notecidi
  a cura di Emma Colonna N.82 del 4 febbraio 2010   
     
 

Oggi il Consiglio dei Ministri ha approvato, in seconda lettura, i regolamenti per il riordino di licei, tecnici, professionali, che cos concludono il loro iter e, dopo la registrazione della Corte dei Conti e la firma del Presidente della Repubblica, diventeranno definitivi.
Saranno cos introdotti cambiamenti significativi nel sistema scolastico italiano che peggioreranno drasticamente la qualit degli apprendimenti di tutti gli studenti, e renderanno la scuola superiore pi povera e pi rigida, sottraendo speranza e futuro al paese.
Il testo che segue una lettera aperta del Cidi ai colleghi della scuola superiore.

 
     
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Cari colleghi,
siamo in prossimit di quella che viene mediaticamente definita una grande riforma ma che rischia di rivelarsi un clamoroso passo indietro dellattuale assetto della secondaria di secondo grado. Riteniamo per questo necessario richiamare la vostra attenzione su alcune questioni-chiave, attorno alle quali si giocher, nei prossimi anni, la capacit della scuola pubblica di adempiere al mandato assegnatole dallart. 3, comma2, della Costituzione.

Oggi pi che mai la rimozione degli ostacoli che impediscono ilieno esercizio della cittadinanza non pu che configurarsi come la priorit assoluta per ogni comunit professionale di docenti e dirigenti scolastici.
Il ruolo della scuola, infatti, si gioca sul terreno della cittadinanza, cio sulla capacit di formare donne e uomini capaci di governare la propria esistenza. Il che vuol dire, educare al rispetto delle regole e delle persone, alla consapevolezza dei propri diritti, a interpretare i processi sociali, economici e scientifici in atto, ad usare, in contesti diversi dalla scuola, le conoscenze e le competenze apprese a scuola.

Formare mentalit critiche, capaci di risolvere problemi, abituare al dubbio, allimprevisto, alla curiosit e, contemporaneamente, sviluppare un pensiero razionale e scientifico, capace di confrontarsi con la dimensione storica e con ogni aspetto dellespressivit umana, compito fondamentale della scuola, tenuta a far acquisire quei saperi cosiddetti di cittadinanza indispensabili oggi per vivere, lavorare, continuare a studiare.

Siamo per dellavviso che si sia pericolosamente rinunciato a dibattere e a confrontarsi sulle finalit del nostro sistema scolastico, sulla sua organizzazione, su che cosa sia utile insegnare e sui modi per insegnarlo. E che si sia rinunciato a trovare le soluzioni pi opportune per combattere dispersione e abbandoni, oltre che per innalzare i livelli di apprendimento di bambini e ragazzi.
I regolamenti di riordino della secondaria superiore - o, pi precisamente, delle secondarie - irrompono nella scuola al di fuori di un progetto culturale-educativo condiviso, capace di rimettere la scuola stessa in sinergia con le grandi questioni del mondo contemporaneo. Luniversalizzazione degli scambi, la globalizzazione delle tecnologie, lo sviluppo della societ dellinformazione e della comunicazione, moltiplicano per gli individui le occasioni di accesso al sapere. Cambiano contemporaneamente le competenze per accedere al sapere, cos come cambiano continuamente i contenuti del sapere.

Ne consegue che necessario apprendere di pi e meglio a ogni livello ed et e che necessario ripensare profondamente alle conoscenze che servono alla scuola. Sicuramente serve pi cultura scientifica e tecnologica, ma anche un sistema efficace di educazione per adulti, perch ognuno possa tornare in formazione nellarco della propria vita.
Ma per ritornare pi volte a scuola nel corso della propria esistenza, per acquisire le competenze richieste dalla celerit con cui si trasformano i saperi in tutti i campi disciplinari, necessario aver acquisito conoscenze e competenze molto solide nella prima fase della vita.

Serve, dunque, un percorso scolastico obbligatorio che comprenda il primo biennio della secondaria superiore. , infatti, solo tra i 14 e i 16 anni che si possono acquisire, in tutta la loro valenza, alcune fondamentali conoscenze: solo in prossimit di quella et e non prima, che i saperi si consolidano per persistere per la vita, diventando propedeutici ad altri nuovi saperi.

Alla luce di queste istanze culturali e sociali, la scuola superiore avrebbe dovuto vedere una riforma complessiva e organica di tutto il suo assetto ordinamentale, con una nuova articolazione del suo impianto culturale, il rinnovamento dei modi di insegnare e apprendere, alcune nuove finalit educative, un biennio obbligatorio, unitario e orientativo. Con lobiettivo di costruire percorsi culturali di equivalente valenza educativa per porre finalmente termine alla gerarchizzazione tra le varie tipologie di istituti.
In altre parole liscrizione a un Tecnico o a un Professionale non dovrebbe pi rappresentare una scelta di ripiego, connotata socialmente, ma unopzione consapevole, determinata da interessi e competenze che trovano in quelle scuole risposte e valorizzazione personale.

Sarebbe stato quindi doveroso e utile un dibattito preliminare sui nodi di fondo, una convergenza di intenti e propositi nelle soluzioni da adottare che invece sono stati del tutto assenti.
Che cosa vuol dire oggi cultura disinteressata? Qual la cultura che serve a formare cittadini consapevoli? Quali conoscenze sono fondamentali? Che cosa comporta in termini di impegno morale e professionale linnalzamento dellobbligo di istruzione? Quali materie devono far parte dellarea comune? Con quali politiche sociali e territoriali si possono contrastare dispersione e abbandoni? Come accogliere e integrare bambini e ragazzi non italiani? Quali investimenti, quali risorse umane ed economiche servono alla scuola?

