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Etica della responsabilità
di Sofia Toselli - editoriale
Le ragioni di una scuola pluralista,
laica e democratica che guarda a una società solidale, sostenibile,
produttiva, fanno parte della nostra storia e della nostra migliore
tradizione scolastica. È con queste ragioni che ogni disegno
riformatore deve fare i conti, e deve farli con le politiche europee,
perché la costruzione di un'Europa non solo della moneta ma "società
di donne e uomini", richiede un investimento massiccio in quello
che è il patrimonio più importante di ogni Paese: la cultura
e i principi di civiltà.
Non sembra andare in questa direzione il disegno di scuola del ministro
Moratti, che anzi mira a smantellare, in una visione tutta economicistica
e di basso profilo, il valore sociale e 'inclusivo' della scuola pubblica.
E lo vuole fare attraverso lo strumento della delega per sottrarre ogni
discussione al Parlamento.
Che fare allora?
Oggi, noi insegnanti abbiamo un compito difficile. Se il mestiere di
insegnare è sempre stato faticoso, complesso, esigente, oggi
lo è più che mai.
Certo, gli interrogativi intorno ai quali crescono le nostre incertezze
sono molti e per nessuno è semplice ridisegnare continuamente
le proprie coordinate mentali e fare appello soltanto alle proprie forze.
Ma se a tutto questo si oppone il silenzio, il disincanto, il lavoro
nel chiuso di un'aula, in qualche modo noi stessi assecondiamo il modello
di scuola che avanza.
Del resto, nonostante i dubbi e le difficoltà, abbiamo la responsabilità
di dare a ciascun bambino e bambina, ragazzo e ragazza, ogni giorno,
apprendimento e cura.
Non rinunciamo, perciò! Ci sono riforme e proposte importanti,
facciamole funzionare: l'autonomia, l'obbligo di istruzione fino a 15
anni; le stesse "Indicazioni per i curricoli nazionali" che,
anche se non attuate, restano pur sempre una elaborazione seria e culturalmente
fondata, accessibile per tutte le scuole che vogliano utilizzarle.
È vero. Un pesante attacco attraverso vari provvedimenti contenuti
nella legge finanziaria e nel disegno di legge sugli Organi collegiali
d'Istituto - oltre che nel progetto di riforma del ministro Moratti
- tocca il cuore stesso dell'autonomia: tocca i docenti in quanto comunità
che pensa, che agisce, che sceglie autonomamente e liberamente. In quanto
comunità competente e responsabile.
L'autonomia, infatti, anche se in fase di avvio, ha evidenziato due
aspetti del nostro 'mestiere': un alto grado di responsabilità
progettuale e la dimensione collaborativa del lavoro a scuola.
Perciò il tentativo oggi in corso è quello di dividere
e gerarchizzare (le discipline, gli insegnanti, i vari ordini di scuola),
di ricondurre i docenti sulla strada di un lavoro impiegatizio e burocratico,
di ricollocarli in un ruolo di esecutori di decisioni prese da altri:
pensiamo alla prima formazione e alla formazione in servizio, affidate
esclusivamente all'Università. Mentre quello che di più
vivo e ricco c'è stato e c'è nella scuola, è sempre
partito da gruppi di insegnanti che hanno saputo assumere in prima persona
un ruolo competente e responsabile.
Ma se forti sono gli attacchi all'autonomia, c'è una legge che
ne afferma il principio.
Costruiamo allora rapporti più stretti nella scuola: con i colleghi,
con gli studenti, con i genitori. Quello che conta sono le buone pratiche,
le relazioni, la nostra capacità di creare ambienti scolastici
che siano davvero luoghi di vita e di apprendimento per ogni ragazzo.
Ed è a partire da qui, dalla nostra paziente, tenace e sapiente
azione quotidiana, che possiamo contrastare un disegno di scuola arretrato
e autoritario; da un rinnovato protagonismo, espressione di un'etica
professionale come non mai coincidente - nelle condizioni presenti -
con l'etica della responsabilità sociale, civile, democratica.
Se in questo difficile passaggio la scuola delle buone pratiche saprà
recuperare tutte le sue risorse rimarranno ben radicati i valori di
una scuola secondo Costituzione.
numero 4/2002
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