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Allegro, pacifico, non rituale: il corteo del 20 dicembre di Sofia Toselli - editoriale
Da settembre in poi, di scuola
sulla stampa nazionale si è parlato molto: i primi provvedimenti
del ministro Moratti, e gli articoli della legge finanziaria relativi alla
scuola, hanno acceso i toni delle polemiche e hanno dato l’avvio a giornate
e ore di sciopero. Era perciò scontato che i giornali ne parlassero.
Con la diffusione della
proposta Bertagna e l’“evento” degli Stati Generali, l’attenzione e di
conseguenza lo spazio che i quotidiani hanno dedicato alla scuola sono
cresciuti sempre di più.
Abbiamo letto buone sintesi
della cosiddetta prima e seconda proposta Bertagna, ci siamo imbattuti
in pagine molto creative su come sarebbero stati organizzati gli Stati
Generali (del resto nessuno riusciva a saperne nulla, come se quell’evento
non riguardasse il nostro Paese). Abbiamo poi incontrato cronache abbastanza
fedeli di quelle giornate (c’era anche la diretta internet!). Abbiamo registrato
le polemiche di studenti, insegnanti, dirigenti scolastici, di associazioni
professionali e sindacati, di molti rappresentanti di Regioni, di Enti
locali, di parte di Confindustria, di intellettuali.
Il risultato, diciamolo,
è che oggettivamente gli Stati Generali sono stati un fallimento:
la partecipazione, benché mirata e organizzata, non è stata
così massiccia come si presumeva, molte le defezioni da parte di
personaggi autorevoli e, benché il consenso fosse stato organizzato
a tavolino, forti, all’interno, sono state le proteste degli studenti,
e il dissenso dei rappresentanti delle Regioni, di alcune delle associazioni
invitate a parlare, fra cui il Cidi e il Cgd.
Fuori, intanto, la grande
manifestazione degli studenti.
Anche sulla manifestazione
i quotidiani hanno descritto, raccontato, consegnato a chi non c’era l’immagine
di un grandissimo corteo allegro, pacifico, non rituale.
E tale è stato
davvero.
Quello che la stampa
non è riuscita però a dire - forse perché difficilmente
si coglie quello che non è mai accaduto prima - era il naturale
e casuale intreccio delle presenze: giovani e meno giovani, studenti e
insegnanti, genitori e gente qualunque.
Insieme agli studenti,
infatti, hanno manifestato tantissimi insegnanti, indipendentemente dalla
loro appartenenza sindacale, associativa, di schieramento politico:
arrivavano alla spicciolata, approfittando del giorno libero, dell’ora
di “buco”, di una giornata di malattia (non era sciopero). Arrivavano per
testimoniare la loro contrarietà alla proposta di riforma
“Bertagna” e ad una idea di scuola che a ogni atto e provvedimento del
ministro Moratti diventa meno pubblica, meno laica, meno capace di dare
istruzione di qualità a tutti.
Molti insegnanti manifestavano
con i loro studenti, in una sorta di tacita complicità, che testimonia
legami forti e duraturi. E c’erano tanti genitori che manifestavano lontani
dai propri figli per discrezione, o forse per pudore, ma erano lì
nel grande corteo.
Quello che nessuno ha
scritto è che la manifestazione è stata una spontanea e non
rituale alleanza fra generazioni. Di questo sì c’è da ringraziare
il ministro Moratti.
In altre occasioni, l’alleanza
tra sigle studentesche, associazioni di insegnanti e genitori, organizzazioni
sindacali, partiti politici si costruisce prima, nasce per strategia politica
e mette in conto sforzi infiniti per raggiungere risultati non sempre soddisfacenti.
In quell’occasione l’alleanza nasceva con l’evento stesso: ognuno lì
rappresentava se stesso, la sua preoccupazione, la sua delusione e la sua
rabbia. E la solidarietà fra generazioni, che non è mai scontata
neanche in momenti come questi, cresceva man mano che cresceva il corteo:
attraverso gli sguardi, i silenzi, i brevi imbarazzi, poi attraverso i
sorrisi, le domande, qualche volta gli abbracci.
Studenti, insegnanti,
genitori, tutti a buon diritto cittadini di un Paese che vorrebbe la sua
scuola riformata. Certo, riformata, ma perché ne esca rafforzata
nella sua funzione primaria che è quella di dare apprendimento di
qualità a tutti e a tutti nello stesso “luogo”.
E tutti un po’ più
allegri quando, lungo i viali dell’Eur, dagli uffici di alcune banche e
di alcuni ministeri si apriva una finestra e compariva uno striscione con
su scritto: “Anche noi siamo per la scuola pubblica”.
numero 2/2002
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