Le scelte del governo purtroppo sono state fatte senza confronto alcuno, senza verificare le esperienze positive delle scuole, senza pensare alla sostenibilit delle soluzioni che stanno per essere adottate. In pochi a decidere il destino di tanti. Nessun confronto parlamentare. Nessun confronto con il mondo della scuola. Nessun dibattito nel Paese. Mortificato il ruolo degli Enti locali e delle Regioni. Dissolta lautonomia delle Istituzioni scolastiche. Non si dato neppure ascolto alla ragionevole e insistente richiesta di rinviare di un anno la messa a regime del nuovo ordinamento per consentire almeno a studenti e famiglie di compiere le scelte in piena consapevolezza.

Ci troviamo di fronte a cambiamenti che hanno come prevalente obiettivo il drastico risparmio di spesa. Come se la cittadinanza e la democrazia fossero diventate un costo insostenibile per il nostro Paese.
Ma non cՏ solo questo: cՏ in gioco anche un disegno volto a riproporre una cultura a compartimenti stagni, che segner profonde divisioni tra cittadini pensanti e cittadini consumatori. Funzionale a una simile prospettiva , infatti, una scuola strutturata gerarchicamente, dove la separazione fra culture, tra sapere e saper fare, il caposaldo su cui pogger limpalcatura culturale e organizzativa del riordinato sistema scolastico. Come se, in un quadro di saperi e competenze di cittadinanza, fosse oggi possibile pensare a una istruzione che si fondi su una cultura solo linguistico-letteraria o solo scientifica e tecnica o solo professionale, a spendibilit immediata. Un tale impianto poco adatto alle sfide che la complessit pone alla scuola e al Paese.

Eppure i regolamenti ripropongono un ordinamento scolastico che vede, dopo la terza media, da una parte i Licei destinati ai ragazzi pi bravi, con famiglie in grado di sostenere la scelta di studi prolungati (il Liceo Classico in testa), dallaltra gli Istituti Tecnici per i cosiddetti quadri intermedi; infine i Professionali per chi svolger attivit puramente esecutive, scelta residuale per i ragazzi pi deboli, culturalmente e socialmente.
Non basta: il comma 4 bis dellarticolo 64 della legge 133/08 recita: Lobbligo di istruzione si assolve anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale. E ora un emendamento approvato dalla Commissione Lavoro della Camera consentirebbe a regime a tanti quindicenni, considerati un fastidioso e costoso ingombro per la scuola, di assolvere lobbligo di istruzione persino nellapprendistato. Una scelta sbagliata e ingiusta che ha lobiettivo di smistare i pi deboli verso un canale privo di contenuto culturale e di dubbia efficacia formativa.
Lidea sempre la stessa: selezionare ed escludere prima che si pu, senza offrire alcuna possibilit di rimotivazione allo studio e di recupero scolastico agli alunni che pi ne hanno bisogno.
Per questa strada, che canalizza precocemente e rigidamente i percorsi di istruzione e formazione, il Paese destinato al declino: civile, culturale e democratico; a restare fanalino di coda nelle sfide internazionali, nello sviluppo produttivo, nella ricerca e nella innovazione.

E mentre lUnione Europea, lOcse e Bankitalia dicono che bisogna investire di pi in conoscenza, lItalia fa il percorso inverso: taglia drasticamente risorse, tempo scuola, insegnanti, torna indietro sullet dellobbligo di istruzione e prepara un sistema di istruzione che per lorganizzazione didattica e le indicazioni di contenuti che propone, abbasser il profilo culturale della popolazione. Non solo: proprio perch chiude gli occhi sul futuro di tanti ragazzi, proprio perch canalizza e separa precocemente contribuir a dividere ulteriormente la societ, creando nuove e pi forti disuguaglianze.

Per questo urgente che la scuola superiore si riappropri della sua funzione di emancipazione culturale e sociale. Tutte le esperienze didattiche caratterizzate da spirito di inclusione, da innovazione metodologica e didattica e da cooperazione professionale devono essere rimesse sapientemente in campo, sfruttando ogni possibile spazio di autonomia scolastica.
La democrazia di un Paese si misura anche dalla qualit del suo sistema di istruzione e formazione.
Oggi in Italia sta pericolosamente circolando lidea che la qualit sia favorita dal taglio di risorse. Non accettabile.

A una scuola secondo Costituzione occorrono invece elaborazione e pensiero, finalit e obiettivi condivisi, investimenti a lungo raggio: sulledilizia scolastica, sul diritto allo studio, sulla professionalit docente, sullorganico funzionale, sullautonomia didattica e organizzativa, sulla ricerca e sperimentazione. Elaborazione e investimenti capaci di restituire alla scuola pubblica le finalit e i compiti che le sono attribuiti dalla nostra Carta costituzionale. Con lauspicio che tutti gli insegnanti italiani si riapproprino del protagonismo professionale e culturale necessario per alzare la testa e far sentire la loro voce in questo momento cos difficile per la vita della scuola e del Paese.

Il CIDI

Roma 26 gennaio 2010

 
 
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