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informazioni e commenti
del Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti
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n° 0
settembre 2003

 

Primi giorni di scuola
Nonostante i drastici tagli al sistema pubblico (e intanto si trovano i soldi per chi va alle private), nonostante le graduatorie che si fanno e si rifanno, nonostante le circolari sulla sperimentazione che compaiono e scompaiono, nonostante il bailamme per l'abolizione dell'obbligo di istruzione, nonostante tutto questo (e tanto altro!), la scuola riapre i battenti in un clima di rassicurante normalità.
In televisione non arrivano le preoccupazioni dei genitori, che non hanno ancora ben compreso che cosa capiterà ai propri figli. Non si dice quanto siano amareggiati gli insegnanti per le condizioni di lavoro (sempre più pesanti) dentro le scuole o quanto siano infuriati i maestri nel veder "buttare al macero" una scuola - quella elementare - che funziona bene. Nelle riprese televisive questo non compare, si vede solo il Ministro sorridente e suadente.

 

 

Approvato dal Consiglio dei Ministri il Decreto per la scuola primaria

Dopo il tormentone dei mesi trascorsi, il Consiglio dei Ministri ha approvato venerdì 11 settembre, in prima lettura, il decreto legislativo per la scuola primaria.
Il testo del decreto però sembra non esistere: si può scaricare solo una specie di sommario, sufficiente comunque a farci capire la sorte che potrebbe capitare alla scuola elementare se il lungo iter del decreto andrà a buon fine con i contenuti attuali. Ma come mai si introducono in un decreto modifiche di orario e di organizzazione (la riduzione del tempo scuola, l'azzeramento del tempo pieno) e di stato guiridico dell'insegnante (il ripristino, di fatto, del maestro unico e l'introduzione di una gerarchia di figure docenti) che non solo non trovano alcuna giustificazione nella realtà della scuola primaria (mai c'è stato un confronto aperto con gli operatori scolastici, checchè se ne dica) ma non sono nemmeno state oggetto di decisione parlamentare?
Staremo comunque a vedere la reazione delle Commissioni di Camera e Senato. Per ora l'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri appare come l'ennesimo tentativo di convincere le scuole più riottose a sperimentare un pezzetto (almeno un pezzetto!) di riforma.

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Che fine aveva fatto la circolare n. 68?

La circolare n. 68 è ricomparsa sul sito del Miur.
Il sospetto che non si trattasse di un problema tecnico era legittimo, dal momento che la circolare n. 68 dichiara come "non formulati" i capoversi 5, 6, 7 della circolare n. 62.
I capoversi della discordia (sia la CGIL scuola sia la CISL scuola hanno avviato ricorso al Tar) facevano intendere che fosse possibile introdurre nella scuola elementare, pur in assenza dei decreti attuativi, alcuni punti salienti della riforma: "…è altresì consentito arricchire le prestazioni professionali dei docenti, destinando maggiore attenzione alle funzioni tutoriali, al coordinamento didattico, alle attività laboratoriali, all'adozione del portfolio delle competenze dei singoli alunni…".
Sappiamo tutti che in questo periodo le scuole elementari stanno deliberando in merito alla sperimentazione prevista dal decreto n. 61: la scomparsa della circolare dal sito del Miur non sembrava perciò tanto casuale!

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Le contraddizioni di un sistema imperfetto

Da una indagine dell'Eurispes risulta che in Italia il 62,7 % dei genitori sono contrari al federalismo scolastico perché "crea troppe differenze nella formazione".
Per avere un assaggio di quello che potrebbe succedere con il federalismo scolastico basterebbe leggere alcuni dei protocolli previsti dall'Accordo quadro, firmati dal Miur, dal MLPS e dalle singole Regioni.
..." A ciascuno il suo", direbbe Sciascia!
E mentre il Consiglio dei Ministri ricorre contro la Legge Bastico dell'Emilia Romagna perché "eccede in competenze", i protocolli crescono.
Attualmente le Regioni che hanno firmato sono Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Liguria, Molise, Puglia, Sardegna, dove (si dice) partiranno in questo mese i corsi di istruzione e formazione professionale.

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Perchè l'accordo quadro tra Stato e Regioni?

La legge delega 53/2003 ha, tra l'altro, abolito la legge 9/99 che aveva portato l'obbligo di istruzione a 15 anni.
Forse il Ministro non si era reso conto che l'eliminazione dell'obbligo, in assenza di un percorso di istruzione e formazione professionale, avrebbe lasciato un numero non marginale di ragazzi a spasso per un anno!
Infatti i ragazzi non più obbligati a seguire un percorso di istruzione, senza la possibilità di usufruire di una adeguata offerta di istruzione e formazione professionale regionale, senza l'età per iniziare un percorso di addestramento al lavoro (per legge ci vogliono 15 anni), che cos'altro avrebbero potuto fare?
Ma la legge 53/03 dice che "è assicurato a tutti il diritto all'istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, fino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età; l'attuazione di tale diritto si realizza nel sistema di istruzione e in quello di istruzione e formazione professionale... La fruizione dell'offerta di istruzione e formazione costituisce un dovere legislativamente sanzionato" (art. 2, comma 1, c).

