Giancarlo Cerini conclude il convegno

diretta web del
28° Convegno Nazionale CIDI

da Sorrento - 11 marzo 2000

"Le culture e i saperi della scuola"

testi: Barbara Accetta, Giuseppe Baldassarre, Lorenza Colicigno,
Daniela de Scisciolo, Velia Di Pietra, Caterina Gammaldi,
Giovanna Miccichè, Lucia Presta, Luciana Scarcia, Ermanno Testa
web: Sergio Fredduzzi

diretta del giorno: 9/10/11
immagini del giorno: 9/10/11

      ore 9.30
      Si aprono i lavori della terza giornata del convegno, riprendiamo la diretta.

      ore 9.45
      Sofia Toselli coordina la tavola rotonda dal titolo "Gli scenari del cambiamento". Apre i lavori dicendo che è d'obbligo fare una prima valutazione dei lavori del nostro convegno: sono state giornate di lavoro interessante e coinvolgente. Abbiamo discusso dei nodi prioritari che riguardano il nostro modo di lavorare, abbiamo affrontato i problemi dei saperi e del curricolo, infatti non c'è autonomia o riordino dei cicli senza una riflessione su questi temi. Il cambiamento vero ci sarà quando sarà pronto il quadro delle conoscenze, contenuti e competenze, che daranno senso e direzione al cambiamento. Il pomeriggio di ieri ha ricucito con il Ministro un filo che si era interrotto. Certamente molti problemi rimangono ancora aperti. Il Cidi per questo non smetterà di fare pressione e essere vigile. Stamane siamo chiamati a discutere su come le trasformazioni del nostro sistema si riconnettono con quelle di altri sistemi e su quali coerenze comportino: c'è un rapporto con l'università ancora irrisolto e c'è da scavare sul rapporto tra scuola e formazione professionale, tra scuola e mondo del lavoro. Un ringraziamento particolare a Sergio Fredduzzi e a tutta la redazione di "Insegnare" per il lavoro svolto in questi giorni che ha reso possibile trasmettere in rete sul nostro sito internet - www.cidi.it - in tempo reale le sintesi di tutti gli interventi.

      ore 10.00
      Vittorio Capecchi: io lavoro all'università sui vari raccordi tra formazione e sviluppo dei territori e voglio partire da una riflessione sullo scontro in atto che c'è a livello internazionale tra il modello liberista e quello solidale e di corresponsabilità. Il modello liberista, a differenza del passato, è rappresentato dai gruppi più all'avanguardia della tecnologia negli Stati Uniti che hanno tre obiettivi espliciti: il primo riguarda l'arretramento dello stato, il secondo che il denaro deve andare alle imprese direttamente e il terzo è quello di non pagare le tasse. I tre punti di riferimento per raggiungere questi obiettivi sono la privatizzazione, l'eliminazione del sindacato e lo smantellamento del welfare state. Per esempio Bill Gates, per quello che riguarda il sistema educativo, dichiara apertamente che le istituzioni scolastiche devono fornire esclusivamente nozioni di informatica. Il modello alternativo, quello cioè solidale, non è rappresentato da gruppi o da paesi ma dai programmi del fondo sociale europeo e la gestione comunitaria dei fondi applica in modo più avanzato il modello alternativo. I punti fondamentali del modello solidale sono, la riduzione della disuguaglianza, la valorizzazione delle differenze, a partire da quella dei generi, e la tutela e la valorizzazione dell'ambiente. Le scuole possono accedere ai fondi della comunità europea se fanno progetti all'interno del modello solidale. Ma le scuole possono muoversi all'interno dei cambiamenti internazionali se riflettono da un lato sui cambiamenti all'interno: mi riferisco agli studenti e alle differenze più accentuate che i giovani esprimono, e secondo se come classe insegnante, e quindi come portatori di competenze diverse, riescono a coordinarsi in modo da essere visibili nel territorio e progettare con le altre istituzioni locali giocando a pieno il ruolo di attori. I due scenari che si aprono nell'approfondimento di queste funzioni sono quello economico, che porta problemi di esclusione e quindi di emigrazione coatta e il secondo è quello della tecnologia e dei saperi. Oggi non c'è più una dicotomia tra i saperi umanistici e quelli scientifici, ma i saperi umanistici sono intrecciati con quelli tecnologici e questo intreccio che è presente nei saperi specializzati deve in qualche modo essere ripreso nell'educazione di base. Le capacità logiche di rete devono essere date a livello generale. La scuola è il luogo fondamentale, proprio per la sua natura, per sviluppare il modello solidale e quindi bisogna che acquisisca nettamente la dimensione politica di questa scelta. Un'ultima riflessione sugli scenari dei lavori possibili: c'è una tendenza verso lavori a professionalità bloccata; infatti i lavori nel terziario poco professionalizzato sono in aumento ed è necessario orientare i giovani ad attraversare questi lavori e a non fare perdere loro l'obiettivo di una possibile qualificazione futura. Pochi i lavori complessivi e valorizzati. Diffusi, invece , i lavori complessi svalorizzati, e l'esempio più probante è il lavoro degli insegnanti; ma la valorizzazione passa attraverso la visibilità esterna e attraverso il dialogo alla pari per progetti con gli altri attori del territorio.

