mensile del centro di iniziativa democratica degli insegnanti il sommario - l'archivio - la redazione - gli abbonamenti
Che cosa significa sperimentare l'autonomia? - di Domenico Chiesa
Sommario: Nella fase attuale è necessario predisporre gli strumenti culturali e organizzativi per avviare un processo di cambiamento significativo, tenendo conto che il quadro normativo, ancora tutt’altro che completo, rappresenta solo la cornice della riforma. Entro il 2000 entreranno in vigore le norme attuative dell'art. 21 della legge 59/97: il regolamento sull'autonomia, il dimensionamento delle scuole e gli organici funzionali, la dirigenza per le scuole dimensionate, la riforma del ministero e degli uffici periferici, la riforma degli Irrsae, della Bdp e del Cede. Se nei prossimi mesi venissero definitivamente approvate le leggi sui cicli e sugli Organi collegiali il quadro normativo sarebbe completo e quindi potrebbe avviarsi quel processo di trasformazione radicale del sistema scolastico e della formazione che rivoluzionerebbe tutto l'assetto dell'istruzione-formazione dai tre ai diciotto anni per poi estendersi alla formazione per tutta la vita. È ovviamente determinante che la macchina parlamentare non si inceppi sui cicli perché significherebbe far saltare l'intero processo: ci sono però buoni motivi di ottimismo affinché ciò non avvenga e dobbiamo perciò ragionare nella prospettiva che effettivamente dal prossimo anno scolastico la confusione normativa si possa ragionevolmente dissolvere. Ma proprio il realizzarsi di questa prospettiva pone la scuola, e tutti coloro che nella sua trasformazione credono, nella necessità di non perdere tempo in questi mesi: il 1° settembre del 2000 non è l'ora "x" ma è necessario che le scuole e il processo di cambiamento siano dotati degli strumenti culturali e organizzativi sufficienti per affrontare la fase che si avvierà, tenendo presente che il quadro normativo rappresenta solo la cornice della riforma e che molti elementi del quadro sono ancora totalmente da comporre. Almeno tre sono i livelli del problema da affrontare come priorità: il ridisegno del progetto curricolare, il ripensamento dell'impianto organizzativo delle unità scolastiche e il rapporto scuola-territorio. Sono i livelli su cui chiamare le scuole a spendere il proprio impegno nel prepararsi all'autonomia e attorno ai quali predisporre le linee essenziali del Piano dell'Offerta Formativa. Una breve riflessione sul senso dello "sperimentare l'autonomia" Il progetto curricolare Rappresenta il terreno su cui il ritardo è più grave; si può cadere in un pericoloso rischio: il ministero preso dalla "fretta" potrebbe ridurre l'operazione della revisione del curricolo a un fatto tecnico da delegare a commissioni molto interne con un mandato molto ridotto e controllato. La riflessione sulla natura del curricolo (come passare dal progetto culturale delineato dalla Commissione dei saggi all'impianto curricolare 3-18 anni) risulterebbe troppo soffocata e si finirebbe per assumere le tante suggestioni e approssimazioni che in questi anni sono state prodotte dalle sperimentazioni gestite dall'Amministrazione. La riflessione sul curricolo prevede un impegno culturale forte verso il quale richiamare il contributo delle maggiori figure intellettuali e purtroppo i tempi sono veramente molto stretti. Il passare dalla scuola del programma alla scuola delle competenze, se vuole essere veramente un nuovo modello di percorso formativo, non si risolve con degli schemi, con le suggestioni di moda o con gli slogan più accattivanti e creativi. È il terreno su cui il Cidi da anni cerca di richiamare l'attenzione: è tale la complessità che qualsiasi scorciatoia diventa inaccettabile. Significa disporre di una riflessione alta e condivisa sul curricolo alla quale riferire percorsi praticabili e sostenibili dalla scuola recuperando tutta l'esperienza che ha segnato questi anni, dagli Orientamenti della scuola dell'infanzia ai programmi della scuola elementare e della scuola media fino ad alcuni principi ispiratori del "progetto Brocca". In questo processo le scuole possono attrezzarsi culturalmente e organizzativamente attraverso la costruzione di dipartimenti per aree disciplinari e dei laboratori territoriali; sono strumenti organizzativi che possono rendere possibile e sostenere lo sviluppo della ricerca didattica. L'impianto organizzativo delle unità scolastiche
L'attuale organizzazione delle scuola è centrata da un lato sull'assemblea del Collegio dei docenti e dall'altro sul lavoro individuale con gli studenti coordinato con debolezza nei Consigli di classe. In regime di autonomia diventa profondamente inadeguata se riferita ai nuovi compiti che verranno assunti dalle unità scolastiche (si pensi a quelli legati alla progettazione operativa dei curricoli). In particolare vi è un problema che si proporrà come emergenza: ridurre la contraddizione tra dimensione individuale e dimensione collettiva della professionalità insegnante, tra l'"irresponsabilità" del Collegio dei docenti e la solitudine/isolamento del lavoro nelle classi. Diventa importante sperimentare forme e istanze organizzative non burocratiche che risultino un riferimento e un rinforzo per l'efficacia del lavoro individuale. Per tale motivo gli assi su cui costruire rimangono quelli individuati nel disegno di legge sulla riforma degli Organi collegiali: il dipartimento disciplinare o per aree disciplinari (centrati sul sapere disciplinare) e gli organi di programmazione didattico-educativa (centrati sulle esigenze formative degli studenti). Sono livelli organizzativi in grado di sostenere il lavoro quotidiano fornendogli il livello indispensabile di memoria e di ricerca. Anche l'esperienza delle funzioni-obiettivo può essere interpretata in questa direzione: non figure che si sovrappongono all'insegnamento ma che lo sostengono e che al miglioramento del processo di insegnamento/apprendimento risultano funzionali. Rapporto scuola-resto del territorio Il Regolamento sull'autonomia prevede che il Piano dell'offerta formativa venga elaborato "nel rispetto delle funzioni delegate alla Regioni e dei compiti e funzioni trasferiti agli Enti locali, ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112". È un passaggio critico, che può essere letto come una riduzione del livello di autonomia delle scuole rispetto alle altre istituzioni del territorio; però gli apparenti vincoli possono essere ribaltati e trasformati in risorsa: le scuole autonome necessariamente devono avvicinarsi con le altre istanze istituzionali del territorio, per esempio, riconoscendo agli Enti locali la funzione di governare la programmazione del sistema formativo ma ribadendo contemporaneamente la formazione culturale come funzione centrale dell'Istituzione scolastica e rivendicando la piena autonomia nel definire il progetto culturale dell'istruzione. Un obiettivo potrebbe essere rendere possibile l'avvio di Conferenze territoriali sulla formazione, attraverso le quali la rete delle scuole con gli Enti locali promuovano il raccordo e la sintesi tra le esigenze e le potenzialità individuali e gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione e di formazione. numero 11-12/'99 |