Care colleghe e cari colleghi,
l'emanazione del Decreto ministeriale (n. 775 del 31 gennaio 2006) "Progetto nazionale di Innovazione" sta causando
non poca confusione nelle scuole, mettendo in difficoltà i Collegi dei docenti e ingenerando un nuovo contenzioso
tra Stato e Regioni.
Che significato ha e quali conseguenze potrebbe avere la proposta del Miur di utilizzare l'art. 11 del
Regolamento sull'autonomia per avviare, dall'anno scolastico 2006/07, l'attuazione del Dpr 226/05 per
la riforma del secondo ciclo?
Il 9 febbraio scorso la Conferenza delle Regioni e delle Province ha espresso un parere radicalmente negativo,
motivando la richiesta dell'immediata revoca del decreto stesso poiché contraddice quanto concordato nella Conferenza
Unificata Stato Regioni del 15 settembre 2005.
Una scuola con autonomia se decide di avviare in modo non avventuristico un'innovazione profonda come quella
prevista dall'art. 11 del Dpr 275/99 (al punto da presupporre il parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione)
deve possedere alcuni prerequisiti senza i quali l'attività sperimentale rischia di trasformarsi in un danno per i ragazzi
coinvolti.
Quali sono allora questi motivi di urgenza e quali i vantaggi per le scuole nell'avviare,
dopo la chiusura delle iscrizioni, un anticipo di quanto previsto per il 2007/08?
Quali potrebbero essere le priorità sulle quali concentrare gli sforzi delle scuole del secondo ciclo nel
prossimo anno scolastico?
Partendo da questi interrogativi, vorremmo proporvi alcuni ragionamenti in riferimento alle fondamentali
problematiche connesse alle "iniziative finalizzate all'innovazione" che vadano oltre la quota riservata
alle scuole dall'art. 8 del Dpr 275/99.
1. Le innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi, che contengono addirittura la modifica del titolo finale, devono prevedere che la scuola:
sia realmente protagonista del percorso innovativo;
abbia approfondito adeguatamente il progetto da avviare;
abbia messo in atto tutte le azioni di contesto necessarie per garantirne la realizzazione e la capacità di controllo.
Inoltre le innovazioni devono prevedere che le famiglie e gli studenti siano consapevoli delle conseguenze che
la sperimentazione stessa comporta.
Improvvisare un percorso innovativo che non possieda tali garanzie non solo è inefficace e inutile sul
piano didattico, ma può comportare rischi di cui bisogna essere consapevoli.
La proposta di sperimentare in anteprima le soluzioni organizzative e strutturali previste dal Dlgs 226/05,
riassunta nel piano nazionale di Innovazione contenuto nel Dm. 775/2006, comporta anche un elevato tasso di
incertezza e di rischio dovuti a vari fattori:
la turbolenza istituzionale legata alle divergenze tra Stato e Regioni
(molte Regioni hanno espresso una decisa avversione verso l'ipotesi di sperimentazione,
con probabili ricadute negative nella disponibilità di risorse, supporti ecc.);
dubbi sulla tenuta legale delle innovazioni (art. 11/Dpr 275)
in riferimento ai titoli di studio che potrebbero essere rilasciati dalle sezioni sperimentali,
qualora si dovessero introdurre nuovi indirizzi non previsti dall'ordinamento; i decreti del 28-12-2005
(tabella di confluenza dei percorsi di istruzione secondaria previsti dall'ordinamento previgente nei
percorsi previsti dal Dlgs. 226/05) potrebbero essere impugnati per difetto procedurale;
l'assenza di un organico funzionale dei docenti, necessario per far fronte
all'introduzione di nuove discipline, di attività elettive obbligatorie e facoltative ecc.
la mancata previsione di risorse aggiuntive per il rinnovamento della didattica e
i nuovi rapporti con il territorio, rimandate a futuri interventi o ricondotte alle esigue dotazioni della legge 440/97;
il disorientamento dei genitori, che hanno appena espresso le loro scelte con le
iscrizioni chiuse il 25 gennaio 2006, di fronte a ipotesi di modifica di scelte, indirizzi, quadri orario ecc.
2. Anticipare in modo improvvisato e raffazzonato ciò che è previsto per l'anno scolastico
successivo (quando i nodi, oggi non ancora risolti, potranno aver trovato soluzione),
non rappresenta assolutamente una risposta ai reali problemi che la scuola si trova a dover affrontare.
Il modo più adeguato per prepararsi al cambiamento - qualsiasi esso sia nel 2007/08 - è
di sostenere, sviluppare ed estendere quelle pratiche didattiche in grado di migliorare la
qualità del processo di insegnamento/apprendimento.
Per questi motivi ci sembra opportuno che le scuole non aderiscano a questa "sperimentazione". Vogliamo richiamare, invece, la vostra attenzione sull'opportunità di unire gli sforzi per cooperare
e costruire reti tra scuole al fine di concentrare le azioni di effettiva Innovazione sul miglioramento della qualità
del percorso di insegnamento/apprendimento soprattutto nel primo biennio della scuola superiore quando emergono più forti
le difficoltà di apprendimento.
In questa direzione è necessario sollecitare le Regioni, le Province e i Comuni, ciascuno secondo
le proprie competenze, a sostegno della qualità dell' azione didattica, che è alla base di qualsiasi
innovazione della scuola capace di rispondere realmente al bisogno di dare più cultura e istruzione a tutti.
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