cancellazione dell'obbligo scolastico si vuole dare corpo alla
differenziazione tra istruzione e formazione professionale.
Sappiamo però che l'obbligo nella secondaria ha consentito
a 40.000 ragazzi all'anno di proseguire dopo la terza media.
Con questo governo si torna a prima del 1962, con l'apertura
di una divaricazione di percorsi già a 14 anni. Il nostro
articolo 18 è salvare l'obbligo scolastico, rompere il
muro della scuola secondaria per almeno due anni.
Affermare il diritto per ciascuno di sapere, di imparare nella
diversità riguarda davvero tutti, i giovani e gli adulti,
i più capaci e i meno capaci, i ricchi e i poveri
Il sapere diventa premessa di libertà perché sapere
significa essere, scegliere la propria vita e quindi partecipare.
La vera libertà è proprio data dall'imparare per
essere.
La scuola è il presidio dell'autonomia, uno spazio ampio
in quanto diritto costituzionale.
Ci sono alcuni valori della cultura che sono universali. Di
questi valori bisogna farsi portatori per avere forza politica.
Libertà e autonomia sono profili diversi della democrazia.
Il diritto di tutti ad imparare lungo tutto l'arco della vita
deve essere un'opportunità continua nella crescita sociale.
Occorre dunque reagire con la difesa della libertà sostenendo
i curricoli e le sperimentazioni curricolari in quella riforma
che viene "dal basso".
La scuola è il luogo della speranza perché è
il luogo dove si costruisce il futuro.
La battaglia continua perché costruendo nella scuola
una ricchezza di iniziative e di esperienze, facciamo l'interesse
dei ragazzi esaltando in modo giusto la nostra funzione. (Assunta
Morrone)
Forum
di discussione
1.
Essenzialità del curricolo/qualità formativa
- D. de Scisciolo, M.Muraglia, M.Pacini
La scuola del curricolo è il cuore dell'iniziativa
democratica nella scuola: questo dovrebbe essere lo slogan
intorno al quale continuare a costruire il nostro ragionamento,
con ancora più forza in un momento politico quale quello
attuale in cui è necessario ribadire che il vero salto
di qualità nella scuola dell'autonomia è costituito
dal lavoro di ricerca sul curricolo.
Nel documento nazionale del Cidi, Il diritto di tutti alla
cultura, abbiamo scritto: "Al centro della scuola si
pone il processo di insegnamento-apprendimento per evitare
che vengano privilegiati gli aspetti marginali e aggiuntivi
dell'offerta formativa. Per promuovere, in questa direzione,
il rinnovamento della scuola e dei suoi contenuti, è
importante sostenere l'idea di una scuola che ricerca, sperimenta,
riflette, lavora sui percorsi curricolari.
La scuola del curricolo è una istituzione capace
- di costruire un ambiente didattico (con una adeguata combinazione
di tempi, spazi, strumenti) che aiuti bambine e bambini, ragazze
e ragazzi a incontrare gradualmente (passando dai campi di
esperienza, agli ambiti, alle discipline) il sapere adulto;
- di entrare nel merito delle scelte culturali e didattiche
che connotano i compiti formativi essenziali per ogni scuola;
- di ricercare il percorso curricolare adeguato, di analizzare
il rapporto fra i contenuti culturali e i ritmi e gli stili
di apprendimento di bambini e ragazzi;
- di guardare i loro interessi e le loro esperienze, di scegliere
le metodologie e gli strumenti più efficaci;
- di valutare i risultati, di riconoscere difficoltà
e progressi.
È una scuola che matura competenze riflettendo e confrontandosi
sul lavoro che svolge e che non perde di vista lo scopo per
cui esiste: quello di promuovere il più alto livello
di apprendimento per ciascun allievo".
Sembra, quindi, utile orientare la riflessione sul percorso
da sviluppare per delineare gli elementi chiave del curricolo
in funzione della sua qualità formativa, concentrando
l'attenzione sulla centralità del soggetto che apprende.
Certo, il lavoro non è facile giacché la scuola
del curricolo è complessa; esige che si compiano scelte
precise e motivate in ordine ai saperi essenziali di ciascuna
disciplina senza che questo comporti banalizzazioni o semplici
riduzionismi. E' la scuola che "costringe" i docenti
a lavorare in ambiente multidisciplinare-interdisciplinare,
mettendo in gioco le loro competenze professionali in ambito
pedagogico, psicologico ed epistemologico-didattico- disciplinare.
