a cura di Emma Colonna e Marina Boscaino
N. 43 del 1 giugno 2007

“La povertà delle conoscenze è l’anticamera della povertà economica”: è l’affermazione che il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, ha ribadito nelle Considerazioni Finali ieri mattina. E’ la descrizione oggettiva di un rapporto di necessità tra livello di istruzione e condizioni di vita che non può più essere ignorato.  “Per cambiare la scuola italiana si deve muovere dalla constatazione dei circoli viziosi che la penalizzano, disincentivano gli insegnanti, tradiscono le responsabilità della scuola pubblica. I problemi nascono qui, non da una carenza di risorse per studente destinate all’istruzione scolastica, che sono invece più elevate in Italia che nella media dei paesi europei”. Così  il Governatore ha concluso la parte delle Considerazioni relativa alla scuola. Conclusione condivisibile nei presupposti, ma che insiste su argomentazioni rispetto alle quali ricordiamo – per l’ennesima volta - che nel nostro sistema scolastico le risorse destinate ai singoli studenti risentono di alcune specificità –che in parte dovrebbero essere considerate “fiori all’occhiello”-  mentre vengono usate per segnalare quella  tendenza allo spreco, che sembra essere l’argomento fondamentale dei detrattori del sistema stesso. Parliamo degli insegnanti di sostegno (circa 160.000 tra sostegno e docenti aggiuntivi necessari alla formazione delle classi con alunni portatori di handicap), che operano per l’integrazione scolastica degli alunni diversamente abili; della garanzia di presenza su tutto il territorio nazionale (compreso quello montano e insulare) di scuole pubbliche; della crescita costante del modello didattico del tempo pieno. Ma ricordiamo anche che nella spesa globale per la pubblica istruzione (non privata, né paritaria!) gravano gli oltre 20.000 docenti di religione cattolica.


             Banca d’Italia e criticità del sistema scolastico

La scuola targata Confindustria

Titolo V

Scuola di polizia

Un inopportuno braccio di ferro

Sciopero revocato

Onore al merito?

Iniziative
 
            
 
             Banca d’Italia e criticità del sistema scolastico

Nelle sue Considerazioni Finali il Governatore della Banca d’Italia – Mario Draghi - ha avuto modo di sottolineare alcune di quelle che la Banca centrale considera le fondamentali criticità del sistema dell’istruzione nel nostro Paese. Dopo aver osservato il fatto che la disoccupazione è l’unico aspetto che vede l’Italia in linea con la tabella di marcia prevista da Lisbona (rimanendo, viceversa, indietro, nell’istruzione dei giovani), Draghi ha sollecitato l’urgenza di un cambiamento nel campo dell’istruzione, confermata – nella sua lettura – dal basso posizionamento del nostro paese nelle graduatorie internazionali, con risultati particolarmente negativi al Sud. Rimangono inalterate le nostre riserve sulla significatività in termini assoluti dei rapporti Ocse-Pisa rispetto al nostro sistema dell’istruzione; tuttavia è innegabile che – da qualunque punto di vista si vogliano analizzare i dati, pur criticandone presupposti e scelta dei parametri – il divario tra Nord e Sud è drammatico. “L’esistenza di un divario territoriale così marcato, mostra che il problema non sta solo nelle regole, ma anche nella loro applicazione concreta”. Il governatore ha poi affrontato la questione del reclutamento dei docenti, i cui percorsi di carriera sono governati da meccanismi che mescolano “precarietà e inamovibilità”.

     
 
             La scuola targata Confindustria

Gian Felice Rocca – responsabile per l’Education di Confindustria e vicepresidente dell’associazione degli industriali italiani – ha presentato al governo il discutibile identikit della scuola targata Confindustria: ripristino del rapporto docenti/allievi del 1980 (che corrisponde al taglio di un quarto degli insegnanti); aumento degli stipendi e premio per gli insegnanti più meritevoli; stanziamento del 10% di posti per i giovani; una quota del 10% riservata a esperti esterni nell’area tecnico-professionale; incremento delle discipline scientifiche nei programmi; riduzione di materie ed orari nei licei; fondi autonomi per le scuole, con autonoma responsabilità gestionale. Ci piacerebbe aprire un confronto diretto sulle tematiche elencate: in alcuni casi si potrebbe persino pensare a una convergenza di vedute (la quota per i giovani o l’incremento delle discipline scientifiche). Ma l’impressione è che – su altri versanti - la sovrapposizione di modelli manageriali strida insopportabilmente con l’idea di scuola pubblica. Lascia particolarmente perplessi l’incapacità di comprendere che la valutazione dell’efficacia educativa della scuola è ben lontana da parametri di tipo economicistico.

