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I lettori di "Insegnare"...
editoriale - Ermanno Testa

I lettori di “Insegnare” conoscono l’impegno di questa rivista, che dura ormai da quindici anni, nel sostenere con l’informazione, l’approfondimento, il confronto quei processi di cambiamento del “fare scuola” in grado di rispondere alle nuove richieste della società e al diffuso bisogno di cultura e di cittadinanza.
Chi ci ha seguito in questi anni sa che nel valutare i vari provvedimenti presi, abbiamo sempre cercato di osservare i fatti, evitando posizioni preconcette, a favore o contro, sempre animati dall’idea, comunque, di sostenere la qualità del lavoro di chi opera nella scuola. L’esperienza degli ultimi cinque anni - fase di tumultuosi cambiamenti - sta a testimoniarlo. Abbiamo salutato e sostenuto ciò che ci sembrava utile alla scuola, abbiamo criticato ciò che non ci convinceva, evitando posizioni di comodo: abbiamo accolto con favore l’autonomia scolastica e tuttavia abbiamo respinto ogni enfasi esagerata consapevoli del fatto che l’autonomia fosse uno strumento, necessario alla riforma, ma non la riforma. Abbiamo di conseguenza criticato il ritardo con cui si è posto mano a un nuovo progetto di scuola, soprattutto nel far partecipare da protagonisti a tale processo i docenti e i  dirigenti, il mondo della scuola.
Abbiamo infine sostenuto quanto sul piano della elaborazione culturale è stato prodotto negli ultimi mesi per l’attuazione dei riordino dei cicli scolastici, un processo attraverso cui si è ristabilita una continuità, interrotta nella prima fase della legislatura, con quel filone di elaborazione culturale, di ispirazione democratica, che si era andato sviluppando dagli anni settanta in poi. Un processo i cui effetti positivi, purtroppo, non hanno trovato il tempo di sedimentarsi nella scuola.
Il quadro complessivo con le ultime elezioni politiche è cambiato. Rispetto al passato idee diverse di società e di scuola ispirano chi ora ha la responsabilità del governo.
Ciò non di meno persistono tutte, intatte, le ragioni della scuola che non sono ragioni di parte ma nascono dall’obbligo di rispondere giorno per giorno a quel bisogno comune, cioè di tutti, di crescere e di accrescere attraverso gli strumenti della cultura, la capacità di contare e di agire alla pari nella società, dove, già da oggi, il possedere o meno conoscenze adeguate diventa il discrimine di una piena cittadinanza.
Rimane intatta perciò la necessità di una scuola che non escluda a priori nessuno, cercando di portarlo al più alto grado di formazione possibile. È un principio, quello del diritto di tutti alla cultura, superiore allo stesso diritto allo studio, che richiede alla scuola e ai suoi operatori un impegno gravoso, difficile, più complesso che nel passato e perciò più che nel passato bisognoso di sostegno e di cura, di autonomia e di qualità, di certezze e di pluralismo, e di adeguato riconoscimento economico.
Senza preconcetti, è a queste ragioni che continueremo a ispirarci con l’intransigenza di sempre – anche se la partenza, pur assai silenziosa, del nuovo ministro dell’Istruzione è stata, rispetto a ciò, assolutamente negativa - perché le ragioni della scuola sono le ragioni della società, del suo tratto democratico e solidale, non indifferenti ma certamente estranee a qualunque “ideologia” totalizzante dell’impresa o della famiglia.
Seguiremo con attenzione gli sviluppi della politica scolastica ma continueremo soprattutto a sostenere quell’attività di riflessione e di ricerca culturale e didattica e tutti quei processi, anche spontanei, che l’autonomia permette comunque di realizzare nelle scuole per migliorare l’efficacia dell’insegnamento.
Con questi intenti lanciamo un appello ai nostri lettori perché la voce autonoma e autorevole di “Insegnare” possa continuare a svolgere pienamente la sua funzione: li invitiamo a rinnovare l’abbonamento annuale, li invitiamo a trovare nuovi abbonati tra i propri colleghi e a far sì che anche la propria scuola si abboni alla rivista, rendendola più visibile in bacheca o in sala professori. Un modo concreto di sostenere una voce democratica della scuola.

numero 8-9/2001


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