Parlare, quindi, di essenzialità del curricolo e qualità
formativa, significa interrogarsi sul significato che diamo
alle parole che usiamo in ambiente didattico: termini come:
conoscenze, competenze, capacità, standard, multi-pluri-interdisciplinare
ecc. fanno parte di un lessico condiviso all'interno di ciascun
Consiglio di classe? Qual è il valore che assumono
nelle istanze collegiali di ciascuna Istituzione scolastica
in ordine alle scelte formative operate nei confronti dei
propri alunni? Come coniughiamo le specificità disciplinari
nel più ampio quadro della individuazione degli elementi
irrinunciabili di un curricolo? (Daniela
de Scisciolo)
2.
Eccellenza/solidarietà: obbligo scolastico e obbligo
formativo
- P.Citran, A.Cabona, A.Tocco
Una scuola democratica garantisce la qualità garantendo
l'eccellenza ad un limitato numero di capaci, meritevoli e
fortunati oppure formando il maggior numero di uomini colti
e critici, in grado di esercitare i propri diritti e di praticare
consapevolmente i propri doveri di cittadinanza?
Vorremmo sottoporre al vaglio critico-razionale alcuni aspetti
di quel che ci sembra di capire della "pedagogia"
- esplicita od implicita - di Letizia Brichetto Moratti.
Non è certo al principio di solidarietà a cui
fa costante riferimento che potremmo opporci. Però
ci disturba alquanto, diciamolo fino in fondo, l'accostamento
ripetuto di solidarietà con eccellenza. Il principio
di solidarietà ci pare sacrosanto, ma dovrebbe essere
lasciato per conto suo. Non può essere soltanto un
contentino per chi l'eccellenza non la raggiunge e non è
in grado di conquistarla (molto spesso per motivi socioeconomici
e socioculturali). Noi preferiremmo all'accoppiata eccellenza/solidarietà
(senza peraltro escluderle) un richiamo alla giustizia, intesa
come garanzia della maggiore possibile equivalenza di opportunità,
di livelli di partenza e di esiti formativi.
Mantenendo il riferimento al principio di giustizia così
inteso (u-topico nel senso migliore del termine), non ci si
può esimere dall'affrontare il problema dei mezzi per
conseguire il massimo possibile di realizzazione della giustizia
nella scuola: occorre allora affermare e conseguentemente
praticare la centralità della didattica, collegata
funzionalmente allo sviluppo dei processi di apprendimento,
l'attenzione ai condizionamenti socioculturali presenti e
remoti accompagnata dalla prassi quotidiana dell'attivazione
di interventi di decondizionamento, la messa in atto di un
recupero serio, che non colmi solo fittiziamente debiti accumulati,
la cura dei contesti di apprendimento (clima sociale, gratificazioni,
motivazioni, ambiente scolastico ricco di stimoli favorenti
l'apprendimento, occasioni culturali significative nella scuola
e possibilmente anche in un extrascuola in dialogo con la
scuola).
Occorre una didattica che poggi su solide basi psicopedagogiche,
a partire dalla concreta realtà del soggetto che apprende
in relazione a variabili di contesto. Anche su questo si dovrà
giocare la carta della giustizia scolastica, coniugando il
superamento delle difficoltà ed il conseguimento del
successo formativo.
Tutto ciò è compatibile con l'enfasi che viene
posta sul raggiungimento di un maximum di eccellenza per così
dire a tutti i costi?
L'acquisizione dell'eccellenza per taluni può essere
merce di scambio in funzione di una modesta qualità
dell'apprendimento per i più, quelli a cui dare solidarietà?
Nella sopra indicata logica di giustizia, parrebbe preferibile
una buona qualità dell'apprendimento ed un successo
scolastico e formativo per molti ad un'eccellenza per pochi
privilegiati: privilegiati prima di tutto da precondizioni
e prerequisiti favorevoli originati socialmente, oppure cooptati,
grazie alla solidarietà e per doti straordinarie, tra
gli eccellenti, prelevandoli dalla massa delle persone "comuni".
Anche se questo non è di moda, preferiamo che ci sia,
se si deve scegliere, qualche eccellenza in meno e qualche
persona colta e capace in più: questa ci sembra la
logica del successo scolastico e formativo e della qualità
della scuola democratica. (Paolo Citran)
Gli elementi
di novità dell'obbligo scolastico sono le "passerelle",
le attività di orientamento integrate e l'accreditamento
delle competenze. La legge prevede la possibilità di
rivedere la scelta fatta all'inizio della scuola superiore
con il passaggio ad un indirizzo diverso. Per realizzare tale
situazione occorre prevedere un percorso individualizzato
che valorizzi le parti curricolari comuni e permetta di superare
le differenze tra i percorsi. Questo presuppone un successo
scolastico ed un pari valore dei diversi percorsi scolastici.