      ore 10.50
      Giuseppe Cotturri: "Luoghi e soggetti per un nuovo governo del sistema". Sottolinea in apertura come il terreno di riflessione sul federalismo sia in continua evoluzione: per la scuola il mosaico è sostanzialmente compiuto e per questo la discussione sul terreno professionale esplode. Bisogna recuperare la lucidità per capire come nelle scelte compiute siano entrati anche i conflitti degli ultimi mesi. Il termine Governace rimanda a un sistema allargato di governo, con responsabilità di tutti i soggetti, dove elementi quali il federalismo, l'autogoverno, la sussidiarietà risultano fondamentali. Vanno considerati tre grossi nuclei: 1) triangolazione nella forma di governo, nazionale, territoriale, autonomia delle scuole inserite nel sistema scolastico nazionale; 2) statuto professionale; 3) scuola pubblica all'indomani dell'approvazione della legge di parità: è accettabile, pone problemi nuovi a cui non siamo abituati. Nella distinzione tra sfera pubblica e stato va considerato il dato del continuo arricchimento della sfera pubblica. Capecchi ha fatto riferimento alla riduzione delle disuguaglianze, alla valorizzazione delle differenze e alla tutela e valorizzazione dell'ambiente: capire cosa significa realizzare queste tre cose, che vanno richieste alla scuola pubblica, darà una serie di chiarezze. La scuola è caricata di una serie di funzioni pubbliche fra le quali formare, insegnare ad apprendere, a imparare; il rapporto fra scuola e costruzione della democrazia è importante, educare alla cittadinanza è una delle questioni che ha fondato la società moderna, lo statuto politico di multiculturalità è un fondamento della scuola pubblica, statale o privata che sia. Precondizione della parificazione è assumere il diritto di irriducibilità come salvaguardia dell'identità. La sussidiarietà verticale nelle istituzioni istituisce un prima e un dopo non intesi in modo gerarchico; la sussidiarietà orizzontale si esplica in ciò che fanno direttamente una serie di soggetti autorganizzandosi. Nella Costituzione c'è un'idea di sussidiarietà che possiamo già praticare ed è quella contenuta negli articoli 2 e 3: ciò implica un di più di impegno pubblico dello Stato, non c'è un alto/basso o un prima/dopo. E' da qui che la legge di parità può essere governata.

      ore 11.25
      Andrea Ranieri: "Sapere e lavoro". Cambiano i paradigmi del lavoro, le professionalita' si fanno piu' ricche, aumentano le qualifiche medio alte. Il sapere e' una materia prima fondamentale, l'industria di base che va in internet e' il sapere. Nella produzione cresce il contenuto di servizio e diminuiscono gli aspetti esecutivi. La gente conta per i livelli propri di iniziative di sapere. La parola competenze nasce in questo ambito, e' una parola valigia con valenze diverse a seconda di chi la usa. Nasce con la crisi della misurabilita' del lavoro, con la crisi della produzione e la messa in crisi dei rapporti gerarchici. Si circola a prescindere dal titolo di studio. La parola competenza nasce fra gli psicologi del lavoro, consulenti per le imprese per assumere i lavoratori. Quali sono le competenze? Non quelle professionali, prima ci sono le motivazioni, i tratti individuali, l'immagine di se', le conoscenze formalizzate. Le competenze professionali per ultime. Il giudizio di esclusione e' pesante, siamo di fronte a nuove gerarchie sulla base di tratti personali. Sembra prevalere l'idea che la figura professionale fondamentale sia quella dell'autonomo subalterno, quello che e' felice di decidere cio'che altri hanno deciso per lui. Il discorso sulle competenze spacca in due il mercato del lavoro, anche per la relazione diretta con il padrone chiesta da piu' parti e che potrebbe fare la differenza. Una certificazione di competenza ha valore se coinvolge piu' soggetti, se e' a disposizione delle persone. Non puo' essere fatta dall'impresa alla scuola. Una nuova idea di competenze: competenze culturali di base, competenze trasversali (certificabili e verificabili), competenze professionali specifiche. Due questioni: l'apprendistato e IFTS. Apprendistato: difficolta' di una certificazione pubblica alla fine di un percorso. Occorre una battaglia politica contro le competenze definite arbitrariamente e unilateralmente. IFTS: difficolta' di accordo fra soggetti, verifica semestrale. Scadenza importante il libretto formativo del cittadino previsto dalla legge Treu. Come scriverlo e' un compito culturale e sociale importante per il paese, non e' una cosa da burocrati. Al mondo della scuola deve importare come si fa, la scuola deve entrare in campo ed esplicitare l'alternativa. La scuola e' decisiva per un'idea giusta di competenza che si puo' definire conoscenza in azione. C'e' un'idea alta di cultura in senso democratico.

