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Editoriale - Coerenza nelle scelte, e maggiori risorse - di Carlo Fiorentini
Stiamo assistendo a una trasformazione radicale del sistema scolastico e più in generale del sistema formativo italiano. Il mosaico dei provvedimenti, alcuni in fase di attuazione, altri in corso di elaborazione, è ormai quasi completo. Si stanno creando effettivamente per la prima volta nel nostro Paese le condizioni istituzionali per la realizzazione di un sistema formativo non più sclerotizzato, capace costantemente di autoriformarsi, con il passaggio da una organizzazione centralistica e burocratica, caratterizzata dagli adempimenti formali, a una struttura sistemica basata sull’autonomia di ricerca, progettazione e sperimentazione di tutte le Istituzioni scolastiche, all’interno di chiari riferimenti nazionali. Il cammino della grande riforma non è stato lineare nel corso di questi tre anni; tuttavia, ciò che è fondamentale è la fisionomia significativa assunta dalla riforma nel suo sviluppo, dimostrando una capacità di interazione con le critiche costruttive espresse dal mondo della scuola più interessato alle sorti della formazione delle giovani generazioni. In una prima fase di questo processo non abbiamo nascosto le nostre preoccupazioni, che in parte permangono; ora siamo più fiduciosi perché iniziamo a vedere, per la prima volta in Italia, l’effettiva possibilità che si realizzino molte delle aspettative di quella parte della scuola impegnata da decenni nell’ardua impresa di coniugare scuola di massa e di qualità. Il nostro ottimismo è, tuttavia, pienamente consapevole delle immani difficoltà (e anche delle ambiguità) che si stanno incontrando nel cammino della riforma. Ci troviamo di fronte a norme totalmente innovative che avranno bisogno di molti anni per produrre risultati rilevanti; anzi, in mancanza di una diffusa consapevolezza strategica dei nodi della riforma, potrebbe verificarsi una proliferazione di innovazioni superficiali destinate ad aumentare la sfiducia e le resistenze al cambiamento. La nuova normativa, come per esempio il Regolamento dell’autonomia didattica e organizzativa, postula un cambiamento radicale delle funzioni e dei comportamenti di tutti gli operatori, dai direttori generali ai provveditori, dai tecnici Irrsae agli ispettori, dai dirigenti scolastici agli insegnanti. Ma questo cambiamento non si verificherà in modo miracolistico: l’innovazione nelle scuole potrà realizzarsi se si terrà conto dei vincoli, se non ci si accontenterà delle belle parole, se i Pof saranno effettivamente centrati sul rinnovamento del curricolo e delle metodologie didattiche alla luce delle indicazioni del documento di sintesi della Commissione dei saggi. Tuttavia, è la prima volta che in Italia è possibile ipotizzare che l’impegno degli insegnanti non sia abbandonato a se stesso, che la sperimentazione e la ricerca che si svilupperanno dal basso possano essere sostenute da strutture rinnovate ed effettivamente competenti (Provveditorati, Irrsae, Centri territoriali, Università ecc.). Vi è, infine, il problema delle risorse: molti operatori, che pur condividono il cambiamento, affermano che senza risorse aggiuntive significative non si può fare la riforma. L’ultimo rapporto Ocse sugli indicatori sembra dare loro ragione dove evidenzia che nel quinquennio 90-95 l’Italia è effettivamente precipitata agli ultimi posti in Europa, insieme alla Turchia, in relazione alla diminuzione dell’investimento nella scuola in rapporto al Pil. Diventa quindi fondamentale accompagnare il processo riformatore, pena il suo fallimento, da una parte con una riqualificazione delle strutture, e dall’altra con un adeguato riconoscimento economico-sociale della nuova professionalità richiesta a tutti gli operatori. |