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Europa, Europe
La nuova Europa rischia di essere subita o non compresa , tollerata ma non amata.
L'opinione pubblica la percepisce in termini di costi e sacrifici, meno come opportunità e risorsa.
Continuando a privilegiare su tutte le altre la dimensione economica dei processi di integrazione, si vanificano le ragioni sociali e le originarie motivazioni ideali alla base della nascita dell'Europa comunitaria e si rischia di attivare un processo di disaffezione e di ripulsa nei confronti dell'idea stessa di Europa.
Evidentemente non bastano le direttive, non sono sufficienti i parametri tecnico-economici, i vincoli delle banche centrali o le regole sulle procedure di codecisione per sviluppare un comune sentire europeo.
Per facilitare l'attuazione di un processo che rivaluti le ragioni profonde dell'essere cittadini europei occorre far entrare in gioco i valori e le motivazioni e anche la crescita delle conoscenze rilanciando e qualificando il ruolo della dimensione culturale e formativa.
Malgrado la debolezza istituzionale dei Trattati (l'istruzione non è politica comune) viene oggi riconosciuto a livello europeo un ruolo centrale e strategico all'innovazione e all'adeguamento dei sistemi di istruzione, di formazione e di ricerca quale fattore di sviluppo e coesione sociale, di crescita economica e occupazione.
Costruire l'Europa della conoscenza e della cultura è stata la provocazione e l'impegno politico sottoscritto a Firenze il 30 settembre 1999 da otto ministri dell'Istruzione tramite la dichiarazione "Apprendere in Europa" che, dopo quelle della Sorbona e di Bologna, definisce una serie di priorità collegate allo sviluppo di uno spazio comune dell'istruzione.
La dichiarazione di Firenze rientra in una strategia più ampia che ha visto l'Italia giocare un ruolo da protagonista. Già nel Consiglio informale dei Ministri dell'istruzione, svoltosi sotto presidenza finlandese a Tampere (24-25 settembre 1999), il nostro Paese aveva sostenuto l'esigenza di andare oltre gli strumenti di cooperazione già esistenti identificando un quadro globale di riferimento e alcune grandi priorità condivise allo scopo di contribuire al rafforzamento del processo di convergenza delle politiche educative in Europa. Convergenza - si badi bene - e non omogeneizzazione poiché alla base del concetto stesso di dimensione europea c'è la coscienza e il rispetto del pluralismo e delle diversità.
Ecco perché la dichiarazione di Firenze afferma l'esigenza di uno spazio europeo della cooperazione nel campo dell'istruzione nel pieno rispetto, peraltro, della responsabilità degli Stati per ciò che riguarda i contenuti dell'insegnamento, l'organizzazione dei sistemi educativi e le loro peculiarità linguistiche e culturali. Ciò non significa che non ci si possa confrontare sulle esperienze e, soprattutto, sui risultati partendo dall'analisi dei problemi comuni e delle politiche considerate determinanti per risolverli.
Solo i miopi ancora stentano a percepire che l'istruzione coinvolge, nel progetto di costruzione della nuova Europa, una serie di competenze relative ad aree molto sensibili del rapporto tra identità e integrazione e che la cittadinanza europea si sostanzia in una pluralità di appartenenze, le quali convivono in una realtà in cui si è cittadini d'Europa e del mondo, salvaguardando, al contempo, la propria originaria e più specifica identità culturale e relazionale. Anzi, il dibattito sull'identità europea s'identifica proprio nella conciliazione tra l'adesione a principi e valori universali e la valorizzazione delle peculiarità nazionali e regionali, e fa tutt'uno con quello sulla democrazia e sui suoi strumenti d'espressione.
Ha quindi il sapore della sfida sentire affermare dal ministro italiano a Firenze il comune intento di voler: "....essere cittadini e uomini di cultura europei e non solo compratori e venditori europei".
Certo, per costruire i cittadini europei occorre rilanciare l'ideale dell'Europa politica ma nessuna ricetta sarà efficace, nemmeno quella dello sviluppo della formazione e della ricerca così come auspicato dal neo presidente Prodi se, alle dichiarazioni, pur strategiche e condivisibili come quelle per il millennio del recente Consiglio Europeo di Helsinki, non seguiranno l'impegno della Commissione e le riforme istituzionali necessarie per una presenza visibile dell'istruzione nelle politiche dell'Unione.
numero 2/2000
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