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Il diritto di tutti alla cultura editoriale - Domenico Chiesa
Che cosa accadrà del
processo di riforma avviato negli anni passati ma sospeso proprio sul filo
del traguardo da un “non atto” del nuovo ministro?
È una domanda
ricorrente nelle scuole che si mescola con la fatica e le difficoltà
dell’inizio d’anno scolastico e che incrementa il senso di insicurezza
soprattutto perché una parte della riforma rimane in vigore in quanto
già legge operante (l’autonomia delle scuole) o perché presente
nel fare scuola quotidiano (gli Istituti comprensivi, il processo di innovazione
curricolare).
I difensori (estremi)
della scuola gentiliana possono ritenersi soddisfatti.
Gli ottimisti (estremi)
possono leggere questa sospensione come la possibilità di avere
un anno di riflessione. La necessità di riflettere e di argomentare
rimane forte - soprattutto per chi, come noi del Cidi, condividendo l’impianto
complessivo del progetto di riforma, non si nascondeva l’immenso lavoro
che ancora si sarebbe dovuto svolgere per farlo realmente diventare “scuola”
- ma l’interruzione del processo non può che essere valutata come
un fatto profondamente negativo.
Il “ritiro provvedimenti”
(del 5 luglio 2001) non ha solo impedito l’avvio delle prime classi della
scuola di base, ma ha pure bloccato le iniziative di innovazione nella
scuola dell’infanzia e nella scuola superiore interrompendo un processo
in atto. Lo stesso sviluppo dell’autonomia delle scuole segna una battuta
d’arresto; da sempre sottolineiamo come l’autonomia debba risultare uno
strumento e non un fine del cambiamento. Si ripropone il rischio di un
rilancio dei progetti-immagine e di una caduta dell’impegno sul curricolo.
Il documento programmatico
presentato dal ministro Moratti segnala quanto sia ancora da elaborare
la scuola delle tre ”i”, ma certo non nasconde le aspirazioni ideologiche
che orientano il nuovo governo.
Sembra emergere la volontà
di contrapporre a una scuola che, non senza difficoltà, sta cercando
di costruirsi come scuola del diritto per tutti alla cultura, percorsi
e luoghi di formazione divisi e differenziati: divisi sulla base dell’appartenenza
culturale e religiosa e differenziati sulla base della collocazione sociale
da raggiungere (o da confermare); una scuola dell’eccellenza per alcuni
e una scuola della solidarietà per gli altri. Sullo sfondo rimane
l’illusione che il mercato possa porsi come fattore di efficienza del sistema.
Vorrebbe dire semplificare
i problemi, non risolverli.
Una scuola che rinunciasse
a corrispondere ai bisogni di formazione culturale alta per tutti e riscoprisse
la vocazione alla selezione attraverso una separazione precoce dei ragazzi
in percorsi con valenza formativa diversa, rappresenterebbe un passo indietro
nello sviluppo della società in senso democratico e una risposta
miope, arretrata e insufficiente anche alle richieste del mercato del lavoro,
finendo proprio per ridurre la formazione di molti cittadini alle esigenze
contingenti del mondo della produzione.
A questi obiettivi di
politica scolastica noi ci opporremo.
Ci opporremo non per
schieramento né per contrapporre un’altra ideologia, ma per continuare
a dare il nostro contributo affinché la scuola riesca a rappresentare
un fattore attivo nel «rimuovere gli ostacoli di ordine economico
e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica
e sociale del Paese». Per una scuola dell’inclusione, in cui le condizioni
socio-culturali di partenza risultino sempre meno determinanti per il raggiungimento
dei più alti livelli di istruzione, scuola laboratorio di democrazia
e di convivenza per formare donne e uomini in grado di pensare criticamente,
di avere conoscenze e strumenti di interpretazione, di rifiutare le certezze
affrettate e il pensiero semplificato, di conquistare una disciplina mentale
sicura, per diventare cittadini di un mondo più vasto, dove la valorizzazione
delle differenze serva a rendere ciascuno forte nel dialogo e nel rapporto
con altre storie e altre culture.
Cercheremo di continuare
l’impegno di sempre con le modalità di sempre: tenere insieme un
disegno culturale alto e di grande respiro che ha a che fare con un’idea
stessa di società, con il miglioramento della qualità della
vita quotidiana nella scuola; argomentare, approfondire e promuovere iniziativa
democratica.
Cercheremo di comunicarlo
al maggior numero di insegnanti, di dirigenti, di studenti e di cittadini
che per questa scuola vogliono continuare a operare.
numero 10/2001
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