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Un dibattito dalle intenzioni chiare
editoriale - di Ermanno Testa

Con la consegna al ministro delle indicazioni per i curricoli della scuola di base si è conclusa la seconda fase dei lavori della Commissione per il Riordino dei cicli scolastici.
È atteso a giorni (al momento in cui scriviamo) un più agile documento che riassuma le 142 pagine dell’ampio materiale prodotto dalla Commissione. Successivamente tale documento dovrà misurarsi con i pareri del Cnpi e del Consiglio di Stato prima di divenire operativo con un decreto del ministro: un atto dovuto, essendo previsto per il prossimo settembre, per decisione del Parlamento, l’avvio della riforma nelle prime due classi della scuola di base. Nel frattempo si è dato luogo a una consultazione: un fatto assolutamente positivo ma anche delicato, poiché la nuova proposta, pur rappresentando il frutto di quanto negli ultimi anni si è andato elaborando e sperimentando diffusamente, “impatta” per la prima volta con l’opinione del Paese e, in particolare, delle scuole.
Le voci critiche sollevatesi in queste settimane, anche se non di rado contraddittorie, e le tante preoccupazioni, legittime ma non sempre fondate, non sono da trascurare, e la stampa, come purtroppo in altre occasioni, non aiuta granché a capire. È necessario invece comprendere l’ordine delle questioni e saper distinguere. Sarebbe allora molto utile - come si dimostrò  all’uscita dei programmi del 1979 (media), del 1985 (elementari) e successivi - un primo fondamentale esercizio: quello di una lettura integrale e diretta del testo, e non solo dei programmi delle materie che si insegnano, per poterne valutare innanzitutto le linee generali - alla luce di quanto prescritto dalla legge di Riordino - evitando di discutere del sentito dire o solo sulla base di giudizi altrui (magari ispirati a logiche accademiche o a calcoli elettoralistici o a evidente ostilità verso la riforma); e ora tanto più che non solo c’è margine in queste settimane per intervenire ma perché, a differenza di quelle passate esperienze, è l’impianto stesso della legge 30/2000 a prevedere, di fatto, una fase sperimentale della riforma: dopo tre anni - cioè già al termine del 4° anno del ciclo di base e del 2° anno del ciclo secondario - si dovrà infatti andare a una prima verifica generale. A differenza delle grandi riforme scolastiche del passato (Casati 1859, Gentile 1923) quella attuale si realizza in regime di democrazia e può contare perciò su una pluralità di voci e di punti di vista; ma perché essa possa poi diventare operativa  dando gambe alle necessarie trasformazioni, le varie posizioni debbono trovare un momento di equilibrio e di certezza. È quindi assai opportuno che le nuove indicazioni per i curricoli vengano valutate da ciascuno alla luce della propria esperienza scolastica, delle difficoltà e dei ritardi fino a oggi incontrati nell’azione didattica, considerandone la loro effettiva “sostenibilità”, la carica innovativa, la possibilità che offrono – se la offrono – di rendere più efficace e soddisfacente il lavoro di chi insegna, più solido l’apprendimento. Sapendo però ‘anche’ che questa volta non di programmi si tratta bensì di indicazioni per i curricoli, che toccherà alle scuole definire, sulla base anche di quella quota di insegnamenti che ciascuna di esse potrà scegliere autonomamente. Soprattutto cercando di valutare se e in che misura nelle  indicazioni curricolari venga riconosciuta la “centralità” dell’allievo e vi sia la garanzia di un vero successo scolastico.
Critiche consapevoli, fondate, circostanziate, comunque costruttive, non possono che far bene al difficile e assai complesso processo che si sta mettendo in atto. E in ciò, come in tutti i passaggi importanti della scuola, intendiamo impegnarci. Sapendo però che la riforma non potrà forse rispondere, per forza di cose, almeno nell’immediato, a tutti i motivati ‘perché’.
Ma la non riforma?

numero 3/2001


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