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mensile del centro di iniziativa democratica degli insegnanti
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Editoriale - La scuola dell'infanzia - di Alba Sasso
Torna al centro del dibattito la scuola dell'infanzia.
Finalmente per la sua specificità di scuola. Per il suo essere non solo luogo decisivo per combattere lo svantaggio sociale e culturale di bambine e bambini, ma anche e soprattutto per il suo essere luogo fondamentale per costruire le basi indispensabili per ogni successivo percorso di apprendimento: luogo intenzionale di apprendimento - come già sottolineavamo in un nostro convegno dell'86 - ancor prima degli Orientamenti del '91.
La scuola dell'infanzia entra da protagonista nel cantiere aperto delle riforme. Il documento su Linee di sviluppo della scuola dell'infanzia, la consultazione su di esso avviata tra gli operatori, il progetto di sperimentazione Alice, le giornate del 4 e del 14/15 maggio - la Conferenza nazionale sulla scuola dell'infanzia, sono il riconoscimento dell'identità e del ruolo decisivo di questa scuola all'interno di ogni percorso formativo.
Identità e ruolo che questa scuola si è conquistata sul campo, attraverso l'impegno dei suoi operatori e grazie a un lavoro costante, quotidiano di elaborazione, ricerca, sperimentazione . E va anche considerato quanto una forte domanda sociale, che non sempre è solo richiesta di custodia, ma sempre più spesso richiesta di qualità, abbia giocato nell'estensione del servizio e nella diffusione delle sue migliori esperienze.
Un dato è certo, e ce lo riferisce il sottosegretario alla Pubblica Istruzione Nadia Masini: in questi anni c'è stato un forte impegno dello Stato verso questa scuola. Ormai circa 97 bambini su 100 frequentano la scuola dell'infanzia e di essi il 58% la scuola statale, il 15% la scuola dell'Ente locale, il 27% una scuola privata.
Sarà perciò necessario chiarire il rapporto con la scuola privata, nata in assenza o, come in altre fasce scolastiche, spesso per colmare le inadempienze del sistema pubblico statale. E questo chiarimento non potrà che passare attraverso una legge di parità che definisca diritti e doveri della scuola non statale e permetta alle regioni di legiferare all'interno di norme trasparenti, vincoli precisi e nel rispetto del dettato costituzionale.
Una scuola dunque che può e vuole contare nella costruzione delle riforme.
Nel testo sul riordino dei cicli la scuola dell'infanzia è chiamata col suo nome, appunto. Ma c'è un problema irrisolto in quel testo o almeno rimandato: la questione dell'obbligo. Siamo convinti che l'obbligo di dieci anni previsto dalla legge n. 9 del '99, di nove anni solo in via transitoria, dovrebbe essere speso nell'ultimo anno della scuola dell'infanzia. Non certo per spezzare la triennalità del percorso, ma per ribadire il ruolo , la funzione di questa scuola, la sua specificità all'interno del percorso d'istruzione. Certo, l'obbligo deve essere soprattutto obbligo dello Stato nel garantire la generalizzazione dell'offerta.
Le esperienze eccellenti di questa scuola possono dire molto sul terreno dell'autonomia, anche alle altre fasce scolastiche.
Ma le esperienze eccellenti non sono, appunto, norma e c'è ancora molta strada da fare per illuminare le tante zone grigie, che richiedono impegno, attenzione, investimenti.
Accanto all'impegno espresso pubblicamente dal ministro su questo terreno (generalizzare l'offerta e garantirne la qualità), l'impegno di tanti, in primo luogo le operatrici e gli operatori, il Coordinamento nazionale per le politiche dell' infanzia e della sua scuola, i sindacati, le associazioni professionali, il mondo della ricerca.
Diversi e importanti sono gli appuntamenti nei prossimi giorni e mesi e ci piacerebbe però che nel parlare di infanzia, di diritti, di identità e di futuro uscissimo dalla nostra impotenza nei confronti di quelle bambine e bambini, feriti e dimenticati, coinvolti, a pochi passi da noi, in una guerra atroce di cui nessuno potrà loro spiegare le ragioni.
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