notecidi
  a cura di Emma Colonna N.68 del 18 gennaio 2009   
     
  È difficile non pensare che l’obiettivo di questo governo sia la distruzione della scuola pubblica. Come se non bastasse tutto quello che c’è stato in questi mesi. Per completare l’opera bisogna dire vergognatevi di essere insegnanti.
“Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione […] ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre stata, perfino sotto il fascismo. Allora il partito dominante segue un’altra strada […]. Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private […]. Cure di denaro e di privilegi. Attenzione questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina” (Piero Calamandrei, 1950).
“Certo, un governo che come quello italiano attuale con la sua legge finanziaria riduce pesantemente il numero degli insegnanti e la possibilità del loro normale ricambio nelle scuole e nelle università pubbliche e taglia e si propone di tagliare ancor più di anno in anno e per anni i fondi già miseri assegnati; una maggioranza che prepara un emendamento per stabilire che il taglieggiamento non colpirà le scuole private; un governo che mentre scrivo (10 novembre 2008) si sbraccia e sgola per assicurare che no, tranquilli, taglierà i fondi alla scuola pubblica, ma mai alla privata; e gli emendatori di maggioranza che prontamente dichiarano di essere soddisfatti per le assicurazioni date oggi dal governo per il reintegro dei fondi da destinare alle scuole non statali: tutti danno un assai poco gradevole sapore di attualità alle parole di Calamandrei. I “cuochi di questa bassa cucina” dopo sessant’anni sono alacremente al lavoro per cucinare la loro ricetta”
(Piero Calamandrei, Per la scuola, introduzione di Tullio De Mauro, Sellerio editore Palermo 2008).
 
 

 
  Iscrizioni

Non è ancora finita. È in arrivo il pdl Aprea

Leggi, piano programmatico, regolamenti. Il gioco delle tre carte

L'Italia agli ultimi posti in Europa per la spesa in istruzione

È tempo di pagelle

Iniziative
     
  Iscrizioni  
 
  La circolare sulle iscrizioni sancisce definitivamente l’epilogo di tutto il percorso che, a partire dal primo settembre, ha stravolto la natura della scuola pubblica italiana. Ci riserviamo di commentare in modo puntuale la circolare nei prossimi giorni. In questa sede è importante ribadire che il momento delle iscrizioni, attraverso le richieste dei genitori, sottolinea una scelta culturale e pedagogica importantissima.. Nel primo ciclo in particolare si dovrà scegliere tra varie opzioni temporali. Non sfugge a nessuno che tale scelta, in questo momento della vita della scuola, ha anche un valore fortemente politico. Ecco perché i coordinamenti delle scuole che hanno dato vita per tutto l’autunno al movimento contro la Gelmini chiamano a raccolta i genitori e, con una massiccia campagna di informazione e di mobilitazione che si sta organizzando in queste ore in moltissime scuole, li invitano a iscrivere i loro figli al tempo pieno (40 ore) o al modello delle 30 ore.  
 
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  Non è ancora finita. È in arrivo il pdl Aprea  
 
  Mentre il ministero e il governo, a suon di decreti e voti di fiducia, procedono a passo veloce, attraverso i regolamenti, verso il compimento del processo legislativo apertosi con questa legislatura, al comitato ristretto della VII Commissione della Camera è in discussione il progetto di legge Aprea: “Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma dello stato giuridico dei docenti”. Nella sostanza, come trasformare le scuole in fondazioni, sostenute da “partner pubblici e privati” e governate da un consiglio di amministrazione che, nella proposta Aprea, diventa un organismo onnipotente, con una pluralità di funzioni tra le quali quella di approvare il POF. La trasformazione in fondazioni muta le finalità della scuola, i meccanismi di reclutamento dei docenti, il loro trattamento giuridico ed economico, il rapporto delle scuole con l’utenza. Con l’articolo 11, “decentralizzazione”, attraverso la libertà di scelta delle famiglie e la quota capitaria si offre un coerente dispositivo per la privatizzazione del sistema scolastico nazionale pubblico. Tutto ciò senza tener conto della Costituzione, non solo per quanto riguarda il finanziamento esplicito e diretto alle scuole private, ma anche perché viene meno il compito costituzionale della Repubblica di istituire scuole statali di ogni ordine e grado (art. 33, c.2). Privatizzare il sistema dell’istruzione, poi, mette a rischio la stessa libertà di insegnamento, fino ad ora regolata esclusivamente dal sistema pubblico. E ancora: l’apertura a “partner pubblici e privati” non penalizzerà quelle scuole che sono in territori più poveri?
Insomma, per la scuola italiana non è ancora finita.
 