Occorre evitare scelte precoci condizionate socialmente ed
occorre un cambiamento della metodologia di lavoro della scuola
che valorizzi le potenzialità dei singoli studenti.
La dispersione è ancora diffusa nel primo e nel secondo
anno della scuola superiore. Con l'autonomia delle scuole
si può migliorare la situazione ma è necessario
operare in modo integrato sul territorio. Questo problema
riguarda in particolare gli Istituti tecnici e professionali
dove si sono concentrate le scelte degli studenti che prima
dell'introduzione dell'obbligo non proseguivano gli studi.
Le esperienze fatte dalle scuole in questi anni devono essere
valorizzate e generalizzate.
L'obbligo formativo fino a 18 anni valorizza i percorsi integrati
della scuola, della formazione professionale e del lavoro.
L'attuazione di questa riforma richiede la pari dignità
tra i diversi percorsi e il riconoscimento reciproco dei crediti
tra i diversi sistemi. Il mondo del lavoro attuale e lo sviluppo
futuro delle professionalità richiedono una base di
conoscenze e di competenze più elevate. L'esperienza
di questi anni di stage e tirocini, soprattutto negli Istituti
professionali, ha messo in luce la capacità della scuola
di dialogare con il mondo del lavoro. Con il federalismo si
hanno competenze nuove di Regioni e Province che devono operare
insieme alle scuole dell'Autonomia. Per realizzare realmente
l'integrazione tra i diversi sistemi occorre valorizzare il
ruolo della scuola in modo che sia messa in grado di guidare
un processo che si avvale della collaborazione del mondo della
formazione professionale e del lavoro. Questo richiede un
coordinamento delle proposte formative, una preparazione del
personale che si occupa del processo ed un sistema di crediti
e certificazioni che permettano il passaggio da un sistema
ad un altro.
L'obbligo formativo è una grande opportunità
che deve vedere la scuola protagonista. (Ainino
Cabona)
3.
Sistemi europei a confronto - C.Olivari, M.Piscitelli,
L.Scarcia
"Stare in Europa" significa cooperare per formare
un cittadino europeo che possieda una solida cultura di base
coerente con la storia dell'Europa che è storia di
incontro e scambio tra culture e genti diverse. E significa
anche condividere il modello sociale europeo, vale a dire
una società della conoscenza competitiva e dinamica
in un contesto caratterizzato dall'inclusione sociale. Per
realizzare questo modello occorre l'interazione fra politiche
economiche e per l'occupazione e politiche formative, che
includano anche un progetto di formazione comune degli insegnanti.
Per quanto riguarda queste ultime ogni Paese membro è
chiamato a realizzare un sistema di longlife learning, attraverso
l'integrazione tra i sistemi d'istruzione e della formazione
professionale e la cooperazione di diversi attori sociali
e istituzionali.
I contenuti salienti dei più recenti documenti europei
possono essere sintetizzati in tre punti chiave:
a) L'investimento in formazione contribuisce a: occupabilità,
cittadinanza attiva, inclusione sociale; b) la centralità
della persona nei percorsi formativi richiede nuovi modelli
d'intervento; c) la maggiore flessibilità dei sistemi
deve procedere insieme alla cooperazione dei diversi soggetti.
L'analisi dei sistemi d'istruzione e di formazione di alcuni
Paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Finlandia
e Norvegia) fa emergere alcune tendenze comuni. In particolare,
l'esame della struttura e dell'articolazione dei curricoli
nell'istruzione obbligatoria - che nella maggioranza dei Paesi
è stata portata a 16 anni - evidenzia un rafforzamento
dell'autonomia nella progettazione curricolare, sempre più
centrata sull'allievo, e la tendenza a una valutazione globale
che evidenzia le competenze piuttosto che le singole conoscenze.
L'analisi di alcuni dati consente di fare dei confronti sul
comune fenomeno dell'illetteratismo, della qualificazione
della forza-lavoro e della partecipazione della popolazione
ad attività formative. Da questi confronti risultano
dei ritardi del nostro Paese. (Carla Olivari
e Luciana Scarcia)
4.
Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo -
I.Summa, R.Conserva, N.Iasiello
Oggi la scuola, con l'autonomia di ricerca/sperimentazione/sviluppo,
ha un dispositivo endogeno in grado di garantire innovazione
e miglioramento continuo, fornendo motivazioni "scientifiche"
alle scelte organizzative e didattiche. Infatti, l'autonomia
didattica e organizzativa, senza un supporto di ricerca e
sperimentazione, si risolve in bricolage e pressappochismo.
Le coordinate essenziali di un metaforico quadrilatero della
ricerca/sperimentazione/sviluppo sono:
- la "libertà di insegnamento";
- la necessità di "dare risposte mirate"
ai bisogni educativi degli studenti e alle attese delle famiglie
e del territorio (gli uni e gli altri concretamente rilevati);
- la "coerenza con le finalità"e gli obiettivi
generali del sistema di istruzione;
- l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento
e di apprendimento.
In questa prospettiva , il cuore della ricerca è il
curricolo, perché la sua stessa natura comporta scelte
cruciali sotto diversi aspetti: disciplinari, psicopedagogici,
metodologici, didattici, antropologici.
Su questo sfondo, delineato da Ivana Summa, si sono collocati
gli altri contributi. Rosalba Conserva ha messo l'accento
sulla risorsa rappresentata dal sapere degli insegnanti, i
quali socializzando le conoscenze disciplinari, teoriche e
di pratica didattica, possono, attraverso il 'pensare insieme'
creare le premesse di una crescita culturale che superi la
storica dicotomia tra materie scientifiche e umanistiche e
fornisca a ognuno la possibilità di dialogare professionalmente
a un progetto curricolare unitario.
Nicola Iasiello si è mosso su un altro versante, quello
della innovazione organizzativa, che, superando il modello
burocratico - il quale per sua natura non prevede la ricerca
- crei le strutture adeguate, coerenti con una scuola che
pratichi la ricerca e la sperimentazione come dimensione diffusa
e ordinaria dell'agire educativo, e non come fatto straordinario
o 'di nicchia'.
I numerosi docenti e dirigenti scolastici intervenuti nel
dibattito hanno ripreso e approfondito questi temi, contemperando
due differenti ma complementari aspetti dell'autonomia di
ricerca: la spinta ad agire nella promettente dimensione della
professionalità docente prima delineata, quali che
siano le condizioni di lavoro e di gestione della scuola,
e il timore che la dimensione politica attuale con cui si
stanno affrontando nuovi e vecchi problemi della scuola (riduzione
delle risorse, impoverimento della dimensione cooperativa
dell'insegnamento, incertezza riguardante gli assetti istituzionali
futuri) vanifichi qualsiasi sforzo teso a migliorare la qualità
delle nostre scuole e deprima ulteriormente la funzione docente.
(Ivana Summa e Rosalba Conserva)
5.
Strumenti di lettura di un territorio - M.Pipicelli,
G.Gambula, M.Cerosimo
La
scuola, sistema formativo integrato, si realizza per una complessità
di rapporti con l'esterno; rapporti che si costruiscono solo
a partire da una forte identità, costruita e condivisa
al proprio interno, riconosciutale dal territorio nel quale
opera.
Agire e porsi in relazione in un sistema di rete comporta,
per un istituto comprensivo, in primo luogo il riconoscimento
delle varie esperienze ed esigenze di cui è portatrice;
deve, quindi, essa stessa farsi rete, nel senso di vivere
e realizzarsi rendendo esplicite le interne relazioni; collocarsi
in un panorama costituito da istituzioni, enti, associazioni
le piu varie,che parlano linguaggi diversi, si servono di
modelli diversi di interazioni, hanno tempi e modalità
comunicative differenti.
Le difficoltà segnalate sono, tra le altre:
- raccordare diverse logiche di azione;
- far interagire attori troppo diversi;
- creare connessioni tra livelli tecnico - contabili e tecnico-
progettuali;
- evitare i conflitti d competenza e la mancanza di chiarezza
sui ruoli e sui compiti. (Giancarlo Gambula)
Per una
lunga fase storica l'economia, anche per opera e forza del
fordismo, non ha parlato di territorio, ma di spazio fisico,
"sito"nel quale si realizzano processi produttivi;
solo di recente si è tornato ad apprezzare l'importanza
del territorio / contesto e se ne è sottolineato l'aspetto
della diversità, di bisogni e struttura
Esso si caratterizza come : spazio di prossimità, patrimonio,
ecosistema, attori istituzionali, reti di soggetti. La lettura
del territorio nel quale si opera serve a fare una scuola
migliore, disegnata sui bisogni, sulla consapevolezza che
essa stessa sia da considerarsi risorsa.
