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    mensile del centro di iniziativa democratica degli insegnanti

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      Professionalità: discutiamone a fondo - di Alba Sasso

      Forse mai come in questo periodo, a partire dal cosiddetto concorsone (comunicato Cidi) e dallo sciopero del 17 febbraio, si è discusso tanto di insegnanti, del loro lavoro, del loro modo di essere. E sarà molto positivo se questa discussione riuscirà a produrre un efficace effetto di straniamento, una capacità di prendere le distanze anche da noi stessi, per un sereno, profondo ripensamento nel merito dei problemi. Ma questo potrà avvenire se la discussione non resterà ancora una volta appannaggio degli opinionisti dei media e se gli insegnanti riusciranno a far contare le loro idee e le loro proposte.

      Perché - molti ci chiedono - voi che valutate continuamente gli altri ve la prendete quando qualcun altro vuole valutare voi? Uno sguardo esterno semplificatore sicuramente non riesce a cogliere la grande complessità di un luogo dove ogni giorni si confrontano, apprendono, insomma vivono milioni di persone. Un mondo dove niente è automatico o lineare, una realtà che non è ordinatamente consequenziale: in cui non è sempre possibile prevedere gli effetti di ogni decisione o di ogni scelta. Sappiamo bene come nella difficile quotidianità della scuola non sia facile far quadrare gli slogan in cui tutti crediamo "una scuola più efficace, una scuola in cui tutti imparino di più" con i comportamenti concreti, e sappiamo anche che a comportamenti rigorosi e positivi non sempre corrispondono risultati felici, sappiamo quanto pesino le situazioni e i contesti. Essere valutati, certo. Ma su che cosa e perché.

      E allora mi sono chiesta se il disagio e la protesta degli insegnanti, in queste ultime settimane, non nascessero anche dalla sovrapposizione di diverse questioni.

      Con le procedure concorsuali previste dal contratto si intendevano certificare le competenze professionali acquisite o valutare la qualità del lavoro docente? E fino a che punto è possibile, di un lavoro così delicato, trovare parametri oggettivi di valutazione? Si valuta l'impegno, l'assiduità, il risultato? E non c'è una parte di questi risultati leggibile solo in tempi lunghi, anzi lunghissimi? E chi è oggi il "bravo docente"? E se è cambiata in questi anni la professione docente, sotto la spinta di continui mutamenti, per la capacità dei singoli di rispondere a problemi sempre nuovi, è tuttavia cambiata in modo carsico: non sempre e non dappertutto con le stesse modalità, con gli stessi tempi.

      Esiste in questo momento un'idea condivisa di professionalità? Non occorre in primo luogo definire il progetto culturale della scuola che si intende costruire? A partire da questo si può ragionare di che cosa significhi oggi essere insegnanti, si possono ridefinire i saperi, le pratiche, non solo individuali, di un lavoro efficace nella scuola. Forse si diventa professionisti quando si ha un progetto e degli obiettivi, anche a lungo termine, per il proprio lavoro, quando si diventa responsabili delle scelte e dei risultati.

      Così come c'è ancora molta confusione sui vari aspetti della valutazione perché non esistono, su questo terreno, pratiche e strumenti consolidati. La valutazione di sistema - l'analisi dei livelli di apprendimento, delle carenze, dei problemi e dei bisogni - che può servire alle singole scuole per orientare il proprio lavoro comincia a muovere i primi passi. Ma la valutazione di sistema nel nostro Paese, affidata appunto al Servizio nazionale per la qualità dell'istruzione, dovrebbe fornire supporti e aiuti alle singole scuole per autovalutare il proprio lavoro, proprio perché valuta i processi e non i singoli.

      E qui torniamo al nodo vero del problema. Perché le questioni e le difficoltà sono nate quando si è tentato - se ne discute da sempre senza trovare soluzione - di segnalare una diversità qualitativa tra insegnanti.

      Ragioniamo di questo apertamente, mettiamo pure tutto in discussione, parliamo di certificazione e di valutazione, proviamo a intrecciare il ragionamento sulla qualità professionale con una diversa articolazione del lavoro nella scuola, facciamo e ascoltiamo proposte, prendiamoci il tempo che serve senza accelerare soluzioni, ma soprattutto non spostiamo il cuore della discussione.

      Certo scontiamo il fatto di non avere avuto per anni una seria politica di reclutamento, di prima formazione, di formazione in servizio, di aggiornamento. Oggi, nessuno lo sottovaluta, esiste il problema di una seria qualificazione della professione, ma la soluzione può essere cercata in una formazione degli insegnanti tutta pensata fuori dalla scuola, in una full immersion in luoghi - forse l'Università - che non hanno né le strutture né le competenze per rispondere a una domanda così estesa numericamente e così specialistica riguardo al sapere e al saper fare nella scuola? Proprio nel momento in cui, con il regolamento dell'autonomia didattica e organizzativa, le scuole dovrebbero diventare laboratorio di ricerca e di riflessione sulla didattica, e per questa strada luogo di crescita della capacità professionale dei docenti.

      Un'ultima questione. Io non credo che tutto quanto riguardi la professione in un mestiere che oscilla tra i vincoli di un "impiego" e la necessità di lavorare come liberi professionisti, artigiani di alto livello dell'insegnamento/apprendimento, possa essere contrattualizzato o proceduralizzato. E se questo continua ad avvenire penso che sia anche una conseguenza di "un modo d'essere" di una categoria non sempre consapevole della propria "forza" professionale.

      Anche di questo occorre ragionare. Serve un'authority professionale? Serve un consiglio superiore della Pubblica istruzione profondamente ripensato che possa validare ipotesi e scelte riguardo alle questioni della professione e della sua valutazione?. Sono scelte e ipotesi che non possono essere consegnate solo alle singole scuole, o ai tempi lunghi dei contratti.

      È importante prendere atto che il mondo della scuola non vuole e non può accettare passivamente nessuna decisione che tocchi la delicatezza e la difficoltà del lavoro docente. E perciò questa vicenda deve servire a capire e a ragionare. Abbiamo bisogno dentro e fuori la scuola di una discussione franca, che parta dai problemi veri. Proviamo a portarla avanti.

      numero 3/2000