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Analisi testuale: siamo tutti d'accordo? - di Franca Mariani
L’analisi testuale inserita nell’imminente concorso a cattedre ha creato tensione nei candidati non abituati a questo genere di prova nelle Facoltà di Lettere italiane. Come procedere nel condurre l’analisi di un testo letterario? Quale livello di contestualizzzione privilegiare? E i futuri esaminatori? Possiedono tutti le competenze necessarie per valutare un’analisi testuale? La domanda (retorica) del titolo impone una risposta tanto immediata quanto lapidaria: no. Ne segue un inevitabile perché. Se rispondere no è facile, non è altrettanto facile articolare una risposta soddisfacente al perché. Non è infatti di breve respiro esporre in una sintesi unitaria la ricchezza dei percorsi di ricerca sull’analisi del testo iniziati in Italia – e non solo in Italia - a partire dagli anni Sessanta, quando l’impatto cognitivo con le teorie letterarie e linguistiche e con le letture critiche elaborate negli anni Venti in Russia e in Cecoslovacchia ha proposto nuovi strumenti di lettura dei testi e, soprattutto, ha radicalmente modificato la conoscenza del fenomeno letterario. Anche se – pur riconoscendo un debito storico alla proppiana Morfologia della fiaba e ai formalisti russi - non è da sottovalutare, per quanto riguarda l’analisi testuale, la lezione dei grandi linguisti e filologi italiani, da Terracini a Devoto a Nencioni a Contini. La stasi dell’Università
In questo caso la risposta è semplice. Nelle Facoltà di Lettere italiane (salvo poche eccezioni) gli studenti durante i quattro anni di corso non solo non sono tenuti a sostenere alcuna prova scritta fino alla tesi di laurea, ma l’analisi di un testo letterario non è contemplata nelle prove orali in quanto "oggetto" di esame rimane il corso monografico (magari su un minore del Cinquecento) con il corredo, non sempre, di una carrellata sulla storia letteraria . Non è un caso che i docenti universitari di italianistica continuino a curare monumentali storie letterarie che invadono il mercato editoriale: non c’è casa editrice che non ne vanti una, da Garzanti a Einaudi, a Rizzoli, a Salerno, a Bollati Boringhieri, a Utet…, mentre collane prestigiose di autori classici hanno cessato da tempo la loro attività. L’impegno faticoso di lavorare sui testi sembra rimasto prerogativa esclusiva dei filologi. Il panico di quei candidati, che da questa formazione universitaria provengono, è dunque più che giustificato. Nella scuola qualcosa si è mosso
Per quanto riguarda la scuola, dunque, c’è stato un processo di "avvicinamento al testo", ma…c’è sempre un ma: metodi complessi di analisi, divulgati senza il supporto teorico adeguato, rischiano il degrado di una applicazione meccanica. Comunque sia è da sottolineare la scelta ministeriale di inserire nelle prove del nuovo esame di Stato l’analisi testuale. Tornando all’argomento che ci interessa, l’analisi testuale, le competenze necessarie per affrontare questa prova non possono essere date per scontate. Dove e quando i candidati avrebbero dovuto acquisirle? Data la formazione universitaria cui si è accennato (le eccezioni naturalmente ci sono ma sono, appunto, eccezioni) la situazione generale non è certo tranquilla. E i futuri esaminatori? Con quali competenze esamineranno le "analisi testuali"? Ci saranno indubbiamente esaminatori perfettamente in grado di esprimere valutazioni consapevoli per competenze specifiche, ma ci saranno anche esaminatori che di "analisi del testo" avranno un’idea approssimativa. Di questa situazione reale, nella quale sono coinvolti esaminandi e esaminatori, occorre prendere atto perché la proposta ministeriale di trasformare il vecchio tema in qualcosa di serio non si frantumi in soggettivismi interpretativi e valutativi la cui conseguenza non può che essere deleteria. Cosa si intende per "analisi testuale"?