 
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  Leggi, piano programmatico, regolamenti. Il gioco delle tre carte  
 
  Non c’è coerenza fra i provvedimenti legislativi emanati dal governo. Nel documento che si intitola Il gioco delle tre carte, il Cidi mette in evidenza le contraddizioni, le forzature, le vere e proprie violazioni, per esempio, del regolamento sul primo ciclo rispetto a quanto detto sia nelle leggi 133 e 169 che nel piano programmatico. Non è chiaro a quale piano programmatico si riferiscono gli schemi di regolamento approvati il 18 dicembre dal consiglio dei ministri: non può essere il piano del 4 settembre perché i regolamenti assumono decisioni su materie che non sono contenute in quel piano. Ciò vuol dire che probabilmente esiste un altro testo che nessuno conosce! I regolamenti devono operare esclusivamente entro gli ambiti indicati nelle leggi che li hanno promossi, nel caso in questione la legge 133/08, art. 64 e la legge 169/08, art. 4. Quindi, così come prevede l’art.64, dovrebbero dare piena attuazione al piano programmatico. Analoga coerenza deve essere garantita tra quanto indicato dal piano e quanto stabilito dalla legge.
Entrambe queste inderogabili condizioni risultano ripetutamente violate, con la conseguente illegittimità del piano e di quanto deliberato dal consiglio dei ministri. C’è insomma materia sufficiente per ricorrere.
 
 
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  L’Italia agli ultimi posti in Europa per la spesa in istruzione  
 
  Sono del 2005 i dati dell’Eurostat – l’istituto statistico della Commissione europea – che collocano il nostro paese agli ultimi posti in Europa per la spesa in istruzione. Infatti, sempre nel 2005, in Italia la spesa per l’istruzione corrispondeva al 4,4% del pil, a fronte di un totale europeo del 5%. Ma, come è stato rilevato nel comunicato stampa di Sofia Toselli, quale sarà oggi questo dato? Certamente gli investimenti non sono aumentati in questi anni, e anzi, secondo Tremonti, si tratta di un settore dove operare tagli drastici, come appunto si sta facendo. Che si voglia proprio distruggere la scuola pubblica, tanto c’è l’iniziativa privata che occuperà il campo e che sarà sostenuta “dai cuochi della bassa cucina” attraverso la decentralizzazione, la libertà di scelta delle famiglie e la quota capitarla?  
 
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  È tempo di pagelle  
 
  È tempo di valutazione e di pagelle, come si torna a dire. Già nella precedente Nota abbiamo dato conto dello schema di regolamento sulla valutazione e della sofferta discussione all’interno del Consiglio nazionale della pubblica istruzione. Qui vogliamo ribadire alcuni punti fondamentali. Primo: il lavoro legislativo di questi mesi non è ancora compiuto, per cui in questo momento ci troviamo di fronte uno schema di regolamento, e quindi sulla valutazione valgono ancora le vecchie regole. Secondo: la legge 169 impone l’uso del voto numerico soltanto per la registrazione nelle schede delle valutazioni periodiche (tri/quadrimestrali) e finali. Quindi l’invito, presente nel citato schema di regolamento, a estenderne l’uso “alla pratica quotidiana” è del tutto arbitrario, sia sul piano legislativo che tanto meno su quello didattico e professionale. E del resto questa incongruenza è stata fatta notare dal Cnpi in entrambi i pareri, sia di maggioranza che di minoranza. Per tutta questa materia i docenti e le scuole devono attenersi al DPR 275/99 sull’autonomia scolastica e alla legge sull’autonomia. Per quanto riguarda il voto di condotta, che dovrebbe determinare il ravvedimento di tutti i bulli presenti nelle nostre scuole, siamo in attesa di ulteriori indicazioni da parte del ministro. Certamente anche in questo campo ci sembra di notare lo stesso atteggiamento usato e già da noi denunciato per gli altri regolamenti: non ci si attiene a quanto prescrive la legge di riferimento, ma la si forza, la si scavalca la si supera. Si va, e questo è davvero inaudito, al di là della legge o delle leggi stesse, che pur tanta opposizione hanno suscitato nel Paese.  
 
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  Iniziative  
 
 

Brescia 22 gennaio
Stranieri in classe. Una pedagogia dell’ospitalità

Roma 23 gennaio
Cittadinanza e Costituzione. Dubbi e preoccupazioni

 
 
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