Da il Sole 24 Ore del 27 settembre 2003.

 

Istruzione tecnica, un ruolo-chiave per lo sviluppo.

SILVIO FORTUNA*

Nel 1878 nasceva a Vicenza l’Istituto tecnico industriale «Alessandro Rossi». Una istituzione prestigiosa fondata dallo stesso Alessandro Rossi, uno dei grandi imprenditori degli albori del capitalismo industriale italiano, che proprio oggi celebra il suo 125’ anniversario. Una scuola dove ha insegnato Piero Lovisetto, allievo di Marconi, uno dei «ragazzi di via Panisperna».

La formula vincente di questa scuola consiste nel mettere insieme una forte identità di gruppo, la competenza, l’entusiasmo e la serietà di presidi e docenti, ma soprattutto la cultura e la realtà ambientale che lo stesso istituto ha potentemente contribuito a determinare. Da qui sono usciti ricercatori e imprenditori come Federico Faggin, Alessio Calearo, Emanuele Dalla Fontana, Giordano Riello.

L’istruzione tecnica è nata e si è sviluppata per rispondere a esigenze specifiche della realtà produttiva italiana svolgendo a lungo, e con successo, la funzione di formare figure adeguate alla domanda di professionalità proveniente dal mondo delle imprese. Come non ricordare che il boom economico, il miracolo italiano è stato in larga parte dovuto ai periti, ai ragionieri, ai geometri che uscivano dagli Istituti tecnici? Come non ricordare che il tessuto delle piccole imprese italiane è profondamente legato alla funzione formativa svolta dall’Istruzione tecnica?

D’altro canto, l’istruzione tecnica è uno tra i settori più importanti della nostra organizzazione scolastica, non soltanto per il numero degli addetti, delle istituzioni, del personale, ma anche, e soprattutto,, per la qualità delle risorse professionali, delle infrastrutture, dei laboratori in esso coinvolte. E un patrimonio prezioso che non può essere sottovalutato.

Un’indagine svolta da Confindustria nel 1999 tra le imprese ha tuttavia posto in luce un problema che veniva già denunciato in relazione alle numerose sperimentazioni avvia te nel corso degli anni 90. A forza di inserire materie di cultura generale e di attenuare il carattere specialistico di molti indirizzi, l’Istruzione tecnica rischiava di diventare la brutta copia del liceo scientifico e soddisfaceva sempre meno la domanda di periti dotati di elevata professionalità. Di fronte a questa realtà, l’impresa italiana chiedeva di riprofessionalizzare l’istruzione tecnica, di dare più peso alle attività di laboratorio e all’apprendimento esperienziale, rafforzando la specificità degli Istituti tecnici e del loro patrimonio di risorse umane e di capacità professionali.

Con la riforma Moratti l’Istruzione tecnica dovrà vedere valorizzata finalmente la sua vocazione professionalizzante senza però veder sminuito il suo ruolo e il suo prestigio. Tra le tante soluzioni possibili, Confindustria ha suggerito che nei decreti attuativi della riforma il patrimonio dell’Istruzione tecnica possa venir valorizzato nell’ambito dei nuovi licei tecnologici prevedendo che, come già avveniva prima dei decreti delegati del 1974, i consigli di Istituto di tali licei vengano integrati con la presenza dei rappresentanti dei settori produttivi di riferimento, delle Regioni e degli enti locali.

Tale soluzione può sembrare inaccettabile solo a chi crede che la riforma Moratti abbia fatto nascere una sorta di invalicabile muro di Berlino tra sistema dei licei e sistema dell’istruzione e formazione professionale. Come le esperienze delle scuole comprensive hanno ampiamente dimostrato, l’offerta formativa deve essere concepita sempre di più in relazione alla domanda delle famiglie e delle imprese che chiedono una tipologia di istruzione che armonizzi una solida preparazione scientifica tipica dell’istruzione liceale con un’efficace preparazione specialistica tipica della formazione professionale.

La risposta a tali esigenze potrà essere garantita nel quadro di poli settoriali che nello stesso edificio assicurino, nel quadro dei nuovi poteri conferiti alle Regioni, corsi triennali per la qualifica, corsi quadriennali per il diploma professionale, liceo tecnologico e corsi di Ifts (istruzione e formazione tecnica superiore).

Filiere come quella meccatronica, chimica, del sistema moda, dell’Ict, delle produzioni biologiche e delle risorse naturali hanno bisogno di una formazione che risponda a una molteplicità di esigenze. Alle imprese non interessa “chi vince” tra istruzione e formazione o tra Stato e regione, conflitti che se esasperati rischiano di avere come vittima l’autonomia scolastica.

Anniversari come quello di oggi ci ricordano che è necessario costituire poli tecnologici, in grado di aggregare il know how delle imprese del distretto industriale di riferimento, della ricerca e della formazione professionale d’eccellenza.

* Delegato per l’education Confindustria