Che un testo letterario (naturalmente, non tutti quelli considerati "letterari" lo sono, ma qui si aprirebbe un altro discorso) non si limiti a comunicare ma significhi oltre il senso letterale trova tutti concordi: Isidoro di Siviglia parlava di vis gemina, "doppia forza", letterale e traslata . Isidoro alludeva, è vero, a testi allegorici, ma ciò non toglie che anche nei testi letterari esista una "forza" seconda che trascende, sostanziandola, quella legata alla immediata comunicabilità. Parafrasare - come ha fatto uno studente nella prova del nuovo esame di Stato - "L’Isonzo scorrendo/ mi levigava/ come un suo sasso…" con: "Ungaretti ha fatto un bagno nell’Isonzo", dimostra ( a parte l’incongruenza di "parafrasare" un testo poetico) che quello studente è rimasto fermo alla lettera del testo, incapace di superare quel confine oltre il quale si aprono gli spazi della significazione. Come andare oltre la letteralità per entrare nel mondo del non detto, per cogliere quel o quei significati latenti che un testo di grande spessore quale è spesso un testo letterario porta con sé nel suo viaggio a volte secolare? La risposta non può e non deve essere univoca perché non esiste alcun "pacchetto" preconfezionato di strumenti che, applicati a qualsiasi testo, si configurino come chiave passe-partout . Si cadrebbe inevitabilmente in un meccanicismo fine a se stesso. Quale risultato si ottiene applicando le funzioni proppiane a un racconto? Che senso ha enumerare le allitterazioni o le anafore, individuare le figure del significante e/o del significato di un testo poetico? Non ha alcuna importanza contare quanti endecasillabi e quanti settenari siano presenti in una Canzone di Petrarca o di Leopardi, è importante capire quale funzione significativa svolga quel settenario o quella sequenza di endecasillabi in rapporto al ritmo sintattico e argomentativo. Come analizzaze un testo letterario?
L’analisi linguistica di un testo, comunque, costituisce quasi sempre un livello di analisi importante proprio per le vicende storiche che hanno caratterizzato l’uso letterario della lingua nel nostro Paese (presenza "letteraria" delle lingue regionali, separatezza tra lingua della poesia e lingua della prosa, sperimentazioni linguistiche ecc.). In seconda istanza, ma sempre rimanendo nell’argomentazione inglobante "lingua", vanno sottolineate le scelte formali specifiche (registro linguistico, scelte ritmico-metriche, genere di appartenenza (sonetto, canzone, poema, inno, versi sciolti, versi liberi e atonali, racconto, aforisma, romanzo di formazione, filosofico, picaresco, epistolare, storico, ecc.). Presentano queste scelte aspetti di continuità e/o di rottura con i codici preesistenti? Per esempio: l’endecasillabo sciolto dei Sepolcri, la lingua e le scelte metriche di Myricae, la lingua e le scelte metriche di Gozzano, di Ungaretti….quale significato vengono ad assumere. Interrelata con la riflessione sulla lingua, si renderà necessaria una riflessione sulla collocazione del testo proposto all’interno della produzione letteraria dell’autore (a quale periodo appartiene, rappresenta un momento significativo per continuità o rottura ecc.). Affrontati questi primi elementi di analisi, ogni testo offre altre possibili linee di ricerca. Se un testo narrativo si articola in sequenze significative, sarà forse opportuno seguirne lo svolgimento, interpretarne la scelta di posizione, la diversa espansione, le riprese intratestuali; se presenta particolari scelte nell’organizzazione dello spazio o nell’impianto temporale, il tempo e lo spazio della finzione narrativa costituiranno oggetto di analisi; se a uno o a più personaggi viene dato particolare risalto, sarà il caso di analizzarne la presentazione (punto di vista, scelte retoriche: dialogo, monologo, descrizione ecc.) e le trasformazioni (rapporti con altri personaggi, motivazioni, visione del mondo ecc.). La scelta si concentrerà dunque su quello o quegli aspetti che in quel testo assumono particolare rilevanza. Nel testo poetico le forme del significante hanno naturalmente un peso maggiore: una parola vale anche, a volte in modo preponderante, per la sua realtà materica che può esprimere valenze foniche al di là di ogni contenuto semantico. Gli aspetti formali (lessico, assonanze, allitterazioni, fonosimbolismi) vanno quindi analizzati in funzione del significato che comunicano e non come arido elenco di presenze. Per esempio, l’analisi delle scelte linguistiche e della loro collocazione strategica nel carme dei Sepolcri per indicare il luogo che conserva le spoglie mortali: "urna, sasso, tumulo, pietra, fossa, marmorei monumenti, albergo…" è importante per interpretare la diversità degli atteggiamenti emotivi e concettuali dell’autore. Mentre è importante la disseminazione degli elementi fonici che costituiscono il nome di Silvia e dei pronomi "tu, tuo, ti" in tutto il corpo del canto leopardiano in quanto manifestano un’altra forma di comunicazione, sotterranea, subliminale che conserva e gelosamente nasconde in elementi minimali il nucleo lirico del canto. In altri casi può essere significativa una parola chiave in un testo poetico novecentesco se si dissemina nelle sue componenti foniche in una rete di assonanze particolarmente significativa. L’esigenza di una adeguata contestualizzazione
Concludendo: esistono prerequisiti essenziali per una decorosa analisi letteraria? Sì, e sono facilmente individuabili: a) una buona, e non manualistica, conoscenza delle opere letterarie; b) un discreto retroterra di letture critiche; c) capacità interpretativa personale al di là delle tecniche più diffuse; d) controllo sulla propria scrittura a tutti i livelli (ortografico, sintattico, lessicale, stilistico, argomentativo) . Indicazioni bibliografiche essenziali sul testo letterario
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