a cura di Emma Colonna e Marina Boscaino
N. 33 del 12 gennaio 2007

Il primato del sondaggio
Del presunto ascolto del ministro Moratti (oggetto di un famosissimo spot che imperversava nella
prima fase del suo mandato) si è detto abbastanza; si trattò di uno degli innumerevoli modi in cui il ministro intendeva dimostrare la sua cieca fiducia nel potere taumaturgico delle parole: pronunciare parole concretizzava di per sé (nel mondo Moratti) l’azione che quelle parole significavano (dire “ascoltare” significava automaticamente “avere ascoltato”). Oggi viene proposta una tecnica di ascolto che ci lascia altrettanto disorientati: il primato del sondaggio. Il folto mistero che sta alla base di queste “prove tecniche di ascolto” del ministro Fioroni (un ascolto promesso e garantito nelle prime dichiarazioni di maggio) ci fa temere che su quanto accadrà alla scuola italiana nei prossimi anni potrebbe non incidere in alcun modo ciò che il mondo della scuola pensa.

 

             Silenzio stampa o il silenzio della stampa?

Iscrizioni e non solo

La metodologia d’ascolto del dopo cacciavite

Il bullismo: ovvero la scoperta dell’acqua calda

L’attesa della scuola

 
             Silenzio stampa o il silenzio della stampa?

Sono proprio loro i più silenti: i quotidiani che hanno fatto da cassa di risonanza ai numerosi interventi – di editorialisti, intellettuali, tecnocrati ministeriali – configurando quella vera e propria campagna di delegittimazione della scuola italiana che ci ha disorientato, rattristato, indignato. Per alcuni mesi quasi quotidianamente ci hanno rammentato (dando voce nella maniera più qualunquista ai sospetti, ai mormorii e a retrivi luoghi comuni) quanto siamo fannulloni, sfaccendati, parassiti; e del resto non può essere considerato altro chi lavora mezza giornata, ha ferie di tre mesi e non produce risultati economicamente quantizzabili. Sono proprio loro i più silenti: quei quotidiani che potrebbero – attraverso il proprio immenso potere – raccontare agli italiani che la Finanziaria ha promosso un provvedimento (l’innalzamento dell’obbligo scolastico) che – benché presenti ampi margini di ambiguità – dovrebbe rappresentare una vera e propria rivoluzione culturale e sociale nel nostro Paese: il più importante provvedimento di civiltà, di democrazia, di inclusione dal ’62 a oggi. A questo silenzio dei giornali e del mondo della politica (ancor più minaccioso e imbarazzante, considerando il mandato che molti insegnanti hanno attribuito al centro sinistra, grazie anche al programma che la coalizione aveva formalizzato sulla scuola, che prevedeva l’obbligo scolastico a 16 anni per tutti) il Cidi risponde con una serie di iniziative inaugurate a Roma il 20 gennaio da un convegno dal titolo L’istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria.

 
             Iscrizioni e non solo


Il 21 dicembre il Ministro Fioroni ha emanato la circolare sulle iscrizioni, che scadranno il 27 gennaio. La circolare – che lascia la scuola in una situazione di grande confusione - dà corpo a forti preoccupazioni sul tema dell’orario scolastico e sull’anticipo. Ma è particolarmente grave il fatto che la circolare configuri esplicitamente la possibilità che i ragazzi dopo la III media possano iscriversi anche alla formazione professionale .

 
             La metodologia d’ascolto del dopo cacciavite

Il capo Dipartimento Istruzione Giuseppe Cosentino il 18 dicembre ha emanato una nota che prevede per il 26 e 27 gennaio la somministrazione di questionari (sul cui contenuto grava un inquietante top secret) su un campione di scuole (circa 20.000 intervistati tra personale docente, Ata, genitori, studenti) scelte sul “rilevante” criterio della strumentazione tecnologica, che li renderebbe idonei a rispondere ai misteriosi interrogativi del questionario stesso; volti ad “acquisire dati sulle varie realtà in vista di interventi normativi e azioni di contesto corrispondenti alle effettive esigenze dei soggetti coinvolti”. Una spiegazione criptica quanto basta per sollecitare riflessioni serie sui criteri e le metodologie di ascolto del “dopo-cacciavite”.

 
             Il bullismo: ovvero la scoperta dell’acqua calda

Stiamo assistendo a un curioso fenomeno: quello del proliferare di una serie di commissioni, convocate un po’ alla chetichella (non si sa da chi né con chi), alcune delle quali nascono e muoiono nel giro di poche settimane Pare andare avanti invece il tavolo sul bullismo; su questo tema il Cidi ha più volte espresso la convinzione che per arginare il fenomeno – che sembra essere evidente solo oggi, ma che esiste da sempre e che da sempre trova il suo unico argine nella buona volontà di alcuni degli insegnanti che si trovano a doverlo fronteggiare – occorrerebbe mettere la scuola in condizioni di lavorare efficacemente: con investimenti culturali, attraverso una sottolineatura netta e marcata dell’educazione civica e dell’educazione alla legalità (trasversali a tutte le discipline, in qualunque ordine di scuola); e provvedimenti economici, attraverso adeguati investimenti sugli insegnanti che lavorano nelle condizioni più critiche. Ma più di ogni altro intervento per contrastare il bullismo occorre rendere meno numerose le classi; avere fiducia nel ruolo e nella funzione che i docenti svolgono; ricostituire un patto educativo tra famiglia e scuola; ricollocare la scuola nell’ambito del suo costituzionale mandato sociale che spesso pare essere dimenticato

             L’attesa della scuola

A questo punto una precisazione: non cessiamo di ritenere fondamentale per la scuola la creazione di commissioni ufficiali e qualificate, legittimate da un mandato chiaro ed esplicito, che affrontino in maniera inequivocabile i nodi fondamentali della politica dell’istruzione: in particolare quello dell’abolizione e della riscrittura delle indicazioni curriculari.


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