Moratting
In tempi di tagli e ristrettezze economiche, moltissime
persone si chiedono come faccia il ministro Moratti a trovare i
soldi per alimentare le sue campagne pubblicitarie: spot televisivi,
opuscoli illustrativi, tanti e variopinti libretti, agende, un divertente
fumetto di Qui, Quo, Qua (apprezziamo lo sforzo!) per i bambini,
e via di questo passo. Il tutto per convincere della "bontà"
del prodotto (confezionato e impacchettato, senza alcun confronto!)
insegnanti, studenti e famiglie. Signor Ministro, la scuola non
ha bisogno di marketing e non serve la carta patinata per coprire
il vuoto di idee e i danni che la Sua "scuola per crescere" arrecherà
ai singoli e alla collettività.
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Appello
per gli Istituti tecnici
I "desiderata" di Confindustria
Concluse le Intese fra Stato e Regioni
I dati dell'Isfol e le affermazioni del "Sole 24
Ore"
Il decreto legislativo e le inopportune iniziative
del Miur
Il decreto legislativo e il tempo pieno
Un patto per la scuola, l'università, la ricerca
Insegnare
Iniziative
Manifestazione nazionale per la scuola
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Appello per gli Istituti tecnici |
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Il Cidi insieme ad altre Associazioni professionali (dall'Aimc
al Mce, da Legambiente scuola e formazione alla Fnism, da Proteo
Fare Sapere a edscuola e fuoriregistro), hanno lanciato un appello
per la valorizzazione degli Istituti tecnici e professionali,
la cui sorte oggi è molto incerta. Di sicuro c'è
solo la grande preoccupazione degli insegnanti che operano in
quegli Istituti, degli studenti che li frequentano e dei loro
genitori. In verità tutti coloro che oggi seguono il dibattito
sul sistema di istruzione e formazione sono molto allarmati per
il destino di queste scuole.
Il documento/appello mette in evidenza come dagli anni sessanta
in poi gli Istituti tecnici e professionali abbiano rappresentato
il settore dell'Istruzione secondaria superiore che ha reso possibile
la crescita della scolarizzazione. Questi Istituti sono oggi frequentati
dal 59% dei ragazzi, da oltre il 60% se si considerano anche gli
istituti d'arte (dati
Miur 2003-2004). Sono scuole che hanno favorito lo sviluppo
economico e sociale del Paese e hanno una importante e consolidata
tradizione. Per tutti questi motivi le innovazioni organizzative
e curricolari (stage, area di progetto, terza area integrata ecc),
attuate con l'impegno e la competenza professionale di chi in
essi opera, dovrebbero rappresentare una ricchezza da valorizzare
e non da ricacciare in un canale minore. Il modello ottocentesco
del sistema duale, che -ci dicono i Paesi in cui è attuato- non
funziona, non può rappresentare la soluzione per l'Italia. Il
doppio canale è una scelta ideologica e antistorica legata a un
modello di sviluppo economico e sociale arretrato.
Le associazioni firmatarie invitano pertanto insegnanti, studenti,
genitori, rappresentanti del mondo della cultura, del mondo produttivo,
sindacati, cittadini ad aderire all'appello per gli Istituti Tecnici
e professionali. Fra le prime adesioni ci sono quelle di Stefano
d'Errico, Tullio De Mauro, Massimo Di Menna, Silvana Ferreri,
Piero Lucisano, Giunio Luzzatto, Emma Nardi, Enrico Panini, Cosimo
Scarinzi, Claudio Turella, Benedetto Vertecchi. Insieme a quelle
di molti insegnanti e dirigenti scolastici.
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I
"desiderata" di Confindustria |
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Silvio Fortuna (delegato per l'educazione di Confindustria) ha
pubblicato recentemente un articolo su il Sole 24 Ore a sostegno
degli Istituti tecnici e del ruolo che essi hanno svolto per lo
sviluppo del Paese. "Il miracolo economico è stato figlio anche
di questa scuola" si
legge nell'articolo "il tessuto delle piccole imprese italiane
è profondamente legato alla funzione formativa svolta dall'Istruzione
tecnica". Peccato però che subito dopo si dichiari d'accordo con
la legge 53 che - a suo dire - valorizzerà gli Istituti tecnici.
