Intervento
di Domenico Chiesa* agli Stati generali
19 dicembre 2001 - Roma
Da oltre 30
anni il Cidi, con le altre associazioni storiche degli insegnanti
(recentemente ricevute dal Presidente della Repubblica) contribuisce
alla costruzione e diffusione delle innovazioni, alla loro trasformazione
in quotidiano fare scuola.
Abbiamo sempre guardato all'interesse generale della scuola, che
è quello dei ragazzi che apprendono e che, attraverso la
scuola, mettono le basi del proprio futuro di cittadini.
Questo è
il motivo della nostra presenza anche in questa sede e il senso
del nostro contributo.
Una prima
osservazione sul metodo di lavoro adottato dalla Commissione coordinata
dal professor Bertagna.
La proposta
oggi in discussione non ci pare essere il risultato di un confronto
e di una elaborazione tra i diversi orientamenti culturali e ideali,
significativi del mondo della scuola e della società.
Ripensare
ai possibili sviluppi del sistema di istruzione, cui è
affidato il compito di educare le future generazioni, è
un pensare impegnativo che non può essere delegato a poche
persone, ma richiede la più ampia partecipazione, sia nella
fase propositiva sia nella fase attuativa, anzitutto della scuola.
Il coinvolgimento
ampio e responsabile non è un inutile lusso, ma condizione
indispensabile per raggiungere un progetto all'altezza della complessità
dei problemi
Alcune osservazioni
nel merito della proposta, a partire da tre considerazioni:
- Cresce
il bisogno di scuola: la cultura è una risorsa indispensabile
per il singolo e la società
- La scuola
deve diventare sempre più un fattore attivo nel rimuovere
i condizionamenti sociali (art. 3 della Costituzione)
- Il raggiungimento
di questi obiettivi è possibile se ci sarà una
riforma profonda del sistema di istruzione che ne migliori la
qualità e l'efficacia per tutti.
L'insieme
delle soluzioni proposte nel rapporto della Commissione non sembra
però corrispondere a queste esigenze.
Considerando
il tempo a disposizione mi fermerò su tre questioni che
riteniamo fondamentali:
1. Paradossalmente nel progetto culturale della scuola dai 3 ai
14 anni, si rileva un ritardo (fino alla quarta elementare) nel
valorizzare le potenzialità dei bambini e delle bambine
e, nel contempo, un "precocismo" (già dalla quinta
elementare) nell'approccio specialistico e troppo rigido alle
discipline.
La funzione propria del biennio unitario della scuola superiore
viene anticipata negli ultimi due anni della media facendo saltare
tappe di apprendimento fondamentali per il naturale sviluppo del
processo di secondarizzazione.
Difficilmente un'accelerazione di tale tipo si può attuare
senza una forma di separazione dei percorsi già a partire
dagli ultimi due anni della scuola media, stravolgendo così.la
natura stessa dell'orientamento.
2. L'alternativa
rigida tra istruzione liceale e formazione professionale non corrisponde
alle esigenze formative dei ragazzi di 14 anni.
A questa età il consolidamento culturale non è pienamente
realizzato: l'esperienza conoscitiva viene interrotta, saltando
anche qui tappe formative, in nome di precoci e ipotetiche "vocazioni"
al lavoro.
La stessa riduzione/semplificazione a due soli contenitori (licei
e formazione professionale), sostanzialmente separati, non corrisponde
né alla complessità dei bisogni formativi e degli
interessi culturali dei giovani, né alla pluralità
dei profili professionali richiesti.
La polarizzazione attorno a due principi educativi ("conoscere
e teorizzare" da un lato, "produrre, operare e costruire"
dall'altro) è l'espressione di una visione del sapere ormai
superata.
Viene a mancare ogni possibilità di integrazione tra sistema
dell'istruzione e sistema della formazione professionale, invece
realizzabile ad una età adeguata, riconoscendo a ciascuno
la propria specificità formativa.
3. La necessità
di superare l'eccessivo accumulo di materie e contenuti non trova
un'adeguata risposta nella soluzione proposta dalla Commissione,
che prevede una giustapposizione di diversi percorsi di apprendimento
(o sottosistemi), non integrabili né riconducibili a una
unitaria offerta formativa.
Il percorso obbligatorio previsto è insufficiente a garantire
lo sviluppo di strumenti culturali adeguati; il percorso facoltativo
proposto non è in grado di completare tale sviluppo in
quanto casuale, frammentato e inconsistente nella sua valenza
formativa.
Ne risulta un progetto culturale debole e discriminante: infatti
la configurazione del percorso facoltativo come risposta a domanda
individuale ripropone una vecchia gerarchia tra discipline (e
quindi tra insegnanti), che non trova riscontro nella scuola,
e sminuisce il valore formativo dell'apprendere insieme.
Riteniamo
che la scuola non debba farsi carico di tutti i problemi legati
al processo educativo, né che la scuola sia l'unico luogo
in cui i giovani apprendono.
Siamo tuttavia convinti che la scuola debba rimanere centrale
nel processo di istruzione in quanto è l'unico luogo intenzionalmente
deputato a garantire il diritto di tutti alla cultura.
Altri aspetti del rapporto meriterebbero di essere approfonditi:
l'indebolimento delle peculiarità formative che la scuola
dell'infanzia ha assunto in questi anni, la non considerazione
delle esperienze costruite e consolidate in tanti anni dalla scuola
dell'infanzia alla scuola secondaria superiore, le caratteristiche
della valutazione e dell'orientamento (il cosiddetto "portfolio")
, lo stravolgimento dell'attuale assetto degli organici, i problemi
che sorgono nel rendere quadriennale il percorso della secondaria,
le caratteristiche delle verifiche nazionali, un'identità
professionale dei docenti troppo debole
Per questi
motivi valutiamo negativamente la proposta della Commissione e
riteniamo di dover chiedere che siano garantite effettive condizioni
di coinvolgimento nel processo di elaborazione perché sia
costruito un progetto di scuola all'altezza delle attese del Paese,
adeguato allo sviluppo della convivenza democratica; convinti
che non vi possa essere democrazia senza donne e uomini che possiedano
gli strumenti e la consapevolezza necessari per farla vivere e
crescere..
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*presidente nazionale del CIDI