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Calcoliamo! - di Giuliano Spirito
Leibniz era convinto che,
una volta creato un linguaggio universale che consentisse di racchiudere
ogni ragionamento in uno schema predeterminato, sarebbe stato possibile
por termine a qualsivoglia discussione, di qualsiasi ambito, attraverso
un opportuno calcolo: «Quando sorgano controversie… basterà
sedersi davanti all’abaco e dirsi a vicenda: calcoliamo!» Oggi, pur
disponendo di strumenti ben più potenti dell’abaco, le aspettative
riguardo al potere dirimente del calcolo risultano non poco ridimensionate.
Ciò non toglie che dal calcolo, almeno in ambito matematico, non
si può prescindere…
Chiunque insegni matematica,
a qualsiasi livello, è quindi costretto a confrontarsi con i problemi
del calcolo. Quali sono le caratteristiche delle competenze necessarie
nell’ambito del calcolo? Come si interviene sugli errori? E – questione
forse marginale, ma che nondimeno appassiona e divide i docenti di matematica
– si deve o meno consentire l’uso da parte dei nostri allievi della macchinetta
calcolatrice (il moderno abaco)?
Proprio da quest’ultimo
interrogativo si può partire per una riflessione più generale.
Dunque, macchinetta sì o no? La domanda, se solo si esce dall’autoreferenzialità
della scuola, può essere riformulata nel seguente modo: è
sensato richiedere di adempiere a una consegna inibendo l’uso di strumenti
funzionali al buon adempimento della stessa? E la risposta, allora, diventa
del tutto ovvia: no, non ha alcun senso (in che termini sarebbe mai possibile
giustificare un divieto così artificioso?). Sembra ragionevole,
piuttosto, muoversi in direzione diametralmente opposta: sollecitare gli
alunni a utilizzare appieno (e dunque insegnare loro a usare correttamente,
sfruttandone integralmente le potenzialità) ogni supporto, strumento,
risorsa che possa essere di ausilio nello svolgimento di un compito: e
quindi, libri, dizionari, quaderni di appunti, strumenti per il disegno
e così via; e quindi anche strumenti automatici di calcolo…
Ma allora perché
alcuni – non pochi – docenti si oppongono pervicacemente all’utilizzo della
calcolatrice? Perché sono consapevoli di un dato oggettivo: gli
alunni hanno perso la capacità di effettuare calcoli mentali anche
semplicissimi; e da questa perdita consegue una loro forte e diffusa insicurezza
in ambito numerico. Il problema è certo reale; ma la risposta in
termini di proibizione degli strumenti automatici di calcolo appare insoddisfacente,
oltreché, probabilmente, non risolutiva. Il problema non è
solo reale, ma anche di rilievo crescente: infatti, se è vero che
il calcolo mentale ha sempre giocato un ruolo fondamentale nell’acquisire
confidenza con il mondo dei numeri, oggi potrebbe e dovrebbe giocare un
ruolo ancora più importante, quello di consentire un controllo efficace
sull’attendibilità del calcolo automatico (se facendo con la macchinetta
75x40 si ottiene 300 invece che 3000 per un banale errore di digitazione,
solo la confidenza con il calcolo mentale può mettere sull’avviso).
Ma la capacità di calcolo mentale non scaturisce dal semplice episodico
esercizio, derivante dal mancato uso della macchinetta, quanto da un lavoro
specifico e mirato.
Sembra dunque opportuno
progettare attività organiche esplicitamente finalizzate allo sviluppo
di abilità di calcolo mentale (cosa che non rientra nella didattica
abituale), dentro un programma generale di sviluppo e di rinforzo delle
abilità di calcolo. Purché si comprenda che nel calcolo ai
tempi del computer acquistano centralità momenti e componenti in
parte diverse da quelle tradizionali, momenti e componenti meno legate
all’acquisizione di automatismi e più segnate da elementi di consapevolezza
e di controllo.
Il lavoro sulle abilità
di calcolo – nella scuola di base – va quindi ripensato in profondità.
Il che significa, in primo luogo, ridefinirne l’obiettivo centrale: non
più la capacità di manipolare formalismi artificiosamente
complessi, bensì la capacità di attribuire senso alle operazioni
che si compiono (e dunque niente espressioni complicate e – nel contempo
– un approccio più attento e analitico alle scritture su cui si
interviene). E significa, anche, formare gli alunni a un significato più
ampio della parola calcolo, significato in cui dovrebbero confluire operazioni
di svariata natura (insiemistica, logica, grafica ecc.) e relative a svariati
oggetti (insiemi, valori di verità, stringhe ecc.). E significa,
infine, prestare una nuova attenzione agli errori ricorrenti
nell’ambito del calcolo più tradizionale, onde ricostruirne la genesi
(si scoprirà così che esistono alcune tipologie standard
di errori, riconducibili a poche e ben definite cause) e predisporre gli
opportuni interventi specifici.
numero 5/2000
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