"Con la riforma Moratti -scrive Fortuna- l'istruzione tecnica
dovrà vedere valorizzata finalmente la sua vocazione professionalizzante
senza vedere sminuito il suo ruolo e il suo prestigio… Confindustria
ha suggerito al Ministro di inserire tali Istituti nell'ambito
dei Licei tecnologici, prevedendo che i Consigli di Istituto di
tali Licei vengano integrati con la presenza dei rappresentanti
dei settori produttivi di riferimento, delle Regioni e degli Enti
locali… l'offerta formativa deve essere concepita sempre di più
in relazione alla domanda delle famiglie e delle imprese".
Alcune considerazioni:
1) Era l'allora ministro Berlinguer a collocare gli Istituti tecnici
e i professionali quinquennali nei Licei tecnologici proprio per
valorizzare queste scuole e far tesoro della loro esperienza organizzativa
e curricolare. Oggi le proposte che girano, al di là dei "desiderata"
di Confindustria, sono altre.
2) E' una richiesta velleitaria quella del dottor Fortuna (e di
Confindustria) di trasformare gli organi collegiali di Istituto
in Consigli d'azienda. Né i rappresentanti del mondo produttivo
hanno portato qualche utilità alla scuola quando, prima del '74,
facevano parte dei Consigli di istituto. Inoltre nei Consigli
distrettuali e provinciali (dove i decreti delegati del '74 avevano
previsto la presenza anche di rappresentanti dei settori produttivi),
hanno sempre brillato per la loro assenza. Ricordiamo anche al
dottor Fortuna che oggi il rapporto tra scuola e territorio per
una offerta formativa integrata e proficua per tutti i soggetti
è prefigurato dall'autonomia.
3) E' proprio una fissazione da integralisti quella di vedere
l'struzione piegata sempre ed esclusivamente agli interessi delle
famiglie e del mondo produttivo. Un conto è tenerne conto un conto
è non vedere altro.
4) Nell'articolo non si parla degli Istituti professionali, alla
Confindustria non interessa il loro destino o condivide (tacendo)
la scelta di ricacciarli in un canale marginale, quadriennale,
regionalizzato, dosato sul profilo dell'avviamento al lavoro?
Un favore da niente per una parte non piccola del mondo produttivo
italiano!
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Concluse le Intese fra Stato e Regioni |
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Anche l'Emilia Romagna, la Sardegna e il Veneto hanno firmato
l'Intesa per onorare l'Accordo quadro approvato dalla conferenza
unificata Stato Regioni Enti Locali il 19 giugno 2003 (vedi Notecidi
n. 0). I
protocolli -come era scontato, del resto- sono molto diversi
tra loro, l'unico elemento che li accomuna è l'equanime
distanza dai bisogni formativi dei quattordicenni. I corsi, partiti
in molti Regioni dopo ulteriori accordi con le Direzioni Scolastiche
Regionali, sono, quasi ovunque, i soliti corsi di qualifica professionale
che danno crediti spendibili soltanto a livello regionale. La
Commissione incaricata di definire entro il 15 settembre 2003
gli standard formativi minimi per il riconoscimento a livello
nazionale dei crediti, non ha consegnato ancora nulla. Così
si stanno scaricando sui ragazzi sia il vuoto legislativo sia
i ritardi culturali dello Stato e delle Regioni su questa materia.