Un modello di lettura può essere fatto a partire dai
seguenti indicatori: biografia e vocazione, demografia e mercato
del lavoro, struttura fisica, contesto ambientale, istituzioni
intermedie, risorse immobili, redditi e consumi, tutti indicatori
alla luce dei quali è possibile la concertazione, la
interconnessione, la costruzione di momenti di sintesi, dei
quali necessità l'esercizio della democrazia.
La scuola può migliorare la qualità della propria
offerta a partire da forme di concertazione selettiva, al
fine di produrre valori più alti. (Mimmo
Cersosimo)
Nel dibattito
sono richiamati:il principio di responsabilità individuale;
i criteri di selezione dei progetti, la valutazione della
qualità.il bisogno di garantire i diritti degli studenti;
la necessità di recuperare la partecipazione democratica
dei genitori. (Mena Pipicelli)
6.
Memoria storica, intercultura, mondializzazione - C.Amadio,
G.Di Caro, M.Pucci
La
relazione introduttiva dopo aver messo a fuoco i caratteri
generali della globalizzazione e la problematica dei diritti,
ha posto all'attenzione dei colleghi i seguenti problemi:
a) La globalizzazione sta mettendo in crisi gli Stati nella
loro sovranità o piuttosto nella loro struttura democratica
attraverso la limitazione dei diritti di cittadinanza?
b) Si può parlare di identità culturale di gruppi
e di collettività che vanno difese e tutelate come
tali?
c) Esistono organismi sopranazionali in grado di garantire
effettivamente i diritti primari universali ed impedire una
loro strumentalizzazione di tipo ideologico?
d) La scuola pubblica, proprio perché pubblica, ha
tra i suoi compiti prioritari l'educazione a una cittadinanza
attiva?
La
prima relazione ha affrontato la trasformazione del ruolo
dello Stato come una delle conseguenze prodotte dalla globalizzazione;
la crisi della democrazia attraverso la negazione dei diritti
umani e la minaccia ai diritti civili e sociali; la generalizzazione
della cultura dell'impresa accompagnata da rivendicazione
localistica.
Da questo contesto è stata posta in rilievo la necessità
di riprendere la cultura dei diritti come catalogo aperto
e la valorizzazione del "pubblico", come costituirsi
di quell'arena simbolica mediata dalla cultura in cui si costituisce
l'autonomia individuale.
Il secondo intervento è stato incentrato su come contestualizzare
l'enorme problematica aperta nel quotidiano fare scuola, come
dare gli strumenti di una cittadinanza democratica in una
società planetaria. Essa deve essere assunta come finalità
istituzionale della scuola in una pratica educativa in cui
l'educazione interculturale non è niente di aggiuntivo
o di occasionale, anche se di alta qualità, ma è
una tensione etica e culturale che attraversa tutte le discipline.
Sono state proposte alcune esemplificazioni di percorsi tematici
che meglio si piegano alla cittadinanza planetaria come la
fiaba, il viaggio, i movimenti di popolo.
Il dibattito ha ripreso i temi proposti ampliandoli con il
contributo di specifiche esperienze.
7.
Funzione docente: stato giuridico, deontologia, articolazione
della professione - C.Morrocchi, A.Mazzoni, M.Battistini
Il
forum attraverso il riferimento alla normativa che delinea
la funzione docente poneva alcuni quesiti relativi al modello
di scuola e alle competenze dei docenti funzionali a tale
modello.
Il dibattito, ricco di sollecitazioni e problematicità,
ha evidenziato alcuni punti:
- La necessità di un codice deontologico condiviso
che non sia un mansionario espressione dell'amministrazione,
ma un codice di autoregolamentazione espressione delle rappresentanze
autentiche della scuola gestito da un organismo tecnico non
identificabile con l'ordine professionale;
- La necessità di riflettere su un nuovo stato giuridico
che recepisca e formalizzi anche le esperienze didattiche
consolidate come articolazione della professionalità
docente.
- La necessità che le scuole siano connotate come luoghi
di ricerca e di formazione adulta che attivino le indicazioni
relative all'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo
(art. 6 DPR 275).
- La necessità di incrementare il rapporto Scuola e
Università per la formazione primaria valorizzando
le competenze dei supervisori e dei tutors già sperimentale
nelle Sis. (Cristina Morrocchi)
la
sessione termina alle ore 19.00
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