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Non ballare da soli... di Beatrice Mezzina
Sommario: I capi d’Istituto
di fronte ai cambiamenti
Che non ballassero da soli,
i presidi e i direttori – care parole ormai in disuso in favore del nuovo
termine Dirigente scolastico – lo avevano capito da tempo, cercando
alleanze e nuove forme di aggregazione, non comprendendo ancora bene quale
fosse il partner migliore; si sono trovati invece in una sarabanda, con
la sirena della dirigenza in fondo, senza dirigere ancora, anzi prendendo
ordini un po’ da tutti, depressi e con forti timori per il
nuovo anno.
I dirigenti scolastici hanno
passato infatti un anno difficile, per altro più fuori che nella
scuola.
I corsi per la dirigenza
sono stati vissuti come un rito di espiazione, con la sordina alle
proteste in vista della dirigenza. Tutti indistintamente ai corsi, omologati
verso il basso senza uno straccio di credito per tanti che avevano fior
di esperienze e di curricoli; tutti sullo stesso piano, a sentire qualche
giovincello confindustrioso che parlava di Azienda e di Autonomia o qualche
universitario di buona volontà ma senza esperienza di scuola reale
e dei meccanismi che modificano nella concreta fattibilità tante
buone intenzioni legislative. I corsi prevedevano anche i progetti,
gli stage, le relazioni connesse, inutili per la gran parte, ma defatiganti
in termini di tempo e di stress per gli spostamenti e i viaggi.
Tutto questo mentre in molti
si doveva essere pronti per i concorsi ordinari, riservati, la gestione
delle Funzioni obiettivo, i corsi per i docenti in prova, con lo spettro
del dimensionamento, della soprannumerarietà per alcuni, tra sospetti
e invidie reciproche.
Non ultima la vicenda della
valutazione, rimasta solo per i capi d’Istituto, per altro senza i sei
milioni di premio finale, con schede di autoanalisi complesse, virtuali,
in caccia di un filo rosso che tenesse insieme i progetti, ancora
in fase di sperimentazione dell’Autonomia, senza tempo per un’autoanalisi
collegiale, con criteri posticipati rispetto alla programmazione iniziale,
con una legislazione di supporto all’autonomia non ancora definita, mentre
si è stati poco a scuola e i docenti erano in fermento per la valutazione
rifiutata, contestata e, almeno per loro, slittata a chissà quando.
Con la rabbia di scoprire
che questa valutazione senza risultati per i capi d’Istituto ne avrà
di sostanziosi per i valutatori, qualche universitario ancora incredulo,
che incasserà 25 milioni per andare a leggere le linee virtuali
di un processo tutto da costruire, nella maggior parte dei casi.
E mentre la questione dei
flussi di spesa blocca i pagamenti, ingabbia invece che rendere autonome
le scuole, continua il monitoraggio della sperimentazione dell’Autonomia
degli Irrsae e della Bdp, con grande impegno di risorse e prevedibili
risultati: che nelle scuole non cambia il livello di approfondimento sul
curricolare, che si va sull’“aggiuntivo”, che la flessibilità senza
organico funzionale è difficile, che gli studenti e le famiglie
sono poco coinvolti nel processo di autonomia, che le scuole lavorano tuttavia
nella maggior parte e che forse hanno bisogno di tempo e di guida, non
solo di monitoraggi finali e temporalmente non calibrati.
E poi il contratto,
la quinta area, fuori/dentro il comparto scuola; che sarà meglio,
per i capi d’Istituto, dal punto di vista economico e professionale?
E gli studenti, chi li ha
visti quest’anno, se i capi d’Istituto erano persi dietro ai corsi, ai
progetti e alla valutazione? Come costruire la motivazione, parare le assenze
sempre più frequenti, coordinare i docenti “massacrati” da
corsi sugli esami di Stato, a distanza, da vicino, dalle Funzioni obiettivo,
dalla questione della valutazione, dal rinverdire dei Cobas, dai vari progetti
ancora a pezzi e a morsi, ancora in fase di analisi, senza tempo per meditare
e fare il punto della situazione?
E prendere ordini un po’
da tutti. Anche le Sovrintendenze da quando coordinano la valutazione dei
capi d’Istituto sono salite nella considerazione e i sovrintendenti assistono
agli spettacoli finali di fine anno, insieme a qualche funzionario regionale,
mentre nei provveditorati, in crisi di identità, i nuclei per l’Autonomia
sembrano sempre più tristi e svuotati.
Eppure tocca viverci nella
scuola, e viverci bene, professionalmente intendo, in
una scuola per cui spendere utilmente le proprie energie e il proprio
impegno professionale, in cui vedere i risultati, con un nuovo orgoglio
e ottimismo.
Che sarà nel nuovo
anno? Basta scegliersi lo staff, per altro in rapporto non ben definito
con il Collegio e i collaboratori eletti, per essere dirigenti? che rapporti
con le Amministrazioni regionali? Come trovare nelle norme dell’Autonomia
la sostanza più che i corollari per una buona scuola?
Ballare da soli non si può
e nemmeno ballare con tutti. Stringere alleanze, attivamente, per
far bene scuola, tutti i giorni, con gli studenti e gli insegnanti,
per far crescere il clima di fiducia e collaborazione, per segnare l’importanza
che ha ancora la scuola per le famiglie e gli studenti.
Resistere qualche volta,
resistere attivamente quando le troppe incombenze fanno fibrillare e non
pulsare il cuore della scuola. A viso aperto, tuttavia, senza il brontolare
dei corridoi e la sfiducia in ogni cambiamento.
numero 10/2000
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