La verità è che non si possono organizzare percorsi
di istruzione/formazione capaci di intercettare i bisogni formativi
e gli interessi dei quattordicenni, in una situazione di urgenza/emergenza
dovuta all'irresponsabilità di chi ha voluto abrogare la
legge 9/99. Se il problema era "venir fuori da una situazione
di emergenza" la soluzione non poteva essere quella di inventarsi
a tavolino, in soli due mesi, percorsi di istruzione/formazione
rivolti a ragazzi che invece avrebbero bisogno di percorsi di
altissima qualità (il che vuol dire risorse adeguate, formazione
degli insegnanti, qualità e solidità sperimentata
degli impianti curricolari da offrire). Se il problema era veramente
quello di trovare una soluzione transitoria nell'emergenza non
era più razionale guardare a quelle scuole (potenziandole
e incoraggiandole) che già hanno una lunga e consolidata
tradizione di curricoli rivolti a studenti che vogliono, insieme
a un percorso di istruzione, conseguire dopo tre anni anche una
qualifica? Come, per esempio, il primo triennio degli Istituti
professionali, formato da un biennio più un anno per la
qualifica? Sicuramente era meglio, anzichè mandare allo
sbaraglio tanti ragazzi!
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I
dati dell'Isfol e le affermazioni del "Sole 24 Ore"
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La notizia dell'inchiesta
dell'Isfol sugli insegnanti degli Istituti professionali gira
da un bel po'. Vogliamo riprenderla per amore di chiarezza (l'inchiesta
ha suscitato molto scalpore). La domanda era: "se il suo Istituto
dovesse essere inserito nel secondo canale, lei sarebbe disponibile
a continuare a insegnarvi? Se sì a quali condizioni?" Il 48,6%
del campione afferma che è disposto a insegnare nel secondo
canale. Ma, attenzione! Alla domanda: "In ogni caso?", solo il
4% risponde di sì, mentre il 65% risponde sì, "a
condizione che sia garantito lo stato giuridico di insegnante
alle dipendenze dell'Amministrazione statale"!
Ci spieghi allora il Sole 24 Ore perché scriveva a lettere
cubitali "Professionali, la riforma piace…secondo una indagine
dell'Isfol gli insegnanti dicono sì al progetto Moratti…
" (il link a questo articolo è raggiungibile solo tramite abbonamento).
Che c'entra il gradimento della riforma Moratti (nei suoi contenuti
e nelle sue finalità) con le domande poste dall'Isfol?
Quanta confusione di questi tempi e quanta propaganda!
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Il
decreto legislativo e le inopportune iniziative del Miur
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Sul sito del Miur si può leggere l'interpretazione "autentica"
del primo decreto legislativo per la scuola dell'infanzia e del
primo ciclo dell'istruzione. Il Ministero ha inteso tranquillizzare
insegnanti e genitori, ovunque sul piede di guerra per la riduzione
del tempo scuola e per la fine del tempo pieno (i telefoni degli
uffici preposti a dare informazioni al pubblico non si riescono
a trovare mai liberi!). Così il Ministero, anziché attendere
le eventuali modifiche della Conferenza Stato-Regioni e delle
Commissioni parlamentari, ha deciso, con un eccesso di zelo piuttosto
singolare, di commentare il testo del decreto come se questo fosse
giunto alla fine del suo iter legislativo.
Un gesto di rara indelicatezza nei confronti del Parlamento (dove
il decreto è atteso con ansia soprattutto dall'Udc che aveva detto
-vedi Notecidi n.3- che non sarebbe uscito dalle Commissioni parlamentari
così com'era entrato!) e nei confronti delle Regioni e degli Enti
locali (ricordiamo il documento dell'Anci -vedi Notecidi n.3-
sul tempo scuola e sulla qualià dell'offerta educativa).
Le Regioni e gli Enti locali non sono per niente d'accordo che,
oltre ai ricorrenti tagli ai loro bilanci, si continui a scaricare
su di loro il costo di altri servizi. Per esempio, potrebbe capitare
di far pagare a Regioni ed Enti locali gli eventuali orari aggiuntivi
richiesti dalle famiglie per il cosiddetto tempo pieno. Eppure
il Miur si è affrettato a far circolare il commento dettagliato
al primo decreto attuativo della legge 53!
