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La formazione professionale al centro
del processo di integrazione europea
di Antonio Giunta La Spada
Il 21 febbraio
2002 a Parigi, nella sede del Conservatoire Nationale des arts et Metiers,
è stata firmata dai ministri dell'Istruzione di alcuni Paesi
membri dell'Unione Europea, tra cui l'Italia, una dichiarazione congiunta
relativa a un progetto sperimentale per la realizzazione di diplomi
professionali che potranno in prospettiva essere riconosciuti a livello
europeo.
Il progetto, nato su iniziativa del ministro francese Melenchon, è
volto a individuare qualifiche professionali reciprocamente riconoscibili
sulla base di percorsi formativi costruiti consensualmente.
Si tratta di un'iniziativa fortemente innovativa che si inserisce nel
rinnovato processo di cooperazione dell'Unione nei settori dell'istruzione
e della formazione e, in particolare, nel quadro degli obiettivi della
recente comunicazione della Commissione sulla realizzazione di uno spazio
europeo per la formazione permanente (cfr. "Insegnare", n.
2/2002).
Sotto l'ampio cappello del lifelong learning gli Stati e la Commissione
vanno sostenendo ormai l'esigenza di incrementare la trasparenza dei
percorsi formativi, delle qualifiche e dei titoli acquisiti in ambito
formale. Parimenti si auspica lo sviluppo di metodi standardizzati e
condivisi per la valorizzazione delle competenze acquisite negli ambiti
non formali e informali; questo è l'aspetto più problematico,
per la definizione di criteri di qualità.
Nel settore universitario, le azioni avviate a livello comunitario hanno
consentito progressi notevoli che necessitano tuttavia di ulteriori
sforzi. Ci si riferisce in particolare all'uso dei crediti (Ects) e
all'adozione del diploma supplement, basato sul modello condiviso
a livello europeo. Tali strumenti, ormai considerati basilari per la
trasparenza, sono stati introdotti nel nostro Paese ma dovrebbero essere
sviluppati anche negli altri settori dell'istruzione e, in particolare,
nella formazione professionale.
Nel caso del progetto avviato dalla Francia che prende il nome di Professionnalisation
Durable, il gruppo di lavoro tecnico, che concluderà i lavori
entro il primo semestre del 2002, ha lavorato per la costruzione di
standard di qualifica comune per diplomi professionali europei relativi
al settore alberghiero (gestione dell'accoglienza) e al settore dell'industria
automobilistica (logistica dell'approvvigionamento e della distribuzione).
Tale metodologia potrà essere trasferita ad altri settori di
attività al fine di creare diplomi professionali riconosciuti
che consentano l'innovatività dei percorsi formativi, il loro
riconoscimento a livello europeo nonché la garanzia di un reale
processo di mobilità.
Gli Stati partecipanti, cinque dell'Unione (oltre all'Italia, Francia,
Regno Unito, Spagna, Germania e Grecia) e due Paesi candidati (Ungheria
e Repubblica ceca) nel documento approvato si pongono nel solco tracciato
dal Consiglio europeo di Lisbona e sottolineano l'importanza dell'istruzione
professionale come fattore determinante per la creazione di uno spazio
europeo delle qualifiche professionali, pur nel rispetto delle prerogative
nazionali.
Un gruppo di pilotaggio avrà il compito di procedere alla valutazione
e realizzazione di quanto elaborato, con il sostegno della Commissione
europea. Solo successivamente il progetto sarà proposto all'adesione
di altri Stati.
I partners sociali e le associazioni imprenditoriali saranno consultati
per proporre una lista di attività professionali giustificanti
l'applicazione di questo nuovo metodo di lavoro.
Interessante per i temi delle politiche del lavoro e della formazione
è anche il recente piano d'azione della Commissione in materia
di competenze e mobilità, presentato al Consiglio Istruzione
del febbraio scorso. Il documento, frutto del lavoro di un gruppo di
esperti, individua tre grandi sfide da vincere per rendere accessibili
a tutti i mercati europei del lavoro: una mobilità professionale
insufficiente; una debole mobilità geografica; la frammentazione
delle informazioni; la mancanza della trasparenza delle offerte di lavoro.
Certamente il tasso di mobilità professionale nei Paesi europei,
pur in aumento, è la metà di quello registrato negli Usa
dove il 30% dei lavoratori restano meno di un anno presso i loro datori
di lavoro. Ma altre sono le questioni nodali: la trasparenza e la trasferibilità
delle qualifiche ma anche un riesame critico del complesso delle competenze
tradizionalmente ritenute "di base" per adeguarle ai mutamenti
della società della conoscenza.
numero 4/2002
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