      ore 11.55
      Nicola Tranfaglia: "Scuola e università". E' d'accordo con Andrea Ranieri che ragionare della scuola del lavoro e dell'università non si può se non all'interno del contesto complessivo. Il rapporto scuola università negli ultimi trenta anni è stato minimo. L'università non ha parlato dell'aggiornamento della docenza né ha affrontato il problema della formazione dei docenti. Quando dopo il '69 è diventata università di massa non si è sentita ultimo segmento della formazione ma mondo staccato dedito alla propria ricerca o ai propri affari. Il disastro dell'aggiornamento di cui è stato responsabile il ministero della Pubblica Istruzione è stato assecondato dall'università; la stessa legge 210/98 sui concorsi universitari è ancora basata sulla valutazione di titoli scientifici. Questa situazione ha prodotto delle strutture mentali che bisogna superare per imparare a collaborare. In questo momento il mondo scolastico è osservato, la percentuale di giovani che affronta gli studi universitari è del 40% , dato più alto della media europea, ma vi è anche un 60% che abbandona gli studi, anche questo dato è più alto della media europea. Si determina dunque, uno spreco che dipende dal mancato raccordo della scuola precedente e dalla permanenza dei giovani nell'università che è diventata mediamente di 7 anni. La causa è da ascrivere al mancato adeguamento dei metodi didattici ai cambiamenti sociali e culturali degli ultimi trenta anni. I problemi di questo periodo dipendono dal fatto che dopo il 1923 (riforma Gentile) solo ora si sta tentando di realizzare una riforma perché anche la legge 382/80 ha istituito i dipartimenti senza abolire le facoltà e la legge 341/90 ha indicato la via della modificazione delle strutture didattiche ma non è stata applicata. Le responsabilità sono state dei governi ma anche degli accademici che hanno ignorato lo studente che dopo il '68 era completamente cambiato. Con la riforma in atto si evidenziano alcuni problemi che in questa sede e a quest'ora possono solo essere enunciati. Il primo riguarda le scuole per gli insegnanti che possono funzionare solo se opereranno in raccordo con le scuole; come possa avvenire questo raccordo è ancora in discussione, c'è una serie di provvedimenti all'esame della commissione che opera all'interno del ministero dell'università; il secondo problema è quello dell'orientamento pre-universitario che è stato fino a ora gestito in modo centralistico senza collaborazione effettiva con le scuole. L'esperienza dell'università di Torino mette in evidenza che iniziative partite autonomamente dalle scuole hanno avuto più successo di altre. Il terzo problema è rappresentato dal canale post-secondario della scuola: sul passaggio dalla fase sperimentale a una più ampia, a regime, ci vuole un momento di chiarimento. L'ultimo problema è rappresentato dall'accesso all'università che obbliga la definizione di standard minimi che tengano conto del percorso formativo degli studenti, in raccordo principalmente con la scuola superiore.

      ore 12.20
      Giancarlo Cerini: intervento conclusivo del convegno. Si torna dal convegno con la consapevolezza di essere un gruppo professionale che conta, una "forza" indispensabile per costruire la scuola del futuro. Non e' una novita': nei convegni del Cidi ritroviamo la passione dell'impegno in "classe" e nella "polis". E' uscita una lettura "alta", politica, della formazione e della professione dei docenti: quel valore aggiunto della cultura e della conoscenza, in grado di contrastare la deriva "liberista". La scuola pubblica diventa allora un presidio costituzionale, repubblicano, della cittadinanza attiva. Questa prospettiva da' un senso all'autonomia, come scuola con un progetto, un pensiero, un'autorevolezza, protagonista dello sviluppo locale e della comunita'. L'autonomia non e' bricolage organizzativo, ma costruzione di un ambiente di apprendimento e di relazione, dove avviene l'incontro tra i ragazzi ed i saperi. Un incontro non soltanto tecnicistico, ma come costruzione di senso condiviso, di appartenenza, di capacita' di interpretare la complessita' dei saperi, delle tecnologie, dei lavori. Per promuovere nei ragazzi un apprendimento non inerte. Per fare questo serve una professionalita' di alto profilo, che pero' non nasce e non cresce per caso, per scelte nostre (di autoformazione e di protagonismo) e per scelte di politica scolastica (di risorse, di strutture, di opportunita'). Dal convegno e' uscita una voce forte per la costruzione di un'identita' e di un sistema professionale, di una riconquistata centralità degli insegnanti. L'idea e' di una professione complessa, che non sopporta di essere riduttivamente misurata, "grigliata", sottoposta a screening (test) di massa, ma che deve diventare "visibile", narrare di sè, assumere autorevolezza, crescere nella propria autonomia culturale e progettuale. E forse servono anche nuove forme di rappresentanza professionale e scientifica del mondo della scuola. Il Cidi non si tira indietro: e' questo il nostro modo di fare politica, appunto nella "polis" e in "classe".

      ore 13.00
      Con l'intervento di Giancarlo Cerini termina il 28° convegno nazionale Cidi.

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