            
 
             Titolo V

La proposta del ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni, di aprire un tavolo di discussione sul Titolo V della Costituzione (che definisce le competenze dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali in materia di istruzione) è stata seccamente bocciata dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. Il quale, durante un convegno organizzato da Assolombarda, ha rilanciato l’idea di un progetto di legge regionale – già pronto – finalizzato ad “assumere tutte le competenze in materia di istruzione e formazione professionale” che la Costituzione assegna alle regioni. Per quanto riguarda la Lombardia, ha ribadito Formigoni, “nella completa espressione dei valori che fondano la nostra azione di governo: libertà di scelta, personalizzazione e partecipazione”. Già in passato abbiamo avuto modo di sottolineare come la posizione del presidente della Lombardia configuri scenari allarmanti in termini di omogeneità del sistema di istruzione nazionale, ribadito invece dal ministro: “Le competenze delle Regioni riguardano le qualifiche professionali conseguite anche in istituti; ma il diploma spetta a istituti tecnici statali” nel rafforzamento di una scuola in grado di “consegnare ai nostri ragazzi un minimo comune denominatore sulla nostra cultura nazionale”.

            
 
             Scuola di polizia

Alla surreale proposta di Livia Turco – Ministro della Salute – di far entrare i Nas a scuola per combattere la diffusione di sostanze stupefacenti tra i giovani, il ministro dell’Istruzione Fioroni ha risposto «Fuori dalla scuola massima collaborazione con le forze dell’ordine per contrastare lo spaccio. Ma oltre i cancelli devono essere i dirigenti a monitorare la diffusione e il consumo. Se la situazione dovesse rivelarsi grave, arriveranno gli ispettori del ministero». Il Cidi ha condiviso la posizione di Fioroni, che non lascia dubbi sulla necessità di affrontare il problema ma puntualizza che la scuola è un luogo di educazione e non di repressione. E’ ai dirigenti scolastici e agli operatori della scuola che spetta il compito di intervenire nelle scuole. E’ alle pratiche educative e non alla presenza delle forze dell’ordine che occorre affidare la formazione delle coscienze e della responsabilità dei ragazzi.

            
 
             Un inopportuno braccio di ferro

A proposito della normativa in merito all’attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono dell’IRC, l’ordinanza del Tar del Lazio, che – in seguito al ricorso del Cidi e di altre associazioni - prevedeva la sospensiva dell’O.M. n. 26 del 15 marzo “Istruzioni e modalità per lo svolgimento degli esami di stato nelle scuole statali e non statali”, è stata oscurata dall’accoglimento del ricorso presentato dal ministro Giuseppe Fioroni al Consiglio di Stato. La vicenda si è sviluppata in diverse fasi, per la rappresentazione delle quali rimandiamo alla nostra nota. Qui ci limitiamo ad esprimere il nostro disorientamento per l’ostinata incursione sul terreno della laicità della scuola pubblica e per la volontà di mortificazione del principio di uguaglianza tra tutti gli studenti dimostrate dal ministro. Non riusciamo davvero a comprendere il senso di una posizione così netta su un terreno di principi e valori sui quali mondo della scuola e società civile hanno sempre proposto convinzioni tenaci. E’ un conflitto che non giova a nessuno; è un’inutile aggressione la cui responsabilità ricadrebbe sull’intero governo, silenzioso testimone di uno sconfinamento che – se fosse accettato – darebbe il via ad incursioni sempre più intollerabili per chi creda nei principi di laicità, pluralismo, uguaglianza e pari opportunità su cui la scuola pubblica deve fondarsi.

            
 
             Sciopero revocato

Il 29 maggio sono state raggiunte dalle organizzazioni sindacali due intese con il Governo per sbloccare la situazione relativa al contratto e che hanno portato alla revoca dello sciopero del 4 giugno. Viene confermato l’aumento di 101 euro medi mensili con gli arretrati per il 2007 a fronte dei 92 proposti dal Governo. Viene individuata una cadenza sperimentale dei rinnovi contrattuali, che allinea i tempi del contratto con quelli del DPEF (che è triennale), per far sì che i fondi stanziati per il rinnovo contrattuale siano sempre effettivamente disponibili.

            
 
             Onore al merito?

Il 23 maggio il ministro Fioroni ha firmato il decreto ministeriale relativo alle modalità di recupero dei debiti formativi e alla ripartizione dei crediti scolastici che riguarderà l’esame di stato a partire dall’a.s. 2008-9. Tale decreto interviene da subito sulle classi iniziali del triennio delle scuole superiori, l’anno prossimo si estenderà alle seconde e tra due anni riguarderà anche le classi terminali. Si prevede l’obbligo di saldare il debito pregresso dell’anno precedente per accedere alla classe successiva. Il massimo dei punti per il colloquio all’esame di stato scende da 35 a 30. I 5 punti avanzati andranno a cumularsi sul credito scolastico – portato da 20 a 25 – al fine di valorizzare la carriera dello studente che abbia conseguito negli anni una media dei voti tra l’8 e il 10. Viene introdotta la lode come massimo riconoscimento alla prova d’esame.

 
             Iniziative

Cosenza 30 giugno - 1 luglio
Dell'insegnare e dell'apprendere


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