Allora che cosa ha pensato di fare il Governo? Ha dato luogo all'Accordo quadro tra Stato e Regioni - approvato dalla Conferenza unificata il 19 giugno 2003 - che prevede "specifiche intese da sottoscrivere tra ciascuna Regione, il Miur e il MLPS, recanti le modalità, anche differenziate, con le quali sono attivati i percorsi". Perciò, al di là del vincolo della durata triennale, ogni Regione sta decidendo quello che vuole, anche di non prendere alcuna iniziativa.
Con l'Accordo quadro dunque il Governo ha messo una toppa al problema che si era aperto con l'abolizione della legge 9, permettendo in sostanza di sperimentare, in assenza dei decreti legislativi, uno dei passaggi più delicati e controversi della legge 53: il doppio canale subito dopo la scuola media.
Tutto ciò, oltre a sollevare dubbi sulla legittimità dell'operazione, ci allontana dalla possibilità di avere percorsi con standard equivalenti, il che pone da subito il problema della riconoscibilità in ogni Regione dei crediti e delle certificazioni.

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Se 15 ore erano poche, con 18 è arrivato lo scompiglio

La filosofia del risparmio e dei tagli alla scuola pubblica ha portato, fra le tante nequizie, anche l'orario cattedra degli insegnanti delle superiori a 18 ore, alimentando con ciò un clima di confusione, di disorientamento e di tensione già alto dentro le scuole. Così niente più ore per progettare con i colleghi percorsi disciplinari significativi, niente più compresenze o attività didattiche organizzate in modo flessibile. Niente più supplenze e, soprattutto, niente più continuità! E' cambiato persino l'atteggiamento degli insegnanti nei confronti degli studenti a danno della qualità educativa. Un conto infatti è insegnare e programmare sapendo di restare tre anni nella stessa classe, un conto è insegnare sapendo che l'anno dopo si cambia giro.
Insomma, l'anno è appena cominciato ma la tensione e il disappunto nelle scuole è già forte.

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A proposito di laicità dello Stato

A luglio è stata approvata in via definitiva la legge che consente agli insegnanti di religione cattolica di essere immessi in ruolo, previa concessione dell'idoneità da parte della diocesi, attraverso un concorso riservato. Nel caso in cui l'idoneità del vescovo dovesse essere revocata si potrà fare ricorso alla mobilità, ovviamente con diritto di precedenza sugli altri docenti precari.
Costo dell'operazione: circa 26 milioni di euro in due anni.
I primi di settembre viene approvato il decreto che stanzia 90 milioni di euro, in tre anni, destinati alle famiglie (indipendentemente dal reddito) che scelgono la scuola privata (generalmente confessionale) per i loro figli. Stanziamenti cumulabili con quelli (in verità molto più consistenti) di tante Regioni. Tentare di negare l'incostituzionalità del provvedimento sostenendo che la Costituzione prevede il "senza oneri per lo Stato" solo se riferito alle scuole private e non alle famiglie che se ne avvalgono, fa offesa all'intelligenza di milioni di cittadini.
Queste le più recenti (non certo le uniche) "brutte azioni" fatte ai danni e in barba alla laicità della scuola; ma, ci chiediamo, dove sono finiti i laici di questo Paese?

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Un patto per la scuola, l'università, la ricerca

Continuano a giungere da tutta Italia le adesioni di insegnanti, ricercatori, docenti universitari (circa 7.000) al documento-manifesto "Un patto per la scuola, l'università, la ricerca" che richiama le forze politiche di opposizione a considerare il carattere strategico dell'istruzione e della ricerca
per la crescita civile ed economica del nostro Paese.
Per conoscere il documento collegarsi al sito www.nonunodimeno.it, e cliccare su "Un patto per…". Per aderire cliccare, nella medesima home page, su "Libro delle firme".

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Ulteriori tagli ad alcune Associazioni professionali

Anche quest'anno la pratica dello spoil system applicato solo ad alcune Associazioni è andata avanti.
A fine luglio il Miur ha comunicato alle Associazioni professionali le utilizzazioni assegnate. Alcune di loro hanno così avuto la sorpresa di ulteriori tagli! Ma poiché non esiste un elenco pubblico delle Associazioni e degli Enti che usufruiscono delle utilizzazioni e non si è mai conosciuto il numero complessivo che, di anno in anno, viene a ciascuno di loro assegnato, nessuno saprà mai a chi sono andate le utilizzazioni che sono state tolte (da tre anni a questa parte) ad alcune (e solo ad alcune!) Associazioni. Né il Ministro Moratti ha risposto all'interrogazione parlamentare su tale questione.
Comunque, per chi ancora non lo sapesse, al Cidi (falcidiato nei precedenti due anni) il Ministro Moratti ha tolto un'altra utilizzazione: ora perciò ha sette utilizzati.

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