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    mensile del centro di iniziativa democratica degli insegnanti

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      Editoriale - Le culture e i saperi della scuola - di Alba Sasso

      Il titolo che abbiamo voluto dare al ventottesimo convegno nazionale del Cidi, che si terrà nel prossimo marzo a Sorrento, è "Le culture e i saperi della scuola". Per sottolineare che in un momento di grandi e piccole trasformazioni la scuola è, deve essere, un soggetto forte del cambiamento.

      I molti relatori dei nostri convegni hanno sempre sottolineato quella che può apparire un'anomalia rispetto a una consolidata tradizione, secondo la quale della scuola discutono e decidono, in genere, soggetti esterni alla scuola stessa.

      Nei nostri convegni, come nelle tante nostre iniziative c'è, e questo a volte stupisce , un corpo professionale che riflette sulla scuola e sul suo lavoro e che in questa riflessione/elaborazione cresce professionalmente.

      Ho un timore: che nel progettare il cambiamento, nel definirne la direzione, nell'individuare l'asse culturale di un sistema che deve affrontare le sfide della modernità e del futuro non si tenga conto a sufficienza di quanta cultura, sapere, esperienza la scuola abbia prodotto in questi anni. E non parlo solo del lavoro delle associazioni professionali.

      Basterebbe osservare quanto sta già accadendo . La scuola che meglio ha saputo rispondere alla sollecitazione delle riforme, (penso all'esame di Stato, alla sperimentazione dell'autonomia, al prolungamento dell'obbligo, ma penso anche a esperienze che in qualche modo già prefigurano il riordino dei cicli, come quella degli Istituti comprensivi) è stata, soprattutto, quella che ha saputo valorizzare e far emergere esperienze già consolidate, un lavoro già avviato.

      Nella scuola, insomma, c'è bisogno di capire di più, di avere chiavi di lettura e interpretazione della realtà presente e delle prospettive di cambiamento. Ma non si parte da zero.

      Perciò abbiamo voluto dedicare una sessione del convegno di marzo all'analisi dei dati sulla scuola come ancora è: per capire che cosa funziona e che cosa no e quali strumenti, insieme interni ed esterni, possano servire per migliorare la qualità del sistema. A partire da un'idea forse ovvia. Che non si può realizzare nessuna riforma senza tener conto delle aspettative della scuola, del suo sapere, della sua storia, che è, nelle sue esperienze migliori, storia di qualità, di passione e di impegno.

      Così come non si può progettare un nuovo asse formativo, senza partire anche dalla cultura di quanti hanno saputo costruire nella scuola un mondo ricco di "pensiero e di operatività", di saperi e di relazioni.

      Cosa significa essere istruiti oggi è certo risposta che deve venire dalla società, ma è una domanda che deve misurarsi con la capacità della scuola di capire già da ora e subito come organizzare percorsi di apprendimento attenti ai singoli, alle loro diversità, alle loro deboli o forti identità; percorsi che sappiano portare ognuno al raggiungimento di comuni traguardi formativi .

      Perciò, ci è sembrato importante dedicare una sessione del convegno a una questione oggi più che mai difficile e delicata: quella del "mestiere" dell'insegnare. Quali sono i fondamenti culturali di questo mestiere in un momento in cui siamo chiamati ad agire e realizzare le riforme? Nella scuola c'è bisogno di pensare a una diversa articolazione del lavoro docente, c'è bisogno di adeguati e credibili riconoscimenti economici. Possiamo consegnare il discorso sulla professionalità solo a soluzioni tecniche, a procedure concorsuali, che tanta discussione e disagio stanno creando nella scuola? Possiamo pensare che la complessità del profilo professionale possa essere affrontata e risolta solo in sede contrattuale?

      Anche di questo vogliamo parlare a Sorrento inquadrando questi problemi all'interno dei più generali cambiamenti che si stanno preparando nel nostro come in altri sistemi di istruzione e formazione.

      numero 2/2000