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Educazione degli adulti:
quale futuro
di Franco Baratta - editoriale
In sintonia con le politiche dell'Unione
Europea stava prendendo corpo nel nostro Paese un sistema nazionale
di Educazione degli adulti (Eda) delineato nella sua forma più
compiuta nel Documento della Conferenza Stato-Regioni del 2 marzo 2000.
Di quel disegno generale si vogliono qui richiamare due tratti di grande
interesse per la scuola:
1. l'Eda come laboratorio dell'integrazione, in orizzontale, tra sistemi
(istruzione, formazione professionale, formazione post secondaria) e,
in verticale, nel sistema dell'istruzione. Se è vero che tra
le motivazioni degli adulti che rientrano in formazione coesistono significativamente,
con quelle di natura professionale, esigenze di crescita culturale,
proprio l'integrazione può garantire la presenza articolata di
soggetti (scuola e formazione professionale) ciascuno in grado di recare
il proprio specifico contributo.
2. la reciproca influenza, nell'ottica di un continuum, tra l' istruzione
per tutta la vita e l'istruzione (e formazione) dai tre ai diciotto
anni. ("...i curricoli della scuola dai 3 ai 18 anni - recitava
la Legge 30/2000, ora fatta cadere - dovranno mirare alla permanenza
nella popolazione adulta di alcuni repertori di competenze necessari
per ogni successivo apprendimento").
A due anni e mezzo dalla Conferenza non solo il sistema non è
decollato, ma sembra scivolare in una crescente marginalizzazione.
L'integrazione tra i sistemi sembra cedere il passo al doppio canale.
I passaggi previsti dal documento della Conferenza non risultano in
corso di attuazione: i Comitati di coordinamento previsti non sono stati
insediati, non è stato definito lo stato giuridico dei Centri
territoriali permanenti (Ctp) per l'Eda che avrebbe consentito loro
di svolgere una politica di promozione e coordinamento dell'offerta
sul territorio; non si sono definiti criteri e standard condivisi tra
i diversi soggetti per le certificazioni delle competenze (e così
ciascuno sta andando per conto proprio). E non basta, in un recente
documento i sindacati confederali della scuola aggiungevano a queste
inadempienze l'assenza di risorse nel Dpef, il persistere dell'alto
tasso di precarizzazione nel personale che opera nell'Eda, e si potrebbe
continuare.
E tuttavia la scuola in questi anni non è stata assente: su un
primo impulso dell'Amministrazione si è assistito alla espansione
significativa dei Ctp che hanno intercettato la crescente esigenza di
alfabetizzazione funzionale; all'altro estremo, si registra l'esperienza
significativa - anche se ovviamente quantitativamente più modesta
- degli Ifts (istruzione post secondaria) in cui, insieme ad altri,
la scuola secondaria è fortemente presente. Lo stesso ampliamento
quantitativo dei "serali" (presenti lo scorso anno in oltre
700 Istituti secondari) dovuto probabilmente anche a una domanda più
qualificata di istruzione indotta dai Ctp, costituisce un altro "pezzo"
del sistema scuola impegnato su questo terreno.
Paradossalmente (ma non troppo), proprio il continuo aumento della "domanda"
in molteplici direzioni, in assenza di un quadro di sistema, rischia
di portare l'Eda al collasso nonostante l'impegno della scuola, in larghissima
misura fondato (fino a quando?) su una spinta "militante".
numero 11/2002
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