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Il
governo delle istituzioni scolastiche
(Nota
per la Camera, VII Commissione Cultura e Istruzione)
Due sono i principi
in base ai quali delineare i nuovi Organi di governo delle Istituzioni
scolastiche.
Il primo principio è quello dell'autonomia scolastica che,
nel quadro di un sistema scolastico nazionale e di indirizzi nazionali,
assegna a ciascuna scuola, cioè alle componenti che in essa
operano, ognuna secondo le proprie specificità, la responsabilità
della conduzione della scuola stessa. Ciò rende a priori
incongruente ogni presenza estranea a tale funzione: è il
caso, per esempio, di esperti di organizzazione o di azienda.
Il secondo principio è nel riconoscimento che la conduzione
della scuola si esercita essenzialmente attraverso due funzioni
entrambe fondamentali: una funzione di indirizzo (culturale, educativo,
scolastico) e una funzione professionale (progettazione, programmazione,
ricerca didattica, tirocinio, formazione in servizio, verifica,
valutazione ecc.)
La prima funzione è propria del Consiglio dell'Istituzione
scolastica, la seconda del Collegio dei docenti. L'indicazione della
centralità di questi due organismi della scuola nulla toglie
al possibile arricchimento che può derivare alla vita della
scuola stessa dall'attiva presenza di altre forme di partecipazione
e di rappresentanza esercitate da eventuali comitati, permanenti
o temporanei, di genitori e di studenti.
Individuare nella funzione di indirizzo educativo la caratteristica
del Consiglio dell'Istituzione scolastica richiama in primo piano
il ruolo delle due componenti educative presenti nella scuola: i
genitori, in quanto tali (e gli studenti nella secondaria superiore)
e gli insegnanti.
Il Consiglio dell'Istituzione è il luogo dove dovrebbero
giungere a sintesi, in un rapporto di cooperazione, le istanze delle
due componenti educative; e proprio perché la funzione di
indirizzo possa esercitarsi in un rapporto il più ampio e
aperto possibile, senza preponderanza "di principio" né
dell'una né dell'altra, è fondamentale mantenere la
pariteticità numerica delle due componenti. Viceversa, se
si costituisse un Consiglio con preponderanza della rappresentanza
dei genitori (e degli studenti) e/o di altri soggetti, si determinerebbe
una condizione di costante messa a rischio del principio di libertà
di insegnamento che è pur sempre garanzia di pluralismo,
sviluppo, ricerca, crescita. Nel caso opposto, invece, un rischio
di autoreferenzialità.
L'art. 3 del Regolamento dell'autonomia scolastica, sotto questo
profilo, è giustamente garantista là dove prevede
che il Pof possa rappresentare anche istanze culturali ed educative
minoritarie nel Collegio dei docenti; un Consiglio dell'Istituzione
dove i docenti non avessero una presenza paritaria ridimensionerebbe
quella libertà che è caratteristica essenziale della
professione docente. Né vale distinguere tra libertà
didattica e libertà di scelta culturale, distinzione di per
sé non sostenibile. Un esempio: all'interno di un Collegio
di una scuola di base emerge la proposta di affrontare il "giorno
della memoria", il 27 gennaio, con varie attività didattiche
tra cui una mostra, una iniziativa quindi che può comportare
qualche spesa nel bilancio della scuola: le valide ragioni educative
del Collegio potrebbero essere vanificate in un Consiglio ove ci
fossero pregiudiziali ideologiche o di spesa e non ci fosse strutturalmente,
per uno sbilanciamento di rappresentanza, la condizione di un confronto
paritario, con il rischio sistematico di negare quella libertà
di insegnamento che è in primo luogo a garanzia di chi apprende.
In base alle medesime premesse, circa la responsabilizzazione delle
componenti educative della scuola e la funzione di indirizzo, è
opportuno che la presidenza del Consiglio dell'Istituzione non sia
affidata al dirigente scolastico in quanto funzionario dell'amministrazione,
responsabile legale, figura tecnica con responsabilità istituzionale,
garante del governo del sistema, delle relazioni interne ed esterne
con il territorio, enti e istituzioni; una presenza già di
per sé di notevole peso nel Consiglio e a cui spetta, tra
l'altro, assumere una funzione esecutiva rispetto al medesimo Organo.
Non serve infatti una Giunta poiché è il dirigente
scolastico, con il suo staff, il personale amministrativo e non
docente, la scuola stessa, con l'attivazione dei servizi che le
competono, a dover dar seguito, nella trasparenza, alle delibere
del Consiglio.
C'è infine da garantire il carattere democratico del Consiglio:
in una legge sugli Organi di governo dell'Istituzione scolastica
non serve indicare modalità di elezione del Consiglio necessariamente
uguali per tutti in virtù dell'autonomia organizzativa di
ciascuna scuola; è però necessario che sia salvaguardato
il principio che tutti i soggetti della scuola possano partecipare
alla scelta di chi li deve rappresentare. Governo e partecipazione
sono entrambi necessari perché tra loro collegati: un buon
governo è garantito se c'è democrazia e buona partecipazione;
viceversa, anche una buona partecipazione, generalmente auspicata,
viene incentivata da buone regole democratiche e da un buon governo.
La funzione professionale ripropone il nodo del Collegio dei docenti.
Attualmente il Collegio, malgrado il nome, è un Organo non
collegiale bensì assembleare: questa è stata fino
a oggi la causa del suo difficile funzionamento. La funzione professionale,
se si vuole valorizzare il carattere di progettualità dell'attività
scolastica, richiede una continuità di lavoro, appunto "in
un progetto", che solo opportune articolazioni del Collegio
- dipartimenti disciplinari o pluridisciplinari, o tematici, strutture
di programmazione e valutazione (Consigli di classe), dipartimenti
intercollegiali, giunta di Collegio, vicepresidente di Collegio,
coordinatori di dipartimento ecc. - possono garantire. Una legge
tuttavia non dovrebbe indicare quali strutture debbano essere costituite
all'interno del Collegio e tanto meno in che quantità o in
quali forme articolate. La legge deve garantire però che
a tali strutture si dia vita, nelle forme, nel numero e per le finalità
che ciascun Collegio, del tutto autonomamente, deciderà di
scegliere. Questo anche al fine di evitare rischi di burocratizzazione
e di rispondere con un'articolazione degli organismi flessibile
e pertinente con quanto richiesto dal Piano dell'offerta formativa.
Questo, infatti, si struttura sui bisogni formativi, sulle opportunità
educative della scuola e del territorio, sulle verifiche e sulla
valutazione: si tratta in sostanza di garantire una organizzazione
del Collegio fondata non sul funzionariato docente bensì
sul libero e costruttivo esercizio della funzione docente, individuale
e collegiale. Circa i Consigli di classe, molteplici esperienze
dimostrano l'efficacia educativa degli incontri periodici con l'assemblea
di classe dei genitori (e degli studenti), liberando i Consigli
stessi di una presenza di delegati dei genitori (e degli studenti)
spesso non rappresentativi e sostanzialmente estranei alla materia
trattata di stretta competenza professionale.
Circa i caratteri generali della legge, è necessario formulare
una legge sul governo delle Istituzioni scolastiche snella ma non
tale da non garantire in ciascuna scuola - fatta salva l'autonomia
delle scelte specifiche - una gestione trasparente e un'organizzazione
veramente democratica.
La
Segreteria nazionale del Cidi
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