documenti  

 


24.01.2002

CIDI - CENTRO DI INIZIATIVA DEMOCRATICA DEGLI INSEGNANTI

Cari colleghi,

Il CIDI anche quest' anno, svolgerà il suo Convegno nazionale (il 30°!).
Per noi è un appuntamento impegnativo, ma riteniamo importante promuovere un'occasione in cui la scuola ragiona di scuola.
Siamo abituati infatti a leggere e ascoltare analisi, riflessioni, proposte sul funzionamento della scuola e sul comportamento degli insegnanti da parte di chi (giornalisti, intellettuali, politici) poco e male conosce il complicato e complesso mondo dentro cui ci muoviamo.
Quest'anno il Convegno cadrà in una fase particolarmente delicata: vogliamo allora capire con voi, nelle tre giornate di lavoro del Convegno di Pisa, quale filosofia stia ispirando il nuovo progetto di riforma e quale idea di scuola avanzi.
Coerentemente con un impegno ormai trentennale, la nostra iniziativa è volta, con il contributo che possiamo dare e per la parte che ci compete, a realizzare una scuola che riesca sempre di più a diventare un fattore attivo nel "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
Vogliamo, insomma, continuare il lavoro di sempre con le modalità di sempre: tenere insieme un progetto di scuola adeguato alle sfide della contemporaneità, che abbia un disegno culturale alto e di grande respiro, che non escluda nessuno, che guardi a una società più equa, più produttiva, più sostenibile, senza mai perdere di vista i tanti e a volte impensabili problemi del quotidiano fare scuola.
Argomentare, approfondire, promuovere il confronto attraverso una continua iniziativa, che noi definiamo democratica perché siamo convinti che considerare la cultura uno strumento di emancipazione e di libertà sia un fatto democratico: questo è il nostro scopo da sempre.
L'orientamento e le scelte del nuovo Governo come il blocco della legge 30, l'autonomia in "apnea", la sospensione dei progetti di innovazione e di sviluppo della scuola dell'infanzia, le misure previste nella finanziaria che segnano un "disimpegno" nei confronti della scuola pubblica (basti pensare alle commissioni d'esame composte da membri tutti interni), il blocco della riforma dell'amministrazione scolastica, le commissioni di studio istituite al ministero (sul codice deontologico degli insegnanti, sulle modifiche da apportare alla legge 30, tanto per citare le più note), così poco rappresentative dei reali processi in atto nella scuola e soprattutto la proposta di riforma della scuola del ministro Moratti rendono l'impegno e le iniziative di noi insegnanti ancora più determinanti.
Infatti dalle azioni del governo sembra emergere la volontà di contrapporre ad una scuola che, non senza difficoltà, sta cercando la strada per essere veramente una scuola del "diritto di tutti alla cultura", una scuola con percorsi e luoghi di formazione divisi e differenziati: divisi sulla base dell'appartenenza culturale e religiosa, differenziati sulla base della futura collocazione sociale che gli studenti dovranno raggiungere (meglio dire confermare): una scuola, insomma, dell'"eccellenza" per alcuni e della "solidarietà" per gli altri. Sullo sfondo l'illusione che il mercato possa porsi come regolatore dell' efficienza del sistema.
Noi siamo certi che la scuola sia più avanti di quella che viene delineata nei documenti della commissione Bertagna e nel disegno di legge del Ministro: per questo ci proponiamo di coinvolgere in un comune impegno quegli insegnanti e quei dirigenti, che vogliono continuare ad operare per una scuola che garantisca "il diritto di tutti alla cultura".

Nell'augurio di ritrovarci insieme a Pisa e in tante altre iniziative ma soprattutto nel condividere il lavoro a scuola, voglio rinnovarvi i più fraterni saluti.

21 gennaio 2002

Domenico Chiesa


Approfondire le ragioni della scuola che vogliamo contribuire a costruire

Vogliamo una scuola in cui si possa essere diversi (in quanto uguali), in cui si diventi se stessi imparando gli altri. È il valore della scuola pubblica in quanto pluralista e laica che la rende un vero laboratorio per la crescita della democrazia e sottolinea il limite delle scuole di "tendenza".
La scuola è il laboratorio "naturale" per l'educazione alla diversità.
L'incontro e il confronto con le differenze, l'acquisizione della capacità di "utilizzarle", di "appropriarsene", di sapere dialogare con esse è indubbiamente un esercizio attraverso il quale il ragazzo impara a lasciare la sicurezza statica dell'omogeneità per avventurarsi nella ricchezza delle differenze raggiungendo livelli dinamici e più alti di sicurezza: un vero e proprio principio di convenienza.
"Nel comportamento sociale nulla è naturale. Razzismo, esclusione, emarginazione, oppressione sono prodotti della cultura. Soltanto la cultura può stabilire una tregua tra gruppi "differenti". E quindi produrre una condizione di tollerabile pace" (Furio Colombo).
La diversità, la cultura della diversità, pensata e vissuta quale risorsa, diventa una ricchezza da sfruttare nei complessi processi di crescita della società e dei cittadini, come esercizio e palestra di vita democratica.

Vogliamo una scuola in cui le condizioni socio-culturali di partenza risultino sempre meno determinanti per il raggiungimento dei più alti livelli di istruzione. Al diritto/dovere all'istruzione deve corrispondere realmente, per tutti, il raggiungimento di quel livello di formazione culturale profonda e duratura, indispensabile oggi per vivere, lavorare, continuare ad apprendere nel corso della vita.
Affinché questo obiettivo risulti possibile è necessario che non si interrompa l'esperienza scolastica nell'età in cui il consolidamento culturale non sia ancora pienamente realizzato. Il differenziare precocemente i percorsi formativi metterebbe in discussione il ruolo della scuola come luogo di "decondizionamento sociale".
Una scuola che rinunciasse a corrispondere ai bisogni di formazione culturale alta per tutti e riscoprisse la vocazione alla selezione attraverso una separazione precoce dei ragazzi in percorsi con valenza formativa diversa, rappresenterebbe un passo indietro nello sviluppo della società in senso democratico e una risposta miope, arretrata e insufficiente anche alle richieste del mercato del lavoro, finendo proprio per ridurre la formazione di molti cittadini alle esigenze contingenti del mondo della produzione.

Vogliamo una scuola che aiuti a formare persone in grado di pensare criticamente. La cultura è sempre più una risorsa indispensabile per il singolo e per la società. Nel diritto/dovere alla cultura di tutti la scuola fonda il suo principio basilare: quello di formare persone in grado di pensare criticamente, di avere conoscenze e strumenti di interpretazione, di conquistare una disciplina mentale che rifiuti le certezze affrettate e il pensiero semplificato. Coerentemente con i principi che lo ispirano, tale progetto educativo dovrà porsi l'obiettivo di formare i "cittadini del mondo", vale a dire donne e uomini capaci di confrontarsi costantemente con gli altri, di mettere in comune i vari punti di vista, di valorizzare le differenze, nel dialogo e nel rapporto con altre storie e altre culture.
La scuola viene a rappresentare il luogo della consapevolezza in cui l'esperienza quotidiana, il senso comune, l'apprendimento spontaneo, televisivo, elettronico, si incontrino con la valenza formativa delle discipline: è questa una lunga, lenta e fondamentale esperienza conoscitiva che tutti devono poter incontrare e percorrere in modo compiuto, per consolidare gli alfabeti, i linguaggi e quelle competenze culturali che possono sorreggerli e renderli soggetti attivi della democrazia. Rappresenta pure il centro del nostro essere insegnanti: farsi carico della formazione culturale di un bambino o di un adolescente, avere un rapporto non casuale, non generico con l'altrui soggettività, per riuscire a fornire a quella persona gli strumenti culturali perché sia maggiormente libera dai condizionamenti, autonoma, indipendente e in grado di fare scelte consapevoli.

Vogliamo una scuola che fornisca gli strumenti culturali per avere un lavoro veramente umano. Il mercato del lavoro è sempre più impietoso per coloro che non possiedono le basi culturali necessarie a far evolvere le proprie capacità professionali. È allora necessario che non si interrompa l'esperienza scolastica nell'età in cui il consolidamento culturale non è ancora pienamente realizzato. La formazione specialistica anticipata è caratteristica di profili professionali rigidi; ma nella società della conoscenza il lavoro tende a incorporare sempre più competenze culturali di base, senza le quali le professionalità raggiunte risultano deboli e sfavorevoli per i singoli e per lo stesso mondo produttivo.
Va dunque difeso il diritto/dovere all'istruzione che comprenda i primi due anni della scuola secondaria superiore, mentre il periodo appena successivo a tale età (16÷18 anni) può costituisce il tempo del "confine", dell'intreccio e della contaminazione tra i sistemi dell'istruzione e della formazione professionale per garantire a tutti il diritto/dovere formativo: aver acquisito le necessarie basi culturali e averle valorizzate professionalmente.

Vogliamo una scuola che sviluppi il gusto e la soddisfazione di conoscere e imparare. La formazione culturale è un bene a cui nessuno deve rinunciare, nessun genitore può permettere che i propri figli ne siano privi perché è il bene più prezioso che gli adulti possono consegnare alle nuove generazioni. Eppure sappiamo bene quanto è difficile costruire una scuola per tutti, in grado di intercettare i tanti Gianni, e quanto è più difficile fare scuola con i ragazzi come Gianni; ma sappiamo anche che non è impossibile: quando la scuola si dota delle risorse necessarie, quando si migliorano la qualità del curricolo e delle relazioni è possibile farcela, è possibile intercettare e aiutare a far crescere quel gusto per l'esperienza conoscitiva che abita in ogni ragazzo e che ogni ragazzo ha il diritto/dovere di scoprire e sviluppare.