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Il
decreto legislativo e il tempo pieno |
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Oltre alla scorrettezza di cui sopra, ci sono anche gli inganni.
Il più grosso è sul tempo pieno. Leggiamo infatti
"Il tempo eventualmente dedicato alla mensa non è compreso
nell'orario obbligatorio e facoltativo dei precedenti due commi…
ma è un tempo variabile legato alla richiesta delle famiglie
ed aggiuntivo rispetto all'orario obbligatorio e all'orario facoltativo.
Tale tempo oscilla fra le 5 e le 10 ore. In questo senso il tempo
scuola raggiunge, nella sua massima espansione, le 40 ore settimanali
e si caratterizza come tempo pieno per gli alunni" (commento
all'art. 7 comma 3 del decreto).
Per tradurre: ci sarà un tempo obbligatorio, un tempo opzionale,
un tempo aggiuntivo. Il tempo pieno sarà il risultato della
somma del tempo obbligatorio (circa 27 ore a settimana), del tempo
opzionale (circa tre ore), del tempo aggiuntivo (da 5 a 10 ore)!
Nulla si dice degli organici, delle compresenze, degli orari di
funzionamento per il tempo pieno. Come si fa allora a dare certezze
in merito al tempo pieno? Come si fa a non capire che il tempo
pieno non è la somma di spezzoni di orario diversi , che
potrebbero arrivare a 40?
Il tempo pieno è un modello pedagogico importante, amato
e diffuso sul territorio (oltre il 25% delle scuole sono a tempo
pieno. In alcune zone si arriva addirittura all'85%). E' la garanzia
di una equilibrata e distesa successione di tempi di apprendimento,
dove conta la relazione didattica e umana, dove la compresenza
è un aspetto pedagogico di grande valore, dove la mensa
è un momento educativo fondamentale. Eppure tutto questo
è difficile da far capire agli strateghi del cambiamento.
Segnaliamo in merito al primo decreto legislativo il documento
del Cidi, che ne commenta i singoli articoli.
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Un
patto per la scuola, l'università, la ricerca
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Continuano a giungere da tutta Italia le adesioni di insegnanti,
ricercatori, docenti universitari (circa 10.000) al documento-manifesto
"Un patto per la scuola, l'università, la ricerca".
Il documento vuole richiamare tutte le forze politiche a considerare
il carattere strategico dell'istruzione e della ricerca. Se si
è convinti che la scuola, l'università e la ricerca
siano grandi problemi nazionali serve comportarsi di conseguenza,
promovendo una politica di investimenti, oltre a un dibattito
ampio e approfondito nel Paese sulle scelte culturali e di impianto
organizzativo.
Per conoscere il documento collegarsi al sito www.nonunodimeno.it,
e cliccare su "Un patto per…". Per aderire cliccare, nella medesima
home page, su "Libro delle firme".
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Insegnare |
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Ti ricordiamo di rinnovare l'abbonamento
a"Insegnare" e ti chiediamo di convincere altri colleghi ad
abbonarsi. Nel 2004 il costo sarà uguale: euro 42,00 (25,00 per
gli iscritti al Cidi) da versare sul ccp 28507002, intestato a
Ciid, gestione Insegnare, piazza Sonnino 13, 00153 Roma.
Con i nuovi numeri ci saranno più dossier, più documentazione,
più servizi, e un ulteriore arricchimento del supplemento "Insegnare
online".
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Iniziative |
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Catania 9 dicembre
Dove va la scuola.
Palermo 10 dicembre
La
riforma della scuola: una lettura ragionata.
Roma 11 dicembre
Ciid - Cidi di Roma: I
linguaggi delle discipline
Roma 29 novembre
Manifestazione nazionale per la scuola
pubblica
Alle 14 Corteo da P.zza Bocca della Verità
a P.zza Farnese
Sarà visibile lo striscione